L'assessore regionale Mauro Felicori
L'unione fa la forza, soprattutto in ambito culturale. E' questo il concetto che ha in mente Mauro Felicori, assessore regionale alla cultura e al paesaggio dell'Emilia Romagna, per risolvere una volta per tutta i problemi di gestione, e di fruizione da parte del pubblico, del castello di Torrechiara. Lo sottolinea più volte dopo avere risposto alle interrogazioni che, in assemblea legislativa regionale, hanno presentato sul futuro del complesso fortificato parmense Fabio Ranieri della Lega da una parte e Matteo Daffadà (Pd) e Pasquale Gerace (Italia dei Valori) dall'altra. Richiesta di chiarimenti recapitate all'assessore dopo che a dicembre, in pieno periodo natalizio, la mancanza di personale aveva rischiato la chiusura del castello alla domenica (interruzione del servizio scongiurata solo grazie alla disponibilità dei dipendenti che hanno rinunciato ai permessi di legge pur di non interrompere l'attività). In più c'è la prospettiva di un ulteriore taglio dell'organico nei primi mesi di quest'anno per alcuni pensionamenti che andrebbero a gravare non solo sulla normale apertura al pubblico ma anche sul regolare funzionamento dei cantieri per la tutela e conservazione del sito.
L'assessore Felicori non nasconde i problemi riscontrati dalla Direzione regionale nei mesi scorsi e, nella risposta ai consiglieri regionali, evidenzia anche come si resti «in una situazione di notevole difficoltà, posto che l'apertura al pubblico è uno dei requisiti minimi di un sito culturale». Da qui la proposta, già circolata ma ora confermata in un atto ufficiale, di «unire Torrechiara al Complesso della Pilotta».
Assessore Felicori da dove nasce la sua proposta?
«Da tempo vado ripetendo che i musei minori (per taglia ovviamente) si devono aggregare a quelli maggiori, già autonomi come gestione, o per vicinanza territoriale o per materia. Nel caso specifico di Torrechiara questo può avvenire proprio con il Complesso della Pilotta. Ritengo che il castello ne trarrebbe grande giovamento e rafforzerebbe l'immagine di quel “sistema storico-culturale ducale” che, secondo me, è il “prodotto” da coordinare e promuovere a livello internazionale.
Quando ero direttore della Reggia di Caserta aveva proposto la stessa cosa per i piccoli musei archeologici presenti sul territorio. Per dare loro più valore avevo indicato come referente o la stessa Reggia, che avrebbe avuto la funzione della Pilotta per Torrechiara, o il museo archeologico di Napoli così da creare un insieme di siti culturali con un importante fulcro centrale. È la stessa idea che propongo ora per Parma e il castello».
In concreto cosa potrebbe offrire la nuova gestione che lei propone?
«Tutti i musei statali che grazie alla riforma Franceschini del 2014 sono stati resi autonomi hanno registrato una grande accelerazione nella propria attività, una dinamicità che ha portato ad avere più eventi, più investimenti e, alla fine, più visitatori. La formula dell'autonomia, anche se il personale resta ovviamente dipendente del ministero, si è insomma dimostrata molto efficace con un aumento delle presenze dal 10 sino al 30 per cento. Così è stato anche per il Complesso della Pilotta che avrebbe gli strumenti per aiutare quei musei di dimensioni più piccole, come il castello di Torrechiara, che sono rimasti esclusi da questo movimento innovativo. Ora è il momento di mettere il piede sull'acceleratore».
Il ministero della cultura pensa invece di istituire uffici a livello regionale.
«È un passo avanti rispetto allo status attuale, perché si va anche in questo caso verso l'autonomia, ma come potrebbe Bologna seguire in modo efficace un sistema di oltre 20 musei che va da Piacenza sino a Rimini? Come si fa a governare un sistema che si snoda su 270 chilometri con realtà assai diverse fra loro. L'aggregazione territoriale o per materia è sicuramente più utile».
Per il suo progetto va raggiunta quindi l'intesa con il ministero?
