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Curiosità

È San Gislemerio il secondo patrono di Fidenza

È San Gislemerio il secondo patrono di Fidenza

27 Novembre 2023, 03:01

Il patrono di Fidenza, amatissimo e sentitissimo dai borghigiani, è san Donnino, ma accanto a lui c’è un compatrono, che non molti conoscono: San Gislemerio, della cui storia e del cui ritrovamento ha scritto per noi Ambrogio Ponzi: «Tra le ricorrenze del “Calendario particolare” della Diocesi di Fidenza troviamo la semplice memoria di San Gislemerio Martire patrono minore. San Gislemerio, come San Donnino, è una figura di santo che la devozione ha legato alla storia cittadina, ma, mentre per San Donnino la coscienza cittadina è ancora fedele, di San Gislemerio si è perso il corpo e anche la memoria. Il racconto agiografico, localmente ripreso, ne fa un martire, affermando che Gislemerio apparteneva alla “Legione tebea” massacrata attorno all’anno 287. La ricorrenza del martire cade il 16 settembre. Nello stesso mese, il giorno 22, si ricorda il martirio della legione tebana. Oggi il santo viene talvolta richiamato durante la messa accanto a San Donnino ed è ricordato dai canonici nell’ufficio del 16 settembre, giorno dell’invenzione del suo corpo avvenuta nell’anno 1512, oltre 1200 anni dopo il suo presunto martirio. È ormai assodato che il racconto del martirio di San Maurizio e della “Legione tebea” da lui guidata, la “Passio Agaunensium martyrum” redatta nel V secolo da Sant’Eucherio, vescovo di Lione fra il 432 e il 441, sia puramente agiografico e privo di riferimenti storici. Dei 6000 legionari martirizzati Sant’Eucherio riporta i soli nomi di Maurizio, Essuperio, Candido e Vittore ma, nel tempo la lista è aumentata a parecchie centinaia di nominativi, tra i quali il nostro Gislemerio. Il primo testo agiografico che fa riferimento a San Gislemerio martire è quello di Filippo Ferrario che nel suo “Catalogus sanctorum Italiae” (1613) racconta che “Gislemerius, soldato tebeo, fuggì dalla Gallia con altri in Italia e, raggiunto presso l’antica Fidentia, fu martirizzato”, nulla di più. Ranuccio Pico, parmigiano d’adozione, nel martirologio parmense (1642) riprende ampliandolo il breve scritto del Ferrari concludendo: “Ma di questo glorioso Campione Tebeo non si ha ancora notizia”. Anche i bollandisti negli “Acta sanctorum” rilevano l’inconsistenza delle fonti storiche. Il suo corpo si dice rinvenuto nella cripta della Cattedrale presso quello di San Donnino il 16 settembre 1512 in un sarcofago di pietra. L’autentica del nome viene da un mattone con incisa rozzamente l’iscrizione: «hic req[ui]escit s[an]c[tu]s Gislemerius thebeus mar[tir]» che tuttavia risale a non prima del XV secolo e quindi posto tardivamente dalle autorità ecclesiastiche. Possiamo quindi concludere che non esiste materiale storico riferibile a San Gislemerio martire tebeo. Ecco cosa ho dedotto dalla mia ricerca onomastica e storica: l’onomastica suggerisce che Gislemerio è la forma italiana di Gislemar, parola composta di origine nordica formato dal radicale “gisl”, ostaggio, associato al qualificativo “mar”, famoso, che può tradursi letteralmente come “ostaggio famoso”. Questo ci porta ad escludere l’attribuzione di Gislemerio a qualsivoglia area linguistica al di fuori del nord Europa, impensabile riferirla ad un egizio della Tebaide. Dobbiamo quindi abbandonare l’agiografia locale, e portarci nelle terre del nord Europa in epoca carolingia dove il nome Gislemar e relative varianti sono attestati linguisticamente almeno dal VII secolo. Gli storici francesi e nordici, nel riprendere la nostra devozione per San Gislemerio, affermano che questi non è altro che il monaco Gislemar di origine franco-sassone noto come l’Apostolo della Dania (Danimarca), paese in cui esercitò la sua missione nel IX secolo, missionario ma anche vescovo. La prima menzione storica di questo Gislemar risale alle cronache d’epoca carolingia del 816 quando, deceduto l’arcivescovo di Reims Wulfar, subito dopo la sua morte nell’agosto 816 il popolo e il clero della città, in conformità con la tradizione cristiana, elessero Gislemar come successore».

