La storia
Gianni Mazza
Sono passati trent'anni. «Trenta? Di già?» ride, dall'altro capo del telefono, Gianni Mazza, con uno spirito che, in effetti, inganna il tempo che passa.
Trent'anni da quando ha iniziato ad allenare i giovani e meno giovani portieri di alcune squadre di calcio di Parma e provincia. Molti più anni, invece, da quando il calcio è diventato la sua «grandissima passione». «Sono andato in pensione da poco, ma i campi da calcio assolutamente non li abbandono - afferma il 64enne parmigiano -. Li ho già dovuti abbandonare una volta, quando mi sono ammalato, adesso non li mollo più». La malattia segna un prima e un dopo nella vita sportiva e nella vita in generale di Gianni, mentre il calcio rimane una costante capace di moltiplicare la speranza e la voglia di «tornare a vivere come prima». «Il calcio è stato la mia forza - riprende l'allenatore -, mentre ero nel letto di ospedale mi teneva compagnia, riuscivo a pensare ad altro che non fosse la malattia e mi è servito per pensare: "Devo farcela, devo tornare a fare le cose che facevo prima"».
«Il pallone», come dice Gianni, è stata per lui «una luce in mezzo a tante difficoltà» nella lotta contro la leucemia acuta. Grazie al professor Rizzoli, allora primario del reparto di Ematologia e direttore del Centro trapianti di midollo osseo, ha potuto eseguire l'intervento che gli ha regalato una nuova vita. E da lì, «dopo un periodo di pausa di cinque anni - spiega Mazza - per scongiurare qualsiasi ricaduta» è potuto tornare alla sua passione: il calcio. Non più come calciatore, ma con le nuove vesti - e quindi nuove opