Tutta Parma
È sempre gratificante ed ovviamente motivo d’orgoglio, per un parmigiano, conoscere la storia nobile ed illustre dei tanti palazzi patrizi che nobilitano la città ducale. Ma è altrettanto interessante, specialmente sotto il profilo sociale, urbanistico ed architettonico, ricordare anche quegli edifici che, in passato, sorsero a Parma e furono destinati ad edilizia popolare. Anche perché lì, in modo più chiassoso ma tanto spontaneo e schietto, pulsava forte il cuore della Parma popolare.
La Parma delle persone umili, semplici, dal dialetto verace, dalla «torlìda» facile, dagli «stranòmm» più singolari ma anche, a volte, dal «bujj» tra vicini che poi svanivano come neve al sole. Ma tutta gente con grande dignità. Era quella Parma che profumava di violetta in primavera, di anguria in estate, di «bruzädi» in inverno e dove, dalle finestre delle case, uscivano certi profumini «äd vécia», «mnestrón», «buzéca», che si aggrappavano ai muri come edera. E dove le ragazze, quando erano belle, «j'éron béli dabón» con certi occhi simili al «sméli» (scintille).
Iniziamo la nostra carrellata tra alcuni edifici popolari della Parma di ieri, i più noti: Il «Ca' di feroviér» in viale delle Rimembranze, in viale Fratti (dove nacque Pietro Ginocchi l’inventore del «Crodino») e in via Venezia, le «Case Rosse» sullo Stradone (in una delle quali abitò, per anni, il maestro Angelo Bocelli, virtuoso del pianoforte, soprannominato «re del Gardenia», il famoso locale da ballo in borgo Lalatta), il «Cremlino» di via Padre Onorio, le case immerse nel verde di via Massari (dove, giovanissimo, iniziò a dare del tu alla sua armonica a bocca Willy Tedeschi) e poi quelle in viale Rustici e via Pozzuolo del Friuli.
Ma, il simbolo dell’edilizia popolare parmigiana sono, senza alcun dubbio, le «case gemelle» di Piazzale Marsala ed il «mondo piccolo» che le circondava. Le «case gemelle» di Piazzale Marsala dominavano e dominano tutt’ora Ponte Umberto I° (oggi Ponte Italia), inaugurato nel 1900 nel primo anniversario della morte del re assassinato dall'anarchico Gaetano Bresci. Piazzale Marsala, invece, fu dedicato alla cittadina che ospitò nel 1860 l'arrivo di Garibaldi e dei «Mille» (delibera del Consiglio Comunale del 18 maggio 1910).
Con delibera del Consiglio Comunale del 1904 veniva pure approvato il progetto di costruire alloggi popolari in questo piazzale terminati nel 1906-1907. Da notare che le case in questione furono costruite quando ancora viale Milazzo era solo sulla carta. Quando la costruzione di viale Milazzo fu avviata, nel 1910, fu forzatamente atterrata l'«Osteria del Molinetto» (la prima delle tre con lo stesso nome, in tre posizioni diverse ma vicine), ottocentesca e famosa sede dei congiurati che ordirono le uccisioni del colonnello Anviti, del podestà conte Magawly Cerati di Calry e dell'uditore Bordi. Su una delle case gemelle fu posta una lapide in memoria di alcuni carristi italiani caduti nell’ultima guerra. Con l'armistizio dell'8 settembre 1943 iniziò il disimpegno dell'Italia dall'alleanza con la Germania nazista. Proprio quel giorno, a Barriera Bixio, una colonna di carri armati del 33° reggimento proveniente da Fidenza, si scontrò con i tedeschi che avevano piazzato una postazione di cannoni anticarro e mitragliatrici pesanti sul ponte Umberto I°. Gli italiani, circa un centinaio di soldati con 8 carri «M 15» più 12 semoventi con cannoni da 20 mm., erano al comando del maggiore Venceslao Rossi, mentre i collegamenti li teneva il tenente Bruno Cornini. Arrivati a Barriera da viale dei Mille, i soldati italiani ricevettero una prima cannonata tedesca che colpì ed incendiò il nostro secondo carro.