«Alla scelta si oppose l’imperatore che impose l’elezione di Ebbo, suo fratello di latte e di educazione e suo consigliere. Fu chiaramente una nomina dettata da motivi personali ed anche di opportunità politica vista l’importanza dell’archidiocesi di Reims nel regno franco. L’ambito storico e culturale è quello altomedievale europeo della prima metà del IX secolo, in cui si inserisce la prima missione del nostro Gislemar in Danimarca: a deciderlo furono la corte imperiale e l’abate di Corbie Wala, primo cugino dell’imperatore stesso. Gislemar sarà ricordato nel trattato di Patrologia: “Sleswicensis episcopus, Gislâmaruş” [vescovo di Schleswig, Gislâmaruş] e negli annali benedettini come “Episcopus Danorum”. Dopo il periodo danese, Gislemar tornò all’abbazia di Corbie o, meglio, a Corvey o Corbie-nuova in Sassonia che era subentrata a Corbei come base per le missioni al nord. A Corvey risulta annoverato tra i sette maestri di scuola preposti all’insegnamento e che divennero tutti illustri nella Chiesa; tutti provenivano dal monastero di Corbie e saranno ricordati come “Apostoli delle genti considerati santi”. Negli annali benedettini viene collocata nell’anno 840 la morte di Gislemar ma non viene indicato il luogo del decesso e non si può escludere che ciò sia avvenuto a Borgo: ipotesi non peregrina, tenendo presente l’importanza che a qui tempi rivestiva per i benedettini, e non solo, il viaggio a Roma alla tomba dell’apostolo San Pietro. Altro possibile motivo, non alternativo ma convergente, è da ricercarsi nello speciale rapporto tra il monastero carolingio di Corbie e il monastero italico di Bobbio, ambedue retti per un certo periodo da Wala, principale protettore del nostro santo. Non si può escludere, perciò, che Gislemerio avesse seguito Wala in Italia. Furono 150 i monaci di Corbie che si trasferirono nel nord Italia, a Bobbio, Pavia, Brescia, Leno e Civate dopo l’830 in una missione che aveva come obiettivo quello di uniformare i monasteri italici ai canoni franchi. A Bobbio Wala come abate si impegnò a valorizzare il monastero che, nel nostro territorio, aveva numerosi possedimenti: monastero di San Pietro di Fidenza, prioria della corte di Rovacchia a Rovacchia-Coduro, Rovacchia-Ferrari, Cabriolo, Cannetolo, Castione Marchesi, Parola e Pieve Cusignano. Altri possedimenti erano situati nelle corti vicine. Un indizio toponomastico da valutare attentamente parrebbe indicare un legame tra Gislemar ed una di queste località, si tratta di Gisolo lungo il rivo omonimo verso Pieve Cusignano. Gisolo è infatti la forma italianizzata di Giselmar! La “Hagiographie du diocèse d’Amiens” e l’abbazia di Corbie collocano Gislemar tra i santi. I manoscritti dell’abbazia lo qualificano come vescovo ed elogiano la sua erudizione, il suo gusto per le lettere. Nessun culto particolare gli fu mai reso mentre i bollandisti ne ricordano il nome tra i santi del 31 maggio».

«Altro tema legato al compatrono di Fidenza è la ricerca del corpo. Come ho scritto più sopra, il corpo fu trovato nel 1512, cioè nel XVI secolo quando l’interno del duomo fu oggetto di importanti lavori e sostanziali modifiche e venne anche rifatta la torre campanaria. Si dice che il corpo sia risistemato in un luogo sicuro di cui si è persa notizia, In tempi non remoti durante lavori all’interno del Duomo di Fidenza in zona presbiteriale è stato rinvenuto un loculo, contenente uno scheletro intatto e mummificato oltre ad altri interessanti reperti. Alcuni particolari del ritrovamento, ossia tracce di paramenti vescovili, sono compatibili con quanto ho osservato a proposito della nomina a vescovo di Gislemerio. All’epoca fu disposto che tutto quanto rimanesse nel posto, cioè il presbiterio, dove era stato rinvenuto. Solo uno studio attento che preveda la datazione dei resti e le analisi antropologiche del reperto potrebbe confermare se i resti mummificati siano compatibili con quelli del benedettino Gislemar (IX secolo), già arcivescovo di Reims poi vescovo e apostolo della Danimarca».

E.B.

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