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I retroscena dell'espulsione del tunisino vicino alla jihad

«Sono il re dell'Isis. E faccio esplodere tutti»

«Sono il re dell'Isis. E faccio esplodere tutti»

di Luca Pelagatti

06 Gennaio 2024, 03:01

Sulla pagina Facebook di Abid Sofiane, nel frattempo comprensibilmente oscurata, c'era una foto: si vedeva l'uomo, folta barba scura, che sgranocchiava il modello in scala di una macchina dei carabinieri. Il messaggio è chiaro: io non ho paura delle forze dell'ordine. Anzi, me le mangio in un solo boccone.

«Beh, tutto qui? I social sono pieni di sparate di gente che, con la corazza di una tastiera, si sente un po' un pistolero senza paura», si potrebbe argomentare.

E forse è vero: i ragazzi nati col digitale nel dna recitano oggi nel mondo virtuale una posa che è poi la stessa che, un tempo, si abbozzava durante la vasca in centro o nei corridoi della scuola: giusto un modo per farsi notare quando si voleva colpire la più carina della classe.

Ma Abid Sofiane ha 38 anni e non è un cucciolo in cerca di visibilità. E per questo, per quella foto ma non solo, nelle ultime ore è stato preso in consegna da agenti partiti da Parma che lo hanno accompagnato a Genova e caricato, senza perdere un istante, su una nave diretta a Tunisi. La motivazione fa tremare i polsi: «espulsione immediata per motivi di sicurezza nazionale e prevenzione del terrorismo». Ed è evidente che dietro questo provvedimento non ci possa essere solo una discutibile immagine con il ghigno da duro.

Ecco perché vale la pena, allora, di provare ad approfondire la sua storia. E capire perché gli investigatori italiani frugano senza sosta il web in cerca di soggetti come lui, pieni di rabbia e di un rancore che arriva da lontano. E che, non è paranoia, si teme possa fare male.

Che Abid Sofiane sia un violento, d'altra parte, sta scritto nelle sentenze: l'uomo, padre di due figli, era già stato condannato alla pena di cinque anni e sei mesi per i reati di violenza sessuale, maltrattamenti e stalking ai danni della moglie che, è naturale, ha da un po' cessato con lui tutti i rapporti. Ma non solo: le autorità lo avevano inserito nella lista di coloro da tenere d'occhio per un'altra serie di comportamenti del tutto insensati. Sofiane, infatti, nel gennaio del 2021, aveva iniziato a tempestare di sms minacciosi il presidente della comunità islamica di Trento colpevole, a suo dire, di un atteggiamento non abbastanza rigoroso. E per dimostrare di avere dalla propria parte la ragione, aveva pensato bene di definirsi «il re dell'Isis».

Il monarca di uno stato autoproclamato e pronto a spargere sangue in cui questo immigrato, forse, aveva trovato quel punto di riferimento che in Italia gli mancava. E che lo portava a sognare di vendicarsi.

Se ne è avuto conferma ancora quando, inciampato di nuovo nella rete della legge, invece di provare a sminuire la propria colpa ha dato libero sfogo alla propria frustrazione mostrandosi furioso contro la legge. Come se il mondo che gli stava intorno, il nostro mondo, fosse per lui ormai il nemico da combattere.

E dove manifestare questa ira se non, di nuovo, sui social? Gli investigatori della Digos della polizia di Stato e del Reparto operativo dei carabinieri lo hanno monitorato ora dopo ora vedendo la sua furia crescere, concentrarsi: e quando hanno letto, tra le tante, la frase in cui Sofiane dichiarava di essere pronto ad andare a Roma per «fare saltare tutti in aria» hanno compreso che non si poteva più aspettare. Che il rischio era grande e concreto.

E' scattata allora la procedura che si attua in questi casi: da una parte ci si è attivati per provvedere alla sua espulsione mentre dall'altra si è fatto in modo che non restasse mai solo. Gli sono state tolte l'auto e la patente perché non avesse il desiderio di trasformarle in armi da scagliare su qualche innocente e si è, con discrezione ma costanza, pedinato ogni suo passo. La casa dove aveva trovato ospitalità a Salsomaggiore, quella di un conoscente, è stata tenuta d'occhio e i giorni del Natale, quelli che per chi sogna una folle guerra santa sono i più colmi d'ira, hanno visto agenti in borghese seguirlo in distanza.

Quindi, dopo una notte concitata, l'ultimo atto: il tunisino è stato prelevato e portato negli uffici delle forze dell'ordine da cui è uscito senza permesso di soggiorno e con un biglietto di sola andata verso il paese d'origine. A vegliare sul viaggio in mare agenti arrivati dal Nordafrica che lo hanno preso in consegna e che, è certo, vigileranno sui suoi comportamenti futuri. E anche il suo profilo Facebook ora è azzerato. Resta, difficile da cancellare, quella rabbia, quella furia. E il timore che qualcun altro, nascosto nell'ombra, stia preparandosi a dargli il cambio. A trasformare l'odio in dolore.

Luca Pelagatti

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