Nuova udienza
Ha parlato chi aveva tentato disperatamente di strappare via la piccola Sofia da quella trappola d'acqua. Ha parlato il medico legale confermando il raggelante verdetto.
Parole mormorate, sguardi che si abbassano di fronte alle foto dell'autopsia. La mamma di Sofia che non ce la fa, abbandona l'aula in lacrime.
Eccola, ancora. La sequenza di quel maledetto 13 luglio 2019 - Sofia Bernkopf, 12 anni, trascinata sott'acqua da un bocchettone di aspirazione di una vasca idromassaggio del Bagno Texas di Marina di Pietrasanta - si materializza ancora davanti agli occhi. Insopportabile.
E' durata quasi dieci ore, la nuova udienza del processo nel Tribunale di Lucca che vede imputati Elisabetta e Simonetta Cafissi, titolari dello stabilimento, i rispettivi mariti e datori di lavoro, Giampiero Livi e Mario Marchi, i bagnini Thomas Bianchi ed Emanuele Fulceri oltre a Enrico Lenzi, fornitore e installatore della piscina idromassaggio. Per tutti, a vario titolo, l'accusa è quella di omicidio colposo.
«E' stata un'esperienza molto dura - mormora Edoardo Bernkopf, papà di Sofia - è stato come essere nuovamente spettatori impotenti di quella tragedia; ci siamo immedesimati nella paura e nella disperazione che la nostra bambina deve aver provato quando si è accorta che i capelli le impedivano di riemergere e di respirare».
Sofia, che un istante prima giocava nell'acqua, rideva felice - quel sorriso che ormai conosciamo dalle foto di quella meravigliosa bambina - e di colpo si è trovata con il viso imprigionato sotto 80 centimetri d'acqua, i capelli rimasti incagliati nella bocca d'aspirazione dell'impianto di ricircolo dell'idromassaggio.
In quella piscinetta, lo hanno scritto i tecnici dopo aver esaminato gli impianti, era installata una pompa con una «forza di aspirazione smisurata» tanto da mettere in pericolo chiunque si fosse immerso. A maggior ragione uno scricciolo come Sofia.
Nell'udienza, davanti al giudice Gianluca Massaro, sono sfilati i testi indicati dal pubblico ministero, Salvatore Giannino, e dalle parti civili difese dall'avvocato Stefano Grolla del foro di Vicenza. Sono stati ascoltati i capitani della Guardia Costiera Giovanni Calvelli e Fabrizio Frascella, intervenuti all'epoca per la prima attività investigativa: hanno riferito che le riprese delle telecamere di sorveglianza, nonostante la tempestiva notifica di sequestro all'azienda che le deteneva, non sono state consegnate.
Toccanti le testimonianze dei ragazzi che erano presenti al momento della tragedia. Quell'estate avevano 15 anni, ora sono giovani uomini. Ha parlato Matteo Biondi, il primo ad accorgersi di quello che stava succedendo, a correre da lei: ha tirato fuori la piccola Sofia dall’acqua, strappandole addirittura una ciocca di capelli, nell'impossibilità di liberarli dalla bocca d'aspirazione. Nel corso dell’udienza è stato ascoltato Stefano Pierotti, il medico legale che ha eseguito l’autopsia: ha confermato il nesso di causalità tra la morte della piccola e l’annegamento, dovuto, come è emerso anche dalla ricostruzione dei fatti fornita dai testimoni oculari presenti quel giorno, all’aspirazione dei capelli nella bocchetta della vasca.
Quei drammatici istanti non li dimenticherà mai Tiziano Ceragioli, un medico che si trovava in un bagno limitrofo, il primo cercare di salvare Sofia. «Mi chinai su di lei e provai in tutti i modi a rianimarla procurandomi anche delle ecchimosi alle ginocchia. Proseguì sino all’arrivo dell’ambulanza perché il giorno precedente mi era capitato di salvare un ragazzino che frequentava un altro stabilimento balneare nella zona. Purtroppo le due vicende erano completamente diverse».
«Un dolore straziante anche per me - ha chiosato Ceragioli - che a distanza di quattro anni ho ancora negli occhi quella scena». All'uscita dall'aula dibattimentale, i genitori di Sofia gli hanno voluto stringere la mano e l'hanno abbracciato.
La prossima udienza si terrà il 19 febbraio.
r.c.
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