VIA AL PROCESSO
Il volto paffuto di una bimba dallo sguardo curioso. La felpa nera di Gorgan Constantin si apre su quella maglietta con la foto della piccola stampata sopra. E' la figlia che a 9 mesi era in braccio alla madre, la sera del 5 luglio 2022, quando lui accoltellò Vitalie Sofroni a Gaione, l'amico che da giorni ospitava la sua compagna fuggita da casa con la bambina perché stanca di umiliazioni e botte. Si presenta così, Constantin, davanti ai giudici della Corte d'assise: pare una sorta di «santino» quell'immagine sulla tshirt. «Non sapevo avesse intenzione di indossarla: devo dire che la scelta mi ha spiazzato, ma si è giustificato dicendo che era un gesto d'affetto nei confronti della figlia», spiega il difensore Gaetano Sacco.
Il dibattimento, presieduto da Alessandro Conti (giudice a latere Giuseppe Saponiero) è cominciato ieri mattina. Un'udienza che è filata via veloce: nessuna questione preliminare delle parti. E poi la decisione da parte della difesa, dopo la richiesta del presidente della Corte, di dire sì all'acquisizione di diversi documenti del fascicolo del pm Ignazio Vallario: gli atti della polizia giudiziaria, le consulenze svolte, oltre che i documenti audio e i messaggi WhatsApp. Decisamente sfrondata anche la lista dei testimoni, una quindicina in totale, considerando anche quelli delle parti civili: Mihail e Svetlana Sofroni, il fratello e la sorella di Vitalie assistiti dall'avvocato Michele Villani, e Mihaela, la figlia 19enne di Vitalie, che si è affidata a Matteo De Sensi e alla collega Alessandra Mezzadri.
Dribblare il «fine pena mai», questa la missione della difesa di Constantin, 29 anni, moldavo. Perché dopo aver affondato il coltello nel petto di Sofroni, 39enne, stessa nazionalità del suo assassino, aveva chiamato lui stesso il 112: «Ho ucciso un uomo», aveva detto senza infingimenti. Ma aveva pianificato l'omicidio? E ancora: il delitto era l'«atto finale» dopo gli insulti e le botte alla compagna che Sofroni aveva protetto? E' sulle aggravanti che si giocherà il processo e quindi il destino di Constantin: sia quella della premeditazione che l'altra legata ai maltrattamenti significano ergastolo.
Tutte accuse che finora hanno retto, perché Constantin è stato rinviato a giudizio con quelle aggravanti sulle spalle, oltre che per i reati di maltrattamenti, porto abusivo del coltello e minaccia. Finito sotto processo con quei macigni dopo aver risposto alle domande del giudice dell'udienza preliminare e delle parti per ore. Un interrogatorio che è stato acquisito e in cui aveva cercato di smontare l'aggravante della premeditazione. «Avevo portato il coltello perché Vitalie mi aveva minacciato», aveva spiegato al giudice. Ma quella sera era arrivato sotto casa di Sofroni, in via Montanara, dopo aver camminato per quasi 45 minuti con la lama da 32 centimetri in tasca. Aveva scavalcato il cancello e si era inerpicato fino al secondo piano trascinando poi con sé la compagna e la figlia.
Sofroni, appena avvertito dalla vicina del blitz di Constantin a casa sua, si era precipitato in auto a cercare Mariana e la bambina. Le aveva ritrovate nel parcheggio poco distante. E a quel punto, secondo la versione di Constantin, Sofroni l'avrebbe sorpreso alle spalle: «E' arrivato da dietro, mi ha preso e io mi sono girato con il coltello: ho colpito a caso», aveva raccontato durante l'udienza preliminare. Ma è una ricostruzione che non collima con le testimonianze di almeno due persone che avrebbero visto ciò che stava accadendo nel parcheggio di strada Fontanini e anche con quanto scritto dal medico legale. E' ciò che gli aveva fatto notare il gup mettendo in evidenza che, data la differenza di altezza tra lui e Sofroni, e il fatto che il fendente fosse stato sferrato dall'alto al basso, non avrebbe mai potuto colpirlo al petto se si fosse girato come aveva spiegato.
Voleva uccidere, secondo l'accusa. Ma, soprattutto, almeno da un paio di giorni meditava di farlo. «”Ti ho avvisata, torna, altrimenti succede qualcosa di brutto”, dice Gorgan alla compagna due giorni prima dell'omicidio», aveva sottolineato il pm durante l'udienza preliminare.
Eppure, per la difesa, la premeditazione non è che una suggestione. Ma il confronto vero, in aula, è rinviato a novembre. Quando dovrebbe essere sentita anche Mariana. La compagna tornata in Moldavia. Che non si è costituita parte civile contro l'uomo da cui era fuggita.
Georgia Azzali
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