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CORTE D'ASSISE

Omicidio di Gaione, il pm chiede 30 anni per Gorgan

Omicidio di Gaione, il pm chiede 30 anni per Gorgan

di Georgia Azzali

23 Gennaio 2024, 03:01

«Ascoltami, vi avevo avvisato ieri che se non mi aveste portato mia figlia, oggi mi avreste portato in galera. E oggi ho ucciso un uomo». La telefonata di Constantin Gorgan ai carabinieri, quella sera del 5 luglio 2022 dopo aver ammazzato Vitalie Sofroni, rimbomba nell'aula del processo nelle parole del pm Ignazio Vallario. E' un'eco agghiacciante, nonostante il tempo passato. Nonostante la freddezza dei verbali. Era stato Gorgan a chiamare il 112 mentre a piedi, con la compagna e la figlia, stava tentando un'improbabile fuga dal parcheggio di strada Fontanini dove aveva appena affondato un coltello nel petto di Vitalie. L'amico, moldavo come lui, che l'aveva aiutato a trovare lavoro come corriere nella ditta del fratello e poi si era improvvisamente trasformato in un nemico. Nel rivale che aveva avuto la «colpa» di ospitare Mariana, la sua compagna fuggita da casa con la figlia di 9 mesi perché stanca di botte e umiliazioni. Un omicidio premeditato, ma anche aggravato dal fatto di essere stato commesso in occasione dei maltrattamenti nei confronti di Mariana, secondo il pm. Così come sarebbero provati i reati di violazione di domicilio, minaccia e porto abusivo del coltello. Le aggravanti hanno il peso dell'ergastolo, ma il pm, tenendo conto del fatto che la difesa ha detto sì alla quasi totale acquisizione degli atti e del comportamento processuale, ha chiesto la condanna a 30 anni, con la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti.

Tre ore per ripercorrere le scene principali di un «tragico film», così l'ha definito il pm durante la requisitoria davanti alla Corte d'assise, presieduta da Alessandro Conti. L'epilogo drammatico di una storia cominciata nel 2020, quando Constantin e Mariana si conoscono su Facebook: lei vive ancora in Moldavia, ma a novembre di quell'anno decide di venire in Italia. Un rapporto sereno, però la situazione sarebbe mutata dopo la nascita della bambina. Gorgan era spesso ubriaco e avrebbe cominciato ad avere un comportamento ossessivo e violento nei suoi confronti. «Le prime botte? Nel giugno del 2022, in cucina: un forte schiaffo perché lei gli aveva detto che se ne sarebbe andata», sottolinea il pm. Che poi si sofferma anche sul colpo al labbro che Mariana avrebbe ricevuto da Gorgan il 3 luglio, il giorno in cui decide di andarsene per rifugiarsi da Vitalie.

Quella prima sera dormirà dalla famiglia vicina di casa di Vitalie. E già il giorno dopo, dal balcone, vedrà il compagno sotto casa. L'aveva trovata, ma già 24 ore prima Gorgan aveva cominciato a tempestare le forze dell'ordine di telefonate per «denunciare» l'allontanamento della compagna. «E richiama anche il 4 luglio dicendo: “Visto che non avete fatto nulla, ho trovato io la mia compagna. Domani mi prendete in galera” - spiega il pm -. E il 5, il giorno dell'omicidio, comincia a telefonare già di prima mattina dicendo “perché non avete riportato mia figlia?”».

Tutti elementi che non lascerebbero dubbi sulla premeditazione, secondo il pm. Che ha fatto riferimento anche ai chilometri percorsi a piedi da casa fino in via Montanara, dove si era arrampicato sul balcone per entrare nell'appartamento e trascinare via Mariana e la bambina: quasi un'ora con un coltello in tasca, eppure non ha cambiato idea. Vitalie, 39 anni, è stato accoltellato con un colpo in pieno petto. Ma tutt'altro che trascurabile sarebbe anche l'affilatrice per coltelli che i carabinieri hanno ritrovato subito dopo sul tavolo della cucina di Gorgan.

Lui che anche ieri era in aula, seduto accanto all'avvocato Gaetano Sacco. Lo sguardo spesso rivolto in basso, solo qualche sussurro al difensore. Aveva parlato durante la scorsa udienza chiedendo perdono, pur ribadendo di non aver avuto l'intenzione di uccidere. E nei giorni scorsi Gorgan ha fatto arrivare ai giudici una lettera in cui chiede «una sentenza giusta».

Una sentenza che dovrebbe far cadere le aggravanti, secondo il difensore. Che sui maltrattamenti e la premeditazione ha concentrato la sua arringa. «Sono gli stessi testimoni che ci parlano di qualche singolo episodio - sottolinea -. Il reato di maltrattamenti prevede un comportamento frequente che si perpetua nel tempo e non è questo il caso. La foto che Mariana si è scattata il 3 luglio mostra un volto tumefatto, mentre è il vicino di casa a dire che ha visto solo una ferita al labbro. Mi chiedo dunque da dove sia uscita quell'immagine».

Gorgan, inoltre, sarebbe anche stato convinto che ci fosse una relazione tra Mariana e Sofroni, benché non sia emerso alcun elemento in questo senso. «Ma non c'è stata alcuna premeditazione, semmai una preordinazione - sottolinea Sacco -. Perché si porta il coltello? Perché anche se sa che Vitalie non è in casa, teme la sua reazione successiva. La sua e anche quella del vicino, con cui c'erano già stati problemi nei giorni precedenti per motivi di lavoro. E poi se voleva uccidere Sofroni, perché non aspettarlo a casa, invece di andarsene con Mariana e la bambina? Quando poi Sofroni lo raggiunge nel parcheggio di via Fontanini, Gorgan dice “non avvicinarti”. Poteva dire “vieni”, se avesse voluto ucciderlo».

Ma è bastato un unico colpo. Straordinariamente preciso.

Georgia Azzali

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