Colpi di Testa
Siamo sulle tracce di un Bussetano illustre. Un professorone. Mannaggia al telefonino: quando non c’erano questi strumenti satanici c’era buona educazione, piena civiltà. Si telefonava dal fisso e non si facevano figure da fesso: si prendeva un appuntamento, ci si preparava. E adesso invece si fa tutto di corsa. Ecco il risultato. “Professore, qual è il primo libro che lei ha letto?” chiedo di brutto, quasi ansimante. Lui un po’ stranito: “Non ricordo”, risponde con voce di ghiaccio secco Federico Faroldi. (Ehm… ehm…occhio a non far domande sceme….).
E allora ...“qual è il primo libro ad averla affascinata?” Anzi no, via quel sostantivo arcano, meglio parlare e scrivere come si mangia a Busseto con un “Busetàn dal sass”, “von nasì a Busé”: seppure del casato dei Faroldi delle Tre Case, avamposto sul triplice confine dei comuni di Busseto, Besenzone e Villanova sull’Arda. La terra dell’antica Aucia, la terra più fertile dello Stato Pallavicino, terra verdianissima: tutti i parenti di Verdi sono nati qui.
Fa un po’ soggezione questo professorone Bussetano, in cattedra di Filosofia Morale all’Università di Pavia, con Bologna l’ateneo ai vertici mondiali del sapere. E alla bell’età di 32 anni: un probabile record, questo, ma mi astengo dal chiederlo per timore di venir ribacchettato dal “docente baby” (orrida definizione) che proprio oggi 11 settembre compie 34 anni. Che cos’ha provato? Dov’era in quel momento, le 14,41, quando i due aeroplanoni sventravano le Torri Gemelle? “Stavo giocando a pallone, era il primo allenamento vero che facevo a 12 anni”. Tifa per quale squadra? “Nessuna”. Un mezzo disastro questo approccio. Ma ecco che recupero dei punti per caso. Torno con manovra circospetta all’argomento libro. Chiedo e il primo libro che l’ha aff….: no, niente fascini: e il primo libro che le è piaciuto da matti? “Cent’anni di solitudine”, risponde Faroldi. Bingo! Adesso faccio di più il fenomeno, l’attacco lo so a memoria e adesso professore béccati questa: “Quel pomeriggio davanti al plotone d’esecuzione”, comincio con baldanza, “il colonnello Aureliano Buendia – perbacco! adesso lo stiamo declamando insieme - si sarebbe ricordato del giorno in cui suo padre l’aveva portato a vedere la fabbrica del ghiaccio...”. Ghiaccio che sarebbe bello avere a portata di mano “in questo giorno appiccicoso di caucciù’’ (Paolo Conte).
Toppato l’inizio, mezza toppata adesso poi salvato dal colonnello di Garcia Marquez. Ci diamo appuntamento via telefonino e, sorpresa il professore si firma così: ‘’Fedrig ‘d Faròld’’. E’ la svolta. E’ la rivelazione dell’istinto ironico del Bussetano. L’uso della particella nobiliare “de” bussetanizzata in “ad” pronunciato “d”. Il tedesco “von”. Sentire come suona bene e nobile: “Fedrìg von Farold”. Ma il massimo effetto sarebbe l’aggiunta dell’“und zu” cioè “proveniente da” che svela e declama il casato, l’Heimat. Questa suona a squilli di fanfara Imperiale in marcia verso la gloria. Sentite un po’. “Fedrìg von Farold un zu Trecà”: in italiano: “Federico dei Faroldi delle TreCase”.
Da questo momento passeranno alcune ore insieme a Federico Faroldi, fenomeno autentico. Raffinato pensatore, filosofo con passione sfrenata per la matematica, la musica, la barca a vela, le scarpe, Verdi, e soprattutto per Julie, bella ragazza belga, sorridente e un po’ stranita alla finestra del Torrione nel quale abita il professor Federico, figlio di Stefano e di Manuela Beretta.
La madre, simpatica persona, concorda sull’ipotesi della vocazione precoce di Federico al tormentoso rovello filosofico, alla domanda che muove il mondo e l’universo tutto: “Sì, il primo vagito di Federico aveva un'assonanza rivelatrice a un chiaro e tondo perché?”. Il padre, Stefano, veniva subissato di “perché?” Federiciani fin dalla prima elementare: “Era un modo molto bello di vederlo crescere”, racconta Stefan von Farold un zu Trecà. Padre modello, rampollo di un’indimenticabile famiglia Faroldi-Pedretti, che per trent’anni ha gestito il bar della Stazione di Busseto: 1965, capostazione Florio; un aiutante manovale addetto a scaravoltare il pesante congegno che abbassava le sbarre dei due passaggi a livello urbani e il simultaneo suonino della campanella che velocissima sgranava il suo “dirindirindindindìn”. E partite a carte qualche volta interrotte da un’esclamazione (“Occazz! amsùm dasminghé da tirè soeu al sbàri!!!” dovuta a un concerto clacsonante suonato dalle macchine in attesa alle sbarre calate. Poi fuori c’era il gioco delle pielle. E soprattutto il bar mesceva tutte e spume. Per anni l’unico a Busseto a servire anche la spuma bianca: delizioso prodotto della chimica spumantistica, 30 lire il bicchiere piccolo: 50 quello grande. Ma torniamo a far le persone serie.
