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Neviano

«Ho ripercorso il cammino di mio padre in fuga dai tedeschi»

«Ho ripercorso il cammino di mio padre in fuga dai tedeschi»

19 Settembre 2023, 03:01

 Da Trento a Riano, toccando quattro regioni: 9 giorni, 273 km, 370mila passi per ripercorrere il cammino compiuto dal padre Enrico, scampato alla cattura dopo l’8 settembre, il cammino per ritornare a casa.

Accolto dal sindaco di Neviano Raffaella Devincenzi all’arrivo a Riano, dove il padre viveva con la famiglia di mezzadri, Fabrizio Bedotti, 58enne di Bazzano, ha concluso il suo percorso, compiendo quanto si era ripromesso da tempo, rivivendo gli stessi orizzonti, sorpreso da emozioni inaspettate.

«È stata una delle esperienze più belle che ho fatto», commenta al ritorno. Un cammino intrapreso nella consapevolezza che le condizioni non erano evidentemente le stesse, ma ha cercato di rimanere, nel tracciato in particolare, più aderente possibile a quando percorso dal genitore.

«Erano fuggiti in tre, uno di cognome si chiamava Sani, ed era sicuramente della zona di Felino. Viaggiavano di notte per non essere scoperti e solo la mattina si avvicinavano alle case e ai fienili per poter trovare ospitalità per qualche ora e una tazza di latte da bere».

«Mio padre ha sofferto la fame, è partito con niente ed è arrivato con niente. Io ho potuto scegliere dove dormire e cosa mangiare», racconta Bedotti, il cui genitore, in forza al 61° Reggimento fanteria motorizzata, sentito alla radio l’annuncio dell’armistizio, aveva ottenuto di dormire fuori dalla caserma Diaz. La sua salvezza.

Il numero ingente di tedeschi che aveva visto transitare sul passo del Brennero nei giorni prima infatti lo preoccupava e, così, nelle ore successive all’annuncio, nascosto, aveva visto i tedeschi catturare i soldati italiani. «Sono partito dal cancello carrabile di quella che era la caserma, oggi una scuola», prosegue.

«Poi ho fatto tappa a Rovereto, Avio, Rivoli Veronese, giù verso il mantovano a Monzambano, Goito, Marcaria. Ho attraversato il Po e sono arrivato a Colorno, poi le ultime tappe sono state Coloreto e infine l’arrivo a Riano. Un percorso sul solco della camminata che ha compiuto mio padre, che mi ha permesso di rivivere una parte della mia storia familiare, che in certi momenti mi ha suscitato una forte emozione, ripensando a quello che aveva vissuto».

Verso Verona ad esempio ha incontrato una casa di quelle di un tempo, che fu rifugio di molti soldati. «Ho raccontato alla famiglia che ci abitava il motivo del mio cammino e mi hanno detto che i loro nonni aveva ospitato diversi soldati del Regio esercito in fuga. Magari non mio padre, ma questo racconta la solidarietà che c’è stata in quel periodo».

Luoghi e scorci che gli hanno portato alla mente un altro episodio raccontatogli dal padre, il più brutto del suo cammino. «Fino alla pianura ha sempre seguito da lontano il percorso della ferrovia, poi ha perso i riferimenti».

«Tra il lago di Garda e Verona si erano fermati in un fienile, accolti da una famiglia. Stavano dormendo quando hanno sentito del trambusto e hanno realizzato che c’erano i tedeschi. Non sono riusciti a scappare e ormai si aspettavano la cattura, ma poi è arrivata una donna, avvertendoli del pericolo. Stava piangendo. Avevano preso i suoi figli per portarli in Germania. Ha dato loro alcuni vecchi vestiti da contadini per essere meno riconoscibili e così hanno proseguito il cammino».

Un viaggio che non è stato solo una rievocazione, ma anche un modo per assaporare la lentezza del cammino.

«Ho fatto circa 370mila passi e ad ogni passo mi si apriva un mondo nuovo – conclude -. La calma della marcia infatti ti dà la possibilità di vedere le cose con occhi diversi».

Maria Chiara Pezzani

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