Gli occupanti riuscirono ad uscire ma furono falciati dalle mitragliatrici tedesche che sparavano a ventaglio da Piazzale Marsala, colpendo, oltre alle statue della Barriera, molte abitazioni che si trovavano solo sul lato sud di viale Caprera. Dalla Barriera il primo e il terzo carro della colonna italiana partirono a tutta velocità per viale Caprera per distruggere la postazione tedesca. Uno dei due venne subito immobilizzato ma il secondo, pilotato dal caporal maggiore Francesco Giavazzoli, riuscì a raggiungerla e ad annientarla, purtroppo rimettendoci un cingolo che, rompendosi, fece sbandare il carro che poi precipitò nel torrente con la morte dell'eroico pilota e di altri soldati.
Il «mondo piccolo» delle «case gemelle» di Piazzale Marsala era rappresentato da alcuni luoghi simbolo fra i quali la Trattoria Belvedere in via Varese un tempo gestita da Mario e Uber Amadei coadiuvati dalle rispettive mogli Diva e Tina. Il locale fu aperto, prima, come semplice osteria e poi, dal dopoguerra, come trattoria.
Cucina parmigiana del sasso , famosa per la qualità degli anolini, il «Belvedere», era un riferimento l'affaccio sul torrente Parma al di là della strada (via Varese), terreno che era nella disponibilità della stessa trattoria e che, con tavoli e sedie, fu, negli anni Settanta, perennemente occupato dalle compagnie di ragazzi della zona tra i quali Angelo Ghiretti, presidente della Deputazione di Storia Patria delle Province Parmensi e direttore del Museo delle Statue Stele di Pontremoli, studioso di Parma e residente storico di Viale Caprera. Nel settembre del 1922, in via Varese, l’Associazione parmense contro la tubercolosi, inaugurò la «Stazione Elioterapica Regina Margherita», con lo scopo di sottrarre bambini e ragazzi dai tuguri della «Pärma vécia», esponendoli ai benefici del sole. Per la creazione della stazione, l’associazione, ottenne in concessione gratuita dal Comune un terreno di mille metri quadri nei «Prati ex Fulcini», fra il cimitero della Villetta e il torrente Baganza, e raccolse fondi da amministrazioni pubbliche e da privati.
Altro luogo simbolo del «pianeta case gemelle» fu il distributore «Total» collocato nell'angolo sud est di piazzale Marsala, gestito dalla famiglia Poldi Allay, originaria di San Secondo, sempre disponibile con tutti, ed anche nei confronti di quei «rompiscatole» dei ragazzi per gratuiti controlli-gomme di moto e bici. In via Varese era ubicato anche lo studio degli ingegneri Paolo e Giorgio Vescovini, pionieri dell’elettronica nella nostra città.
Giorgio Vescovini, imprenditore e docente universitario, negli anni Sessanta, aveva impiantato il proprio laboratorio di ingegneria in via Varese 27, poi gestito dal figlio ing. Paolo, specializzato in automazione elettronica industriale, con particolare riferimento alle macchine a controllo peso. Conoscitore appassionato delle tradizioni parmigiane, Giorgio Vescovini, amico di Baldassarre Molossi, Giorgio Orlandini, Amerigo Gabba, Ughetto Montanari ed altri intellettuali della Parma di allora, era un cultore della cucina parmigiana, per la quale pretendeva un rispetto quasi sacrale.
Poco appariscente date le dimensioni e la posizione defilata, ma conosciutissimo dai residenti, il mini negozietto che ospitò, tra gli anni 1960- 1965 una «frutaróla», Donnina Mazza sposata Delfini, originaria di Marano, che, in seguito, aprì un vero e proprio negozio in viale Milazzo, rifornendo di frutta e verdura l'intero quartiere. A Donnina succedettero nel mini negozietto di via Teano un «mecanich da biciclètti» e un «calsolär». Il negozietto di fortuna, appoggiato ad una cabina elettrica, era ubicato proprio dietro ad una delle «case gemelle».
Un particolare simpatico. Gli appartamenti delle «case gemelle» (al tempo considerati, a ragion veduta, popolari ma di lusso) furono concessi, in massima parte, a numerosi vigili urbani tant’è che, se le case di viale delle Rimembranze, via Venezia e viale Fratti, furono soprannominate «il Ca' di ferovjér», quelle di Piazzale Marsala, per i parmigiani di allora, furono «il Ca' dill guärdji» ma anche «I du comò» data la massiccia forma architettonica dei due fabbricati.
Lorenzo Sartorio
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