Intervista
I palcoscenici di Parma è abituato a calcarli già da qualche tempo, e che palcoscenici! Come conduttore della cerimonia di consegna dei premi «Sport Civiltà» Massimo De Luca ogni anno è il padrone di casa del Regio.
Ma stavolta torna come protagonista assoluto di un «one man show» nello spettacolo «Posso battere Kennedy a golf», che va in scena giovedì sera al Teatro del Cerchio dopo il debutto all'Oscar di Milano e la partecipazione a Lugano al Long Lake Festival. Per il grande giornalista radio televisivo non è un fatto insolito, visto che proprio a Salsomaggiore aveva portato il suo primo spettacolo dedicato alla vita di Nicolò Carosio.
Come nasce questa seconda pièce teatrale?
«C'è un'origine più lontana ed una più prossima. Quella lontana è la lezione che il mio grande maestro di giornalismo televisivo Sergio Zavoli, che mi assunse al giornale radio, mi diede: parlare di sport parlando d'altro e parlare d'altro parlando di sport. Ovvero contestualizzare le storie sportive nella realtà contemporanea raccontando la vita, non lo sport come numeri, record, gol o misure. La lezione più vicina, o meglio lo spunto, viene dalla rubrica che qualche anno fa inventai per la mia partecipazione a Dribbling, e che proposi a Donatella Scarnati, che si chiamava “Salto in altro”. Prendendo spunto da uno dei servizi, mi agganciavo per fare discorsi di altro genere. La rubrica ottenne un certo gradimento sia da parte dei curatori del programma che da parte del pubblico. Per esempio prendevo spunto dalla partenza del Giro d'Italia in Ungheria per raccontare, come farò in questo spettacolo, la partita di pallanuoto delle Olimpiadi del '56 fra Ungheria e Urss un mese dopo l'invasione sovietica di quel Paese. Ovviamente in teatro posso ampliare enormemente il racconto, cosa che non potevo fare in tv. Un altro racconto riguarda l'origine del colore azzurro per le maglie delle nazionali italiane, spiegando la devozione di casa Savoia per la Madonna che è sempre raffigurata con il manto azzurro, come stabilito dal Concilio di Trento. Avendo già fatto un lavoro teatrale su Carosio, ho pensato di poter mettere insieme un po' di storie e ricavarne uno spettacolo teatrale».
Quante sono le storie raccontate?
«Quelle principali sono quattro, introdotte da quattro microfoni delle rispettive epoche. Ma in ciascuna storia si innestano altre due, tre o quattro storie. Per esempio nella storia della finale di Coppa Davis Cile-Italia, che tutti conoscono, si innesta un precedente del '75 nel calcio: la partita Lazio-Barcellona di Coppa Uefa non si giocò per l'opposizione dei sindacati contro Francisco Franco. Così come la storia che dà il titolo allo spettacolo, “Posso battere Kennedy a golf”, una frase pronunciata da Fidel Castro, mi permette di raccontare la vera storia di quella foto che vede Castro giocare a golf con Che Guevara; ma poi mi porta ad accennare alla Baia dei Porci e al discorso alla porta di Brandeburgo e ci sarà un finale a sorpresa che ovviamente non vi svelerò».
Come nasce la decisione di venire a Parma?
«Il mio legame con Parma è diventato molto forte, con mio grande piacere visto che io amo Parma. Mentre preparavo l'ultima edizione di “Sport Civiltà”, e parlavo con Francesca Strozzi e Marco Caronna, ho avuto un contatto per proporre lo spettacolo. E poi perché avendo ormai molte conoscenze a Parma mi auguro che la platea si riempia».
La conoscenza con Mario Mascitelli, direttore del Teatro del Cerchio, era nata sui campi da baseball?
«In realtà no, anche se lui conosceva me. Fra l'altro lamia prima trasferta da inviato fu proprio in occasione degli Europei di baseball del '71 qui a Parma. Da lì la lunga amicizia nata con Aldo Notari e infine il legame con “Sport Civiltà” nato nell'89 quando mi fu assegnato il premio. In seguito mi fu chiesto di fare da intervistatore ai premiati degli anni successivi fino a quando Corrado Cavazzini mi chiese di fare da conduttore e organizzatore della cerimonia. E' nata così una bella collaborazione con Marco Caronna che poi, da direttore artistico del teatro di Salsomaggiore, mi spinse a scrivere lo spettacolo su Carosio che portai proprio a Salso».
Paolo Emilio Pacciani
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