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IL CASO

L'idromassaggio sotto accusa per la morte della piccola Sofia

L'idromassaggio sotto accusa per la morte della piccola Sofia

di Roberto Longoni

20 Febbraio 2024, 03:01

I tecnici che per primi esaminarono la piscinetta dei bagni Texas all'indomani della tragedia si concentrarono subito sulla bocchetta di aspirazione dell'idromassaggio «dalla forza smisurata». A distanza di quattro anni e mezzo, lo stesso concetto è stato ribadito ieri in aula a Lucca, davanti al giudice Gianluca Massaro, dall'ingegner Orsini e dai suoi collaboratori, consulenti della Procura. «L'impianto non era a norma - hanno sottolineato -. La potenza aspiratrice della bocchetta che ha intrappolato i capelli della piccola Sofia superava di oltre dieci volte il limite consentito dalla legge». Che la forza di questi impianti abbia un limite di legge sembra già un dettaglio di non poco conto.

Il nucleo del processo per l'assurda morte di una bambina appena affacciata alla vita è qui. Ancora quella vasca, quella maledetta vasca, e non potrebbe essere altrimenti. Sofia Bernkopf, arrivata da Parma con i propri genitori, ci si era immersa sorridente il pomeriggio del 13 luglio 2019, per uscirne strappata a forza e troppo tardi da ciò che l'aveva annegata in 80 centimetri d'acqua, agonizzante, condannata a spegnersi in ospedale con i suoi 12 anni. Per oltre tre ore Orsini ha parlato delle caratteristiche dell'impianto, davanti a Edoardo e Vanna Bernkopf, come sempre presenti in aula, condannati al dolore a vita da quel 13 luglio in cui per loro si spense il sole a Marina di Pietrasanta.

Se possibile, ogni tappa del processo non fa che acuire il loro strazio. Ascoltare le testimonianza li rende «di nuovo spettatori impotenti di quella tragedia - ha rivelato il padre al termine della scorsa udienza -. Ci siamo immedesimati nella paura e nella disperazione che la nostra bambina deve aver provato, quando si è accorta che i capelli le impedivano di riemergere e di respirare». Ieri, l'angoscia si è riproposta. A esaminare per primi l'ingegnere sono stati il pm Salvatore Giannino e l'avvocato Stefano Grolla, che assiste i coniugi Bernkopf costituiti parti civili.

Poi, il fuoco di fila del controesame delle difese. Orsini ha risposto ai difensori di Elisabetta e Simonetta Cafissi, titolari dei bagni Texas di Marina di Pietrasanta, dei rispettivi mariti e datori di lavoro, Giampiero Livi e Mario Marchi, dei bagnini Thomas Bianchi ed Emanuele Fulceri e di Enrico Lenzi, fornitore e installatore della piscina idromassaggio. Tutti sono accusati, a vario titolo di omicidio colposo. Innumerevoli i tentativi degli avvocati di sollecitare il consulente del pm a trovare cause alternative per la morte di Sofia. Orsini non ha esitato nel ribadire le proprie certezze. E ha ricordato con dovizia di particolari l'incidente probatorio, durante il quale si era misurata la potenza della bocchetta di aspirazione. Sofia non ebbe scampo: i suoi lunghi capelli vennero risucchiati e lo sforzo di chi riuscì a liberarla dopo infiniti minuti fu tale da strapparle dal cuoio capelluto le ciocche imprigionate. Anche un adulto che si fosse trovato nelle sue stesse condizioni non sarebbe riuscito a sottrarsi da solo da quella trappola, ha ipotizzato l'ingegnere. «Nei filtri dell'idromassaggio - ha aggiunto - attraverso la stessa bocchetta di aspirazione erano stati risucchiati cuffie, fermacapelli e anche tessere di rivestimento della stessa vasca».

«Dopo la deposizione dei consulenti tecnici della Procura - ha dichiarato Edoardo Bernkopf a fine udienza - le responsabilità degli imputati, a vario titolo, si fanno sempre più consistenti ed emerge in maniera chiara ed evidente come la morte della nostra bambina si sarebbe evitata se l’impianto del Bagno Texas fosse stato a norma. Speriamo che l'esito di questo processo susciti la dovuta attenzione, per evitare altre tragedie simili, che sono purtroppo incredibilmente numerose». Il processo è stato aggiornato all’11 marzo. Si proseguirà con l’esame dei testi dell'accusa.

Roberto Longoni

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