Gente di campagna
Il sidro di mele che l’enologo Filippo Valla produce dal 2011, valorizzando un’antica tradizione delle nostre montagne, nel Parmense si chiama da sempre “el ven ed pom”.
«Pigio mele - spiega - anziché uva: il prodotto finale, fermentato dal succo, è un po’ meno alcolico». Nel laboratorio cantina del podere “Casarola”, ottanta ettari costellati di meli centenari a Tre Rii di Beduzzo di Corniglio, ha “messo a frutto” gli studi e l’esperienza con l’azienda “Tre Rii”. Bevanda molto diffusa nei paesi nordici, dalla bassa gradazione alcolica, tra i 4° e gli 8°, «si produce come il vino, ma si beve come una birra», cui è comparabile anche nel pezzo per il consumatore. «L’idea - così Valla - mi è venuta in una formidabile annata per le mele, chiedendomi cosa fare di questi “pom” di montagna così piccoli, acidi, tannici. Caratteristiche che le rendono mele inadatte al palato ma perfette per la vinificazione: usando gli attrezzi che avevo in casa, mi sono arrangiato. Il risultato è stato così soddisfacente da portarmi a lasciare il lavoro da dipendente e dedicarmi a questo. Alle mie, aggiungo le mele che mi conferiscono volentieri altri poderi della zona, dove restavano spesso sulle piante. Quand’è stagione, sono sempre in giro con il mio Defender per la raccolta».
Il sidro dei “Tre Rii”, venduto online, in mercati locali e fiere di vini naturali, è anche un formidabile richiamo per la parallela attività di Valla: il suo B&B viene frequentato spesso da ospiti inglesi, che amano questa bevanda e sanno di trovarla in tavola. «E pensare che io non lo avevo mai assaggiato, nemmeno durante gli anni di Erasmus universitario in Inghilterra», commenta divertito.
La storia di questo nettare stuzzicante è intrecciata all’album dei ricordi del territorio. «Fino - racconta l’enologo - agli anni ‘50 e ‘60, periodi di povertà assoluta e grandi migrazioni verso la Francia e l’Inghilterra, chi rimaneva s’ingegnava. Dai 600-700 metri, dove la viticoltura non è più praticabile perché fa troppo freddo, si usavano queste mele, inadatte ad essere mangiate, per la sidrificazione.
La tradizione pian piano è scemata: la montagna si è spopolata a favore delle città e, nel contempo, sono cresciute cantine di grandi dimensioni che riuscivano a produrre vino, come il lambrusco, a prezzi bassi». Ben tornato, dunque sidro: nome straniero per una bevanda nostrana.
«L’etimologia - prosegue Villa - è anglosassone. Nei mercati mi dicono “eh veh el ven ed pom». Con 10mila bottiglie annuali all’attivo, Tre Rii è capofila della sua riscoperta. «C’è un po’ di fatica: una mela rispetto ad un grappolo è dolce la metà e rende altrettanto. La soddisfazione però non manca: il mio sidro di mele selvatiche, sano e naturale, piace. Devo ammettere che anche io lo bevo molto volentieri».
Claudia Olimpia Rossi
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