Negozio chiuso da natale
Caso Mercatopoli Parma Centro, i clienti iniziano ad organizzarsi per provare a recuperare i loro crediti e gli oggetti che hanno lasciato in conto vendita. Non è la prima volta, dall'inizio dell'anno, che la Gazzetta si occupa della chiusura - e, finora, mai più apertura - del noto mercatino dell'usato di via Calestani, laterale di via Chiavari. Da non confondere con Mercatopoli Parma Sud, stesso marchio ma gestione differente, di Alberi di Vigatto, aperto invece regolarmente.
Chiuso
Il punto di via Calestani, infatti, è chiuso da Natale e, come ha spiegato uno fra i clienti che hanno sollevato il caso, «ad oggi non sappiamo ancora nulla». Sulla porta d'ingresso dell'esercizio commerciale una decina di giorni fa era comparso un cartello che aveva riacceso la speranza di molti, in cui si spiegava che il negozio era chiuso per «motivi tecnici fino al 15 gennaio». Ma il cartello è ancora lì e il 15 gennaio è passato senza che niente di nuovo accadesse.
«Class action»?
E così adesso c'è chi ha pensato a una autoconvocazione per provare a percorrere una sorta di «class action», termine inglese che significa un'azione legale collettiva per ottenere un risarcimento. Nessuna azione, almeno che si sappia, finora sarebbe stata intrapresa. Ma l'idea di trovarsi per valutare il da farsi potrebbe essere un primo passo. Un passo che potrebbe già avvenire domani pomeriggio quando, come viene spiegato alla Gazzetta, «ci si potrebbe dare appuntamento davanti a Mercatopoli Parma Centro per parlarsi e cercare una soluzione per recuperare soldi e beni. Vediamoci, contiamoci - è l'appello - e vediamo».
Chi lo lancia scende nei dettagli di questo appuntamento. «Venerdì (domani) alle 18,30 davanti al negozio di via Calestani - è la proposta -. Io ci sarò e dico a chi leggerà questo articolo di venire in modo da riuscire, tutti assieme, a capire cosa possiamo fare per venire a capo di questa situazione. Anche perché è ormai quasi un mese che non sappiamo più nulla».
Telefoni muti
«Abbiamo contattato il negozio a più riprese - ripercorre la vicenda - utilizzando sia il numero fisso che quello di WhatsApp ma senza mai ottenere risposta. Stesso discorso per le e-mail».
Agire in proprio potrebbe, infatti, non essere la soluzione migliore. Meglio provare a organizzarsi. «Io ad esempio devo riscuotere 170 euro - spiega - e per recuperarli non avrebbe senso che mi rivolgessi da solo a un legale perché, parlo per ipotesi, potrei trovarmi a dover spendere molti più soldi di quelli che dovrei recuperare. Ma se un gruppo di persone si unisce, allora sì che potrebbe ottenere un risultato. È un'ipotesi da valutare».
Viavai continuo
«Anche perché credo - aggiunge -, dal viavai continuo che ho sempre visto di fronte all'ingresso le volte che ci sono passato, di non essere l'unico. Penso, avendo parlato con diverse persone nella mia situazione, che a questo appuntamento saremo in parecchi. So per certo che altri devono riscuotere dei crediti o recuperare il materiale che hanno lasciato perché fosse venduto e non hanno nessuna intenzione di “regalarli”».
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