«Il dialogo con il ministero e con il ministro Sangiuliano è costante. Tutto il sistema lavora perché ci sia una convergenza istituzionale per il bene della cultura. Come assessore ribadisco però anche la volontà e la disponibilità a cooperare con il ministero per individuare e testare anche nuove forme di coordinamento in materia di tutela e valorizzazione del nostro patrimonio culturale, a prescindere dall'appartenenza statale o meno. E in questa ottica siamo convinti che la Regione, insieme a tutte le altre componenti della Repubblica, possa svolgere un ruolo significativo».
Come successo per Villa Verdi?
«A Villa Verdi abbiamo fatto proprio così. Il ministero la acquisirà, ma poi saranno gli enti territoriali a gestirla e ad arricchirla. Fin dall'inizio di questo progetto era chiaro che si doveva lavorare tutti assieme. Dovremo ripeterci anche per il castello di Torrechiara».
In che modo?
«L'unione con il Complesso della Pilotta non esclude il contributo che potranno dare gli enti locali, come, ad esempio, il comune di Langhirano. Sarebbe utile ricominciare l'approfondimento avviato nel 2020 con l'amministrazione comunale per favorire concrete prospettive di sviluppo in termini di visitatori e di una gestione più attenta e flessibile alle richieste e alle potenzialità di sviluppo in termini di visitatori e di una gestione più flessibile e attenta alle richieste e alle potenzialità che il territorio esprime. Ma non c'è solo il comune di Langhirano».
A chi pensa?
L'associazione dei Castelli del Ducato potrebbe essere un referente importantissimo per la gestione di Torrechiara. Un'associazione attivissima sui social con video, post, recensioni, insomma tanta visibilità. Per Torrechiara invece non c'è nulla».
L'unione fa la forza...
«Dobbiamo pianificare territorialmente e culturalmente. Io penso che per Parma, come per Piacenza, è il momento di tornare a parlare di Ducato. È un termine a cui tengo molto. Pensiamo ad esempio a quel sistema che collega Torrechiara con i boschi di Carrega, con la rocca di Sala Baganza con i tesori enogastronomici quali prosciutto e Malvasia oppure le Terre Verdiane con la già citata Villa Verdi, la casa natale del Maestro, il museo Guareschi, lo splendido teatro di Busseto, il tutto accompagnato dal Culatello. Sono tesori preziosissimi che possono crescere ancora rispetto a quanto si sta già facendo in sinergia con la Provincia di Parma e i comuni».
Non dimenticando poi la Reggia di Colorno.
«Parma sta facendo un grande lavoro sulla Reggia e c'è un ottima intesa con la Provincia e con il sindaco. L'obiettivo è creare una rete di cui Colorno sarà patrimonio chiave, dovrà avere un ruolo fondativo di un percorso museale unico. Come importanza io vedo la Reggia al fianco della Pilotta».
Quali allora gli interventi che avete programmato?
«Prima di tutto completare il restauro del piano nobile, che già di suo è un museo di inestimabile bellezza, e per questo ci siamo attivati per avere i finanziamenti dal Governo. Secondo vogliamo arricchire le collezioni che sono custodite al suo interno e siamo in contatto con diversi musei italiani perchè ci diano in comodato quei tesori che erano a Colorno e che i Farnese si sono portati via una volta lasciato il Ducato di Parma. Sarà di fatto “un ritorno a casa”. Ma sarà molto importante dare continuità a questo lavoro. Perché se ogni volta che cambia l'assessore o i dirigenti si muta strategia non si faranno mai passi in avanti. Dobbiamo tutti avere l'umiltà di sapere che stiamo facendo un lavoro importante per il territorio ma che saranno poi altri ad inaugurarlo. Solo così potremo raggiungere il nostro obiettivo».
Ha accennato prima a Piacenza. Cosa potrebbe offrire alla realtà di Parma?
«Un piano efficace di marketing territoriale sulla cultura, che rilancia il tema del Ducato, dovrebbe essere fatto da Parma assieme a Piacenza. Piacenza è una realtà meno conosciuta, ma sta dimostrando una dinamicità che potrebbe giovare all'intero territorio. Lavorare assieme aiuterà tutti».
Giuseppe Milano
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