13 ottobre 2014
«Un taglio dell’erba per far passeggiare i cagnolini non è un lavoro di sicurezza idraulica». È il giorno del nono anniversario dell’alluvione a Parma, quello in cui la piena del Baganza mise sott’acqua due quartieri, lasciò una pesantissima eredità di fango e danni e solo per (benedetto) destino non trascinò con sé, nella sua furia, anche morti e feriti. Indimenticabili quelle immagini, e infatti non le dimentica il Comitato Alluvionati, che nell’ultimo mese e mezzo ha scritto per segnalare quelli che reputa mancati o insufficienti sfalci nei torrenti Parma e Baganza a tutte le autorità competenti: il sindaco Michele Guerra, l’assessore all’Ambiente Gianluca Borghi, l’assessora regionale alla Protezione civile Irene Priolo, Aipo,. «Inutile: siamo ignorati». O quasi.
Se dal Comune tutto tace - «e siamo basiti – dicono dal Comitato - : il sindaco è la massima autorità di tutela in materia e ci ignora?» - dalla segreteria della Regione almeno qualcuno risponde alle mail, anche se con scarso risultato concreto. «Ne abbiamo mandate tre: tutte le volte ci hanno chiesto di inviare le foto che testimoniano la situazione, ma una volta fatto, è finita lì. Tanto che alcune mattine fa abbiamo telefonato direttamente per capire se le immagini erano arrivate e se pensavano di occuparsene. È arrivata una Pec che ci diceva che trattandosi del solo torrente Parma, la responsabilità era di Aipo. Stop».
Intanto il tempo passa, la prossima settimana arriveranno le piogge e le situazioni che preoccupano di più restano immutate: in particolare la zona del Ponte Italia e del Ponte di Mezzo. «Ci chiediamo se le uniche operazioni di sfalcio effettuate, attese da molti cittadini come l'unico modo per mitigare il rischio idraulico, non siano piuttosto degli esercizi di giardinaggio con meri fini estetici – hanno scritto nella lettera che ha raggiunto Comune e Regione -. Le aiuole sono molto gradevoli in un giardino all'italiana ma dubitiamo che possano essere di una qualche utilità in caso di piene severe».
Quello che chiedono è un intervento più consistente: «Ci sono piante ad alto fusto nel bel mezzo della Parma che andrebbero tagliate per consentire il deflusso dell’acqua – aggiungono ora -: se viene una piena si porta via tutto. Non se li ricordano i tronchi ammassati dai ponti che ostruivano il passaggio dell’acqua e hanno provocato il disastro? Noi sì. E sappiamo di essere stati molto fortunati a non aver contato morti e feriti. Ma abbiamo visto quello che è successo in Romagna, e a fronte di quel che successo non è il caso di tergiversare o ignorare il problema».
Una decina di giorni fa un membro del comitato è stato contattato telefonicamente da un referente dell’Agenzia regionale sicurezza idraulica e protezione civile: «Ci ha dato l’email di Gianluca Zanichelli, il nuovo direttore di Aipo: proveremo a scrivere anche a lui. Ma non capiamo perché oltre alle nostre lettere, vengano ignorate anche quelle di diversi cittadini che hanno scritto alla Gazzetta e i servizi fatti dal giornale per dimostrare che un problema di vegetazione c’è. Qualcuno ci ha detto che c’è qualche problema politico, che gli ambientalisti non sarebbero d’accordo sul taglio degli alberi, ma noi non desidereremmo ripetere l’esperienza del 2014 di ritrovarci con i piedi nel fango e magari con qualche conseguenza peggiore in più. Davvero si tutelano nutrie e fagiani ma non i cittadini?».
Tanto più che – sottolineano - per la cassa di espansione sul Baganza – i cui costi nel frattempo di sono alzati da 69 a 73 milioni di euro per l’aumento del costo dei materiali - i tempi sono ancora lunghi: il cronoprogramma parla di attivazione nel 2026.
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