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LIBRI

Stadio Tardini, 100 anni di storia

Stadio Tardini, 100 anni di storia

di Antonio Bertoncini

06 Dicembre 2023, 03:01

Sono scesi in campo cinque architetti e tre giornalisti: ne è nato un libro ricco di spunti di riflessione, che, fuori da tesi preconcette, può dare un prezioso contributo alle linee da seguire e agli obiettivi da perseguire nella futura ricostruzione dello stadio e al suo inserimento nel contesto urbano.

“Il Tardini di Parma – Uno stadio una città” (Mup Editore, 170 pagine, euro 25), a cura dell’architetto Paolo Giandebiaggi, nasce con lo scopo di leggere con occhi proiettati sul passato e sul futuro una vicenda fortemente ancorata al presente, e fornire così un contributo a trasformare le polemiche in riflessioni per individuare le migliori soluzioni possibili per la città nel contesto delle scelte strategiche già effettuate. Come spiega Giandebiaggi nell’introduzione, in queste pagine troveremo un secolo di storia del Tardini, inaugurato nel 1924, con tutte le vicissitudini che lo hanno accompagnato fin dalle origini, le implicazioni tecniche, economiche, sociali, le azioni amministrative, le tensioni che ha dovuto affrontare anche il progettista di cento anni fa, l’architetto Ettore Leoni, che ha dovuto fare i conti con committenza e politica. E’ il destino degli stadi, “nuovi anfiteatri”, nell’eterno pendolo “fra incomprensibile necessità e bisogno irrinunciabile”.

Il primo contributo è quello dell’architetto Sandra Mikolajewska, che parla della “Nuova città del Novecento” per inquadrare il contesto urbanistico entro il quale è nato lo stadio.

Partendo dal vigoroso piano di risanamento messo in atto dal sindaco Mariotti prima della Grande Guerra e propone un’immagine di Parma a cavallo fra i due secoli in cui trova spazio anche lo sport, con l’Ippodromo a San lazzaro, i bagni pubblici (piscina) fra i ponti Umberto e Caprazucca, fino all’irruzione sulla scena del Parma Foot Ball Club, che giocò nei campi di fortuna, prima di conquistare uno stadio tutto suo.

“Immaginato, sognato, fortemente voluto, non riuscì a vederlo completato”: così scrive Claudio Rinaldi nel capitolo dedicato a “Ennio Tardini: vita, ruolo sociale e passione sportiva”, il padre dello stadio, presidente della società Parma Foot Ball Club, che morì improvvisamente a 44 anni il 16 agosto 1923 a pochi mesi dall’inaugurazione, dopo aver posato la prima pietra insieme al sindaco Amedeo Passerini.

Liberale convinto, segretario dell’Associazione Agraria Parmense, competitore diretto di Alceste De Ambris nello sciopero agrario del 1908, tra i fondatori del settimanale liberale “La Scintilla”, oppositore del fascismo, creatore della fabbrica del ghiaccio in viale Piacenza, Tardini fu l’ideatore e convinto sostenitore della costruzione dello stadio polivalente di Parma. Dopo un concorso che non ebbe esito, affidò all’architetto Ettore Leoni di Parma il progetto per la realizzazione al Castelletto di uno stadio da 7mila spettatori. Dopo la sua morte lo stadio prese il suo nome e la squadra debuttò fra le mura amiche il 9 settembre 1923, a stadio non ancora ultimato. Quattro anni dopo il regime fascista impose di dedicarlo al suo martire Walter Branchi, ma nel 1947 ritornò ad essere per tutti lo “Stadio Ennio Tardini di Parma”. Famiglia e tifosi oggi hanno messo in guardia contro eventuali tentazioni di vendere il brand: il nome non si cambia! La storia architettonica dell’impianto la ricostruisce Paolo Giandebiaggi nel capitolo “Il disegno del Tardini: progetto e costruzione originali”. L’architetto racconta dell’idea di un impianto polivalente nata nei primi anni del secolo scorso, interrotta dalla Grande Guerra e ripresa da Tardini, che immaginò un “tempio dello sport” e acquistò un’area di 37mila metri quadrati dalla Società Immobiliare Parmense.

Il bando di concorso del 1922 si risolse in nulla e Ettore Leoni fu incaricato di progettare lo stadio, inserito in una immensa zona verde. Il progetto, che comprendeva l’ingresso monumentale, fu in un primo tempo bocciato dalla “Commissione Comunale d’Ornato”, poi approvato alla fine di una lunga contrattazione.

Di quello che è successo dopo si occupa Maria Evelina Melley, che ricostruisce “le trasformazioni dello stadio dalla costruzione ad oggi”: la ristrutturazione del portale nel 1957, la tribuna dei distinti negli anni Sessanta, l’ampliamento e il secondo ingresso nel 1982 e gli interventi massicci negli anni Novanta che portarono la capienza a sfiorare i 30mila posti. E ancora, la tentazione di spostare lo stadio a Baganzola e la decisione di adattare l’esistente, con la fossa al posto della pista, la copertura della tribuna est (ancora precaria) e i successivi interventi fino ad arrivare a oggi, con un’area di 37mila metri quadrati, 19 metri di altezza massima e 22.500 posti di capienza.

Affascinante il capitolo del giornalista Giuseppe Milano, che in poche pagine racconta “Cento anni di Parma Calcio: una sola squadra, un solo stadio”, partendo dalla trasferta a Reggio Emilia il 23 novembre 1913. Milano rievoca poi la storia della maglia, il debutto in Prima Divisione nel 1925 contro la Juventus (corsi e ricorsi storici) e ripropone tanti gustosi aneddoti nella storia di gialloblu e crociati: il “gatto magico” Cavallina, le discese ardite e le risalite fra la Prima Divisione e la serie D con il fallimento, la maglia crociata indossata da Italo Allodi, Edmondo Fabbri, Bruno Mora, Carlo Ancelotti e Stefano Pioli, gli epici spareggi a Vicenza, l’acquitrino di Sanremo, la scoperta di Gigi Buffon, il nuovo calcio di Arrigo Sacchi, l’epopea di Nevio Scala e i trionfi degli anni Novanta da Ceresini alla Parmalat, e la resurrezione con D’Aversa, per arrivare alle ultime tribolate vicende che hanno portato Kyle Krause alla guida della Società.

Dell’Anfiteatro di Parma come sede di eventi extracalcistici parla la giornalista Katia Golini: il Tardini ha ospitato atletica, manifestazioni ginnico – militari sotto il fascismo, feste della Liberazione, Totò che dà il fischio d’inizio a giornalisti e artisti, lo scudetto del rugby, gli Harlem Globetrotters, Francesco Guccini, le Feste de L’Avanti e de L’Unità e la nazionale Cantanti. Con Daniela Paltrinieri si arriva all’attualità: “Un nuovo disegno per un nuovo stadio”. L’architetto ci spiega come potrebbe diventare il Tardini nell’era Krause. Racconta l’iter burocratico e descrive il progetto definitivo con la quantificazione e la destinazione d’uso degli spazi accessori: 21mila posti, 1100 mq di museo e negozio del Parma calcio, 1000 metri quadrati di attività commerciali, 160 posti auto interrati, altezza massima 25 metri, 21mila posti, per un intervento di 138 milioni di euro, definito dalla proprietà “uno stadio per Parma ispirato da Parma”.

Infine, molto interessante per allargare l’orizzonte il contributo di Andrea Zerbi: “Il Tardini tra gli stadi del mondo”. Lo stadio è un mondo in miniatura, che esprime il contesto in cui nasce. Gli stadi italiani hanno un’età media di 65 anni e solo 4 sono di proprietà delle società. L’architetto propone schede e storie, diverse e istruttive, di 8 impianti e della loro collocazione nel contesto urbano: Juventus Stadium, Meazza, Olimpico di Roma, Stanford Bridge di Londra (risale al 1878), Bernabeu di Madrid (diventerà il più innovativo, con copertura e campo retrattili), Allianz Arena di Monaco, Maracanà di Rio de Janeiro (poteva contenere 200.000 spettatori), Johannesburg e Bombonera di Buenos Aires. Zerbi conclude rilevando che gli interventi su stadi esistenti sono più frequenti rispetto alle nuove costruzioni e che molti si trovano in zone densamente urbanizzate, ovviamente condizionate e talvolta rigenerate dagli interventi di riqualificazione.

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