Lutto
Una gran signora. E non solo per il titolo nobiliare che pure portava senza mai farlo pesare. Si è spenta sabato mattina a 84 anni, che aveva compiuto l'8 settembre, la contessa Maria Teresa Cantelli, nata Guarini Matteucci di Castelfalcino, pilastro di una famiglia conosciutissima a Parma.
Di nobili origini forlivesi, la contessa era nata in Etiopia, dal momento che il padre Giovanni Guarini Matteucci, ufficiale di cavalleria, a quei tempi era in servizio nell'ex colonia. La madre, invece, era Anna Maria Dalcò, figlia di un noto avvocato parmigiano. Dopo la guerra, la sua famiglia era tornata a Parma e nella nostra città la nobildonna, al Maria Luigia, aveva conosciuto Giangiacomo Cantelli, anche lui conte, scomparso nel 2000. Proprio sui banchi del prestigioso liceo, i due ebbero come insegnante don Igino Marchi, che fu poi lo stesso sacerdote che li unì in matrimonio.
La coppia ebbe tre figli, Gian Carlo, Cristina e Gian Marco, da cui nacquero tre nipoti. Laureatasi in Lettere, la contessa insegnò per alcuni anni per poi dedicarsi alla sua famiglia. Coltivò, però, anche molteplici interessi e lei, amante di tutto ciò che era bello, realizzò costumi da scena o da rievocazioni storiche. Una passione che la vide compiere ricerche approfondite per ricreare quei mondi.
Nonostante l'amore per le tradizioni, la contessa, però, non viveva assolutamente nel passato. Anzi, come ricorda uno dei figli, l'avvocato Gian Carlo Cantelli, «sapeva utilizzare le nuove tecnologie. Da questo punto di vista era completamente autonoma e usava senza alcuna difficoltà i dispositivi elettronici, come il computer e quant'altro. Era anche un'ottima amministratrice e non aveva bisogno di nessun aiuto per occuparsi dei conti e degli affitti».
Era davvero, continua il figlio, «il pilastro della nostra famiglia». Una famiglia, quella della contessa, che coglie di nuovo l'occasione per ringraziare l'Ematologia dell'ospedale Maggiore, in particolare per il servizio che ha permesso di poterla curare a casa.
Maria Teresa è stata una donna energica, nel solco della madre Anna Maria Dalcò, che «aveva un carattere mite ma fermo allo stesso tempo - aggiunge -. In casa nostra le donne hanno, infatti, rivestito quello che si potrebbe definire un ruolo istituzionale».
Inoltre, la nobiltà per lei non rappresentava che «una bella tradizione. Era consapevole, come tutti noi, di avere un passato, ma tutto questo non aggiungeva nulla alla realtà in cui lei si è sempre calata. Se non per il fatto di essere coerenti rispettando i nostri avi e quelli che ci hanno preceduto».
Anche quando era stata restaurata la cappella della famiglia Cantelli in Duomo, «ne era stata orgogliosa, vivendo quel momento come una tappa di una bella tradizione famigliare, ma senza troppa enfasi».
Nobile certamente, ma soprattutto d'animo, come ha rimarcato monsignor Raffaele Sargenti a margine del rosario recitato domenica sera nella chiesa di San Michele all'Arco di strada Repubblica, quando l'ha definita una persona «capace di realizzare concretamente i suoi principi». Dopo il funerale, che sarà celebrato stamattina alle 8 nella stessa chiesa di strada della Repubblica, il suo ultimo viaggio sarà per il cimitero monumentale di Forlì dove la contessa riposerà per sempre, nella tomba di famiglia Guarini Matteucci, accanto al marito.
Michele Ceparano
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