Il primo impulso, che poi diventerà una vera e propria chiamata, per Federico è come quasi tutti i bussetani, opera del professor Corrado Mingardi, uomo da farci un monumento. Siamo stati un po’ tutti chierici laici domenicali del rito officiato dal Prufesùr Corado, il quale con orgoglio di fratello più grande tentava di dirozzare le plebi bassaiole, refrattarie alle lettere e all’arte: “Lì mi si è aperto un mondo affascinante, diventato poi irresistibile, con una curiosità inesausta, soprattutto attratta dalla metafisica” ricorda Federico, prodigo di elogi per la sua professoressa della scuola media, la prof Sandra Cavazzini, e per don Stefano Bolzoni, parroco instancabile conversatore. Poi il liceo scientifico a Cremona, integrato da lezioni di Greco antico, indispensabili nello studio della Filosofia. Infine l’università, allievo del Collegio Universitario Borromeo a Pavia. La laurea, il concorso e la vittoria per la conquista della cattedra di Filosofia Morale. E un po’ di pianoforte non lo mettiamo tra i pregi del ragazzo-professorone? Certo, anche perché non guasta saper pigiare gli 88 tasti neri e bianchi se sei entrato nel Consiglio di amministrazione dell’Istituto nazionale di Studi Verdiani, in rappresentanza del Comune di Busseto.
Eccoci ai saluti, professore Federico, nobiluomo Bussetano, “Fedrìg ‘d Farold dal Trecà”. Hai una buona stella alimentata da tutti quelli che ti sono stati vicini. La Prof Sandra ricorda ammirata il suo “voler sempre ampliare e approfondire in autonomia quanto appreso. Cercava sempre il confronto con me e con i compagni su qualsiasi proposta, soprattutto su tematiche riguardanti la Storia e la Letteratura e ogni volta portava il suo contributo per giungere alla costruzione di un sapere consapevole ed appagante, coinvolgendo anche i compagni di classe con il suo entusiasmo contagioso”.
E Alberto Gnocchi ricorda le sere d'estate “quando andavamo insieme in scooter da Capetta a Fontanellato a prendere le brioches appena fatte (e lui era l'unico che aveva la moto, la bellissima Aprilia 125); le tante vacanze in montagna con don Stefano, periodo nel quale portava i capelli lunghi fino a metà schiena”. altra rivelazione del genio: “Quando giocavamo a calcio da bambini, si contraddistingueva già per la sua intelligenza tattica, e poi lui ha i piedi davvero piccoli: si dice che è una caratteristica dei fuoriclasse, proprio come lui nella vita”. Alberto Gnocchi dixit.
Caro professore lassù nel Torrione studi e approfondisci in concreto il concetto di circolarità della vita, e la valenza dell’intelligenza artificiale: tempo verrà che accanto a Hegel, Schopenhauer, Heideggermcim toccherà studiare anche Federìg von Farold, Federìg ‘d Farold dal Trecà?
Chi è
Federico Faroldi
È professore di logica, diritto e intelligenza artificiale nell’Università di Pavia, e direttore del Normative Risk Lab. Ha diretto progetti di ricerca nell'Università di Ghent, in Belgio, nell’Università di Berna, in Svizzera, e nell’Università di Salisburgo, in Austria. È laureato in filosofia nell'Università di Pavia, alunno dell’Almo Collegio Borromeo, e ha conseguito un dottorato internazionale in logica. Ha svolto ricerca presso la New York University, l'università di Oxford, e l'École Normale Supérieure di Rue d'Ulm a Parigi, tra le altre. È stato eletto socio dell'Accademia Johanna Quandt nell'Università di Francoforte, che gli ha assegnato l'International Research Fellow Prize nel 2018. È autore di tre libri: The Normative Structure of Responsibility (College Publications, 2014), Hyperintensionality and Normativity (Springer, 2019) e Responsabilità e ragione (Satura editrice, 2020) oltre che una cinquantina di articoli in riviste scientifiche; ha organizzato vari congressi internazionali e tenuto relazioni su invito in diversi paesi nel mondo. È membro del consiglio d’amministrazione dell’Istituto Nazionale di Studi Verdiani.
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