L'appello dei residenti dell'Oltretorrente: «Servono interventi»
«Sa quale è il problema? Che qui, in Oltretorrente, siamo sempre stati benissimo. Ma adesso, purtroppo, viene voglia di andare via».
A dirlo, e si capisce che costa fatica, è Yasmine El Alaoui, abitante di lungo corso di quel pezzo di città di la dall'acqua. Un tempo era la Parma più vera: ora gli stessi residenti faticano a riconoscerla. Ma non si rassegnano. «Eppure basterebbe poco, un po' di controlli e una precisa volontà. Invece siamo dimenticati: questa è diventata la terra di nessuno». E per dimostrarlo questa professionista del restauro, nome straniero e anima parmigiana, si improvvisa guida. E ci conduce in un tour senza fretta tra strade e piazze che parte da piazzale Bertozzi. Secondo lei, e non solo, la «madre» di tutti i problemi.
«Partiamo dall'Hub caffè. E' abbandonato da anni e lo si nota, assediato com'è dalle immondizie». Eppure doveva essere il cuore trainante del quartiere che rinasceva: visto oggi pare il monumento alle occasioni perse. Qui dentro, lo spiegano in molti, durante il lungo periodo di oblio qualcuno si infilava per dormire mentre oggi attende di risorgere. Intanto si accumulano foglie, cartacce e bottiglie vuote.
«L'altro vero problema sono un paio di negozi gestiti da africani qui nella piazza: non si vedono mai clienti uscire con borse della spesa». Il sottinteso è chiaro: più che luoghi di commercio sono centri di aggregazione. Qualcuno, sottovoce, suggerisce che nascondano traffici poco chiari. «E intorno a questi market gravita una molesta pletora di gente che beve, si ubriaca, strepita. E che si sente padrona della zona». Un eccesso di allarmismo? Non pare proprio visto che domenica una ragazza ha subito il tentativo di scippo e il giorno successivo una residente è stata presa a schiaffi per strada da una donna che le contendeva la bici. Insomma, il problema c'è. E andrebbe affrontato.
«Le forze dell'ordine passano, si fanno vedere – prosegue un abitante. - Ma non basta». Si, perchè il senso di abbandono crea ulteriore degrado. E tanti hanno da raccontare piccoli grandi episodi che rivelano che così proprio non va. «Non per voler fare la parte dei nostalgici ma questo è un quartiere dove ancora resiste un senso di appartenenza, un legame tra le persone. Ma si sta sempre più perdendo: e in tanti alla sera non se la sentono più di uscire per fare due passi». Facile obiettare: il problema non è solo qui, il mondo e la città cambiano con velocità vertiginosa. Ma tra le piccole case di borgo Parente e via Imbriani, tra l'Annunziata e piazzale Picelli, i segnali di questo spegnersi di legami e fiducia non si fatica ad avvertirli.
«La convivenza tra persone di diverse provenienze, tra culture differenti è una occasione di crescita. Ma quando si perde il rispetto delle regole, quando qualcuno esagera nel violare le norme allora tutto si complica. E si rovina». Eppure ancora, nella latteria di via Imbriani o in alcune botteghe sembra di respirare l'aria di un tempo. Ed è bello vedere la gente che cammina e si saluta chiamandosi per nome.
«Bisogna agire però prima che sia troppo tardi: sottoporre a continui controlli i negozi che creano problemi facendoli chiudere se necessario, aumentare la vigilanza sui personaggi che gravitano qui intorno e che, lo sanno tutti, spesso spacciano, favorire i locali che, invece, sono un presidio di sicurezza e socialità» conclude Yasmine El Alaoui prima di congedarsi con una ultima osservazione. «Per capire fino in fondo quale è la situazione basta chiedere alla agenzie immobiliari in zona. Vi racconteranno che il prezzo medio per gli appartamenti si sta abbassando e che ci sono parecchie compravendite. Detto così potrebbe apparire come un segnale positivo ma non lo è: significa che la gente vende per andare via. E il quartiere, sempre più, si spopola e finisce per snaturarsi».
Luca Pelagatti
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