OMICIDIO COLPOSO
Non fu «colpa» del vento impetuoso se quel grosso ramo al parco Ferrari si spezzò. Finendo sul tendone del chiosco che poi colpì Elisa Montanarini, 89 anni, morta un paio d'ore dopo in ospedale. Nulla di casuale, quel 1° luglio 2019, eppure per la scomparsa di Lisetta, come tutti la chiamavano, non ci sono responsabili, almeno per ora. Il giudice Francesco Matteo Magnelli ha assolto i quattro imputati, accusati di cooperazione in omicidio colposo, come richiesto dallo stesso pm Massimo Porta, che ha messo in evidenza alcune lacune investigative.
Assolti, perché il «fatto non sussiste», nel caso dei due contitolari del chiosco, Enrico e Sonia Bernardi, e per «non aver commesso il fatto» riguardo ad Albino Carpi ed Enzo Monica, rispettivamente direttore tecnico ed ex direttore esecutivo di Parma Infrastrutture, società partecipata del Comune. Nel frattempo i familiari di Elisa Montanarini sono stati risarciti dall'assicurazione e hanno revocato la costituzione di parte civile. Le motivazioni? Saranno depositate entro 30 giorni, ma considerando le formule assolutorie messe nero su bianco, si può ipotizzare che il giudice abbia ritenuto che ci sia una responsabilità colposa per la tragedia, ma di cui avrebbero dovuto rispondere altri. Altri nomi, rispetto ai quattro finiti a processo, che tuttavia non sono stati individuati.
Quel pioppo nero, divorato da un fungo, probabilmente sarebbe caduto, prescindendo dalle condizioni meteorologiche, secondo l'agronomo a suo tempo nominato dalla procura. Ma a chi spettava la manutenzione della pianta? E - soprattutto - chi ne aveva la responsabilità, ha omesso di farlo? Queste le domande centrali attorno a cui ha ruotato il processo, andato avanti per oltre un anno e mezzo. Dal 2017, dopo la cessione dal parte del Demanio, il Comune era diventato proprietario del parco Ferrari, ma la concessione precedente non sarebbe mutata. Un atto in base al quale, secondo quanto aveva scritto la procura nella richiesta di rinvio a giudizio, i gestori del chiosco sarebbero stati tenuti «a mantenere i terreni in buono stato e ad eseguire tutti i lavori intesi a conservarli». Ma la dicitura «manutenzione dei terreni» appare quanto meno vaga. Ed è ciò che ha sottolineato più volte la difesa di Enrico e Sonia Bernardi. «Non siamo qui a cercare i responsabili, perché non è compito nostro, ma - ha sottolineato l'avvocata Valentina Tuccari durante la discussione - se noi analizziamo bene gli atti, ossia la Dichiarazione di inizio attività e la delibera del Comune del 2019, vediamo che si fa riferimento solo ai 17 metri quadrati del chiosco e sono esclusi gli altri spazi, quindi nessun onere. Resta, comunque, il grande dispiacere per la signora Montanarini, a cui i Bernardi erano molto affezionati».
Per quanto riguarda, invece, Parma Infrastrutture, era emerso che nell'ottobre del 2012 Carpi e Monica commissionarono alla società Demetra Specialist un monitoraggio delle piante del parco Ferrari. In particolare, in quel pioppo era stata evidenziata la «presenza di sospette cadute di densità nella porzione sottocorticale alla base» e veniva prescritto un ricontrollo strumentale a due anni. Cosa che Carpi e Monica non avrebbero fatto eseguire, secondo quanto ipotizzato all'inizio dalla procura. Ma «il processo - spiega Stefano Delsignore, difensore di Carpi - ha fatto emergere l'adeguatezza delle attività svolte da Parma Infrastrutture fino al dicembre del 2015, quando la gestione delle aree verdi è tornata in carico al Comune».
Insomma, quando accadde la tragedia erano già trascorsi quasi quattro anni. «L'attività di indagine non ha scavato fino in fondo sulle responsabilità - ha precisato Aniello Schettino, difensore di Monica, durante la discussione -. Dal 2016 al 2020 la manutenzione spettava a una società esterna incaricata dal Comune».
Ma nessun altro, oltre ai quattro (assolti), è finito sotto processo.
Georgia Azzali
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