ANZIANI
«Abbiamo una macchina da cucire, una volontaria e una anziana ospite brave con ago e filo, e le idee ci sono. Quasi quasi proviamo a farne qualcuno». L’ha pensata così Olimpia Adardi, animatrice sociale alla Casa degli anziani di Collecchio e al Centro diurno Montanara. E quel “Quasi quasi proviamo a farne qualcuno” si è trasformato con sorpresa, orgoglio e emozione in un «Quasi quasi lo brevettiamo».
Cos’hanno realizzato lei, la volontaria Patrizia e la signora Lina? Dei cuscini sensoriali «fai-da-te» per Alzheimer e altre demenze. In un unico cuscino, tante proposte per stimolare le abilità residue e continuare a compiere quei piccoli gesti quotidiani che dall’infanzia in poi diventano automatici ma che la malattia rischia di rendere un rompicapo e poi una perdita definitiva: infilare un bottone in un’asola, usare le chiavi, far scorrere una cerniera, aprire e chiudere una chiusura ermetica o manuale, fare il nodo a un laccio. Non solo: l’utilizzo di materiali diversi – morbidi, rigidi, ruvidi, spugnosi, di corda, vellutati - vuole essere anche un’esperienza tattile che aiuti i ricordi e la manualità.
«Quando arrivano ospiti un po’ agitati ci chiediamo sempre come tenerli occupati. Il continuo tentativo di affaccendarsi e di voler usare le mani è tipico della patologia, viene dal proprio vissuto di mestieri, abitudini e passioni ma non sempre riusciamo ad essere veloci nel farci venire in mente qualcosa – spiega Adardi -. Navigando in internet alla ricerca di idee ho visto i cuscini sensoriali per bambini realizzati con metodo montessoriano. Ce n’era anche qualcuno per le demenze ma costava parecchio. Perché non provare a farlo “in casa” dunque, sfruttando gli strumenti che avevamo a disposizione?».
In tre ne hanno realizzati alcuni esemplari, tutti diversi, e poi è arrivato il momento di sperimentarli. «Con un ospite non abbiamo avuto grande riscontro perché era davvero troppo agitato, ma negli altri casi la novità è piaciuta: le persone toccavano, manipolavano, si applicavano. È stata una scoperta anche per noi – sorride - vedere come una cosa così semplice producesse qualcosa di così buono. Si è rivelato uno strumento prezioso per riportarli a quelle pratiche facili che quotidianamente non svolgono più. Se non ti abbottoni più una camicia, finisce che quella manualità la perdi perché poi un familiare o una operatrice si sostituiscono a te».
Oggi oltre al «quasi quasi lo brevettiamo» stanno valutando la possibilità di venderli sotto donazione a favore delle attività di animazione dei due Centri: «A molti familiari queste piccole attività non vengono in mente, o non saprebbero realizzare un cuscino completo: se qualcuno lo volesse, dunque, saremmo ben felici di realizzarne altri».
Chiara Cacciani
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