L'intervista
In Eurolega la sorpresa che nessuna fra le big della palla a spicchi a livello continentale si sarebbe aspettata risponde al nome di Virtus Segafredo Bologna. In questa competizione le posizioni di vertice le «Vu Nere» le hanno legittimate a suon di vittorie (come non sottolineare la striscia di undici perle consecutive nel fortino della Segafredo Arena), parecchie delle quali dipinte con i colori di una esaltazione collettiva vivificata da rimonte e vulcaniche esplosioni di entusiasmo scatenatesi all'ultimo respiro. È una favola corale, quella della Virtus Bologna. Con tanti protagonisti. Se il presidente Massimo Zanetti è l'ispiratore, coach Luca Banchi l'impavido condottiero e capitan Marco Belinelli l'intramontabile trascinatore in campo, il ceo Luca Baraldi è il direttore d'orchestra.
Parmigiano d'adozione, artefice vent'anni fa - insieme all'allora commissario straordinario Enrico Bondi – del miracoloso salvataggio del club gialloblu, traghettato verso lidi più sicuri dopo la tempesta del crac Parmalat, Baraldi è il fuoriclasse della scrivania. Colui che con visione, competenza e straordinaria lungimiranza traccia la strada maestra, scrivendo ora un nuovo capitolo della gloriosa storia virtussina. Quasi si schermisce, Baraldi, quando gli elenchiamo i suoi meriti. Indiscutibili. Ieri a Parma, oggi a Bologna. «Alla Virtus sto mettendo a frutto le metodologie operative, in termini di gestione e approccio alla parte tecnica, acquisite nel corso delle precedenti esperienze manageriali. Parma resta la più intensa di tutte, il punto più alto della mia carriera: una sfida complessa che, al di là dei rapporti umani instaurati, mi ha lasciato dentro la soddisfazione di aver contribuito a riportare il club ai livelli che questa piazza merita. Abbiamo onorato tutti gli impegni assunti, lottando per la qualificazione in Champions League e conquistando una miracolosa salvezza. Ci abbiamo messo il cuore, tutti».
Baraldi asserisce di essere ormai «alla fine» del suo percorso professionale. Ma il ritmo scandito dalle sue parole tradisce quel fuoco dentro che il progetto Virtus, in lui, accende e alimenta nel quotidiano. «Negli ultimi cinque anni, Coppa Italia esclusa, la Virtus ha vinto tutte le competizioni cui ha preso parte: Champions League, Eurocup, scudetto, tre supercoppe italiane. Se qui ho messo a frutto le esperienze precedenti, Parma compresa, significa che qualcosa di buono l'ho fatta...» sorride.
Stasera in Eurolega affrontate il Valencia: cosa potrà dire questo match?
«Degli otto che restano, è uno spartiacque: per mantenere la nostra presenza tra le prime sei in classifica e guadagnarci la possibilità di accedere direttamente ai play-off ci basterebbe mantenere lo stesso rendimento avuto fin qui. Dovremmo vincerne quattro. Non è semplice, ma la nostra squadra è abituata a certe pressioni».
Non c'è il rischio che la delusione in Coppa Italia abbia lasciato scorie negative?
«No, è già alle spalle. La Coppa Italia arriva in un momento della stagione dove non vince il più forte ma chi ha la condizione migliore: l'epilogo, con Napoli vittorioso su Milano, lo dimostra. Col Valencia sarà il momento della verità: la sosta è stata salutare per recuperare forza ed energie, mentali soprattutto. Vogliamo i play-off in Eurolega e la finale scudetto».
Da dove nasce questa Virtus che incanta l'Europa?
«Siamo partiti con l'obiettivo di migliorare il pur onorevole quattordicesimo posto della passata edizione. In Eurolega, livello tecnico e fisicità hanno un impatto diverso rispetto ai campionati nazionali. Alla mia proprietà e agli addetti ai lavori ricordo che l'Olimpia Milano alle sue prime partecipazioni in questa competizione era arrivata ultima o penultima».
Delle tante partite vinte, in casa e fuori, quali sceglie?
«Quelle suggellate all'ultimo tuffo. Non è una metafora casuale se pensiamo allo straordinario gesto atletico di Hackett contro il Bayern Monaco, in una partita che sembrava persa. I successi arrivati in rimonta dopo essere stati sotto 38', e a noi è capitato in più occasioni quest'anno, denotano un temperamento fuori dal comune. Due in particolare, entrambe col Partizan Belgrado, sono paradigmatiche del nostro cammino: quella vinta a casa loro, con una perla di Lundberg capace di gelare i 20 mila spettatori presenti, e l'altra nel ritorno, alla Segafredo Arena, con un finale sontuoso che ci vedeva a -7 a 2'46” dalla sirena».
Quanto c'è di coach Banchi in questa Virtus?
«Luca è arrivato a stagione iniziata, due giorni prima della Supercoppa italiana. Ha trasformato la mentalità di una squadra depressa da una situazione tecnica che la vedeva mortificata ogni giorno: chi allenava questi giocatori trasmetteva loro mancanza di fiducia. Il gruppo viveva un disagio psicologico profondo. Con Banchi la reazione è stata immediata: i ragazzi hanno voluto dimostrare a tutti, e principalmente a chi li criticava, che non erano quelli descritti in estate».
Su Belinelli e Hackett non troviamo più aggettivi per descriverli.
«La loro esperienza è determinante. Partiamo da Belinelli. C'è un dato della sua carriera che non viene sottolineato a sufficienza: oltre ad aver vinto l'anello, Marco ha disputato tredici stagioni in una Nba dove la vita media di un giocatore “normale” è solitamente di 4 anni e mezzo. Quando inizia a vedere il canestro, Belinelli non ha limiti: è un finalizzatore incredibile. Hackett lo chiamo il leone: incarna pienamente lo spirito della Virtus. Di se stesso dice: “Non so fare benissimo niente, ma so fare bene tutto”. La differenza la fa il suo carattere, Daniel è un leader».
Pare che il c.t. azzurro Pozzecco, su di loro, stia facendo più di un pensierino in ottica Olimpiadi.
«Mi auguro che questa convocazione arrivi, la meritano. Sono due giocatori che in Italia non hanno eguali. E non credo che Pozzecco sia molto distante da questo mio pensiero».
La crescita di un club ambizioso passa anche dagli impianti: prossimo step per voi la costruzione della nuova Segafredo Arena.
«I lavori dovrebbero partire in estate per concludersi nel 2026: sarà il primo caso di arena che lega eventi sportivi, fieristici e di spettacolo in una struttura all'avanguardia e altamente tecnologica. Prevede un investimento poderoso e il sostegno di Fiere di Bologna. Questa sinergia per noi è una certezza granitica, senza la quale non potremmo sviluppare i nostri business. Gran parte del fatturato della Virtus è concentrato proprio nel ticketing: in Italia siamo la squadra che incassa di più. In Eurolega facciamo 9-10 mila spettatori a partita».
Con Massimo Zanetti la Virtus ha trovato una proprietà forte.
«Sta vivendo una seconda giovinezza, fatta di emozioni forti. Per dirla in maniera romantica, Zanetti è l'anima di ciò che facciamo quando andiamo in bottega».
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