LA RESIDENZA DEL MAESTRO
Che ne sarà di Villa Verdi? Quanto tempo servirà per ristrutturarla e riaprirla al pubblico? E quanto costerà? Sono alcune delle domande che si rincorrevano ieri, all'indomani dell'inaspettata e improvvisa decisione del ministro Sangiuliano di procedere all'esproprio di Sant'Agata. Una decisione che aveva scatenato i commenti positivi da parte del mondo politico ma anche stupore e sconcerto da parte degli eredi del Maestro. Ieri, in attesa di nuove mosse, l'attenzione si è spostata su quali saranno le prossime puntate di questa vicende e quali scenari si aprono con l'esproprio.
Nessun dubbio sul fatto che il complesso di Villa Verdi abbia tutte le caratteristiche dei beni culturali che possono essere espropriati e trasferiti nel patrimonio dello Stato. Secondo gli esperti e i legali interpellati (che non hanno però voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali) le norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio sono chiare e non lasciano incertezze interpretative. L'articolo 95 prevede infatti che «i beni culturali immobili e mobili possono essere espropriati dal Ministero per causa di pubblica utilità, quando l’espropriazione risponda a un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi».
I dubbi riguardano semmai tempi e modalità dell'avvio di questa procedura. È passato un anno da quando il Tribunale di Parma, al termine di un lungo contenzioso ereditario, ha emesso l'ordinanza per la vendita della villa. In questi casi la procedura prevede che il bene vada all'asta e il ricavato della vendita sia diviso fra gli eredi. E, visto il valore culturale del bene, lo Stato avrebbe comunque il diritto di prelazione. Il ministero ha però deciso di non ricorrervi, ma di avviare la procedura di esproprio. Procedura che, a questo punto, dovrebbe vanificare la vendita avviata dal tribunale. I motivi di questo passo, secondo molti, sarebbero i costi dell'operazione. L'immobile e gli oltre settemila cimeli verdiani conservati all'interno sono stati valutati dai periti del tribunale oltre trenta milioni. Cifra destinata a scendere nel caso la prima asta fosse andata deserta. Scendere di molto. Ma probabilmente non abbastanza per le casse dello Stato che, una volta acquisito il bene, dovrebbe ovviamente anche sobbarcarsi tutti i costi di riqualificazione della villa. Con l'esproprio è previsto un indennizzo per i proprietari. Indennizzo che dovrebbe essere più basso della valutazione ma, stando sempre al codice dei beni culturali, deve essere in linea con il prezzo che il bene avrebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita all’interno dello Stato. Tutto semplice dunque? Non proprio, dicono i legali interpellati dalla Gazzetta. «Come con tutti gli espropri, rischia di aprirsi un contenzioso con i proprietari, sia sulla procedura sia sulla quantificazione dell'indennizzo. E sono contenziosi di solito lunghi e complessi».
r.c.
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