Il giudice
Ieri, il penultimo processo da lui celebrato si è concluso con un’estinzione del reato per remissione di querela. L’ultimo, che vedeva lui stesso anche nei panni dell’accusatore, con una condanna a carico dello Stato. Livio Cancelliere ha smesso per sempre la toga del giudice onorario. «Non sono il primo né sarò l’ultimo - sottolinea -. E tra chi resta molti sono costretti, perché spesso privi di alternative: io sono innanzitutto avvocato a Milano, questa è la professione che garantisce la mia prima fonte di reddito. Ma chi ha puntato tutto sulla magistratura onoraria spesso è costretto a continuare a ingoiare bocconi amari».
L'Associazione dei magistrati onorari di tribunale (della quale Cancelliere è coordinatore regionale), parlando di «Giustizia malata, incapace di valorizzare le sue migliori risorse» definisce «clamoroso» l'abbandono, ed esprime a Cancelliere «tutta la nostra stima e amicizia, ringraziandolo per averci indicato e aver percorso il cammino verso un sogno di giustizia che purtroppo non si è realizzato».
Dei vent’anni di carriera, gli ultimi quattro il got parmigiano li aveva trascorsi cercando di conquistare diritti per la sua categoria, di magistrati onorari per i quali in realtà sono più gli oneri che gli onori. Sono oltre quattromila in tutt’Italia (fino a un paio d’anni fa erano mille di più): senza di loro la giustizia si incarterebbe, ma per loro – sottolineano i diretti interessati – di giustizia non ce n’è. «Siamo pagati a cottimo – ricorda Cancelliere – senza tutele. E ora, in base alla nuova riforma, non sappiamo né quale impegno ci verrà richiesto né di quale retribuzione potremo godere». Nel corso degli anni, da fumoso che era, «il quadro normativo si è fatto “liquido”, ancora più sfuggente. È la solita vecchia storia: ci si industria a fare leggi incomprensibili e oscure, per poterle usare come meglio si crede».
Cinquantadue anni, padre di cinque figli, Cancelliere tutte le aveva provate, per evitare di uscire dal tribunale sbattendo la porta: dai flash mob ai «pellegrinaggi» di protesta, fino allo sciopero della fame (lui, non certo sovrappeso...). «Nel 2021 - ricorda Assogot - venne ricevuto dall’allora ministra Cartabia dopo aver compiuto una marcia di 250 chilometri, da Assisi fino a Roma, con lo scopo di portare all’attenzione pubblica la situazione di precarietà dei giudici onorari». Ora si dice stanco di promesse puntualmente disattese, così come dai governi sono sempre state disattese le direttive europee in materia. «Stando a Bruxelles dovremmo essere inquadrati come magistrati stabilizzati di prima nomina - spiega - e invece la nostra situazione economica è equiparata ai funzionari amministrativi». Ricorda come, durante il Covid, non avendo potuto lavorare, la sua categoria non ricevette un euro di ristoro. «Ci sono perfino tribunali - aggiunge - in cui si fanno collette per colleghi colpiti da lunghe malattie».
E pensare che chi è ora al governo aveva promesso di riconoscere a tutti gli effetti il ruolo della magistratura onoraria. «Dopo che le leggi Orlando, Bonafede e Cartabia non avevano fatto che peggiorare le nostre condizioni». Anche in questo caso non è stato necessario attendere la manovra, per provare l'ennesima delusione. «Si capiva che l'argomento non era più di interesse - ricorda l'ex got -. Così, in agosto ho deciso». E giovedì, invece di sottoporsi al colloquio per la conferma dell'incarico leggerà una dichiarazione per spiegare le ragioni del suo abbandono». La motivazione dell'ultima sentenza, questa volta senza appello. Inutile chiedere all'ex giudice se si aspetti resipiscenza da qualcuno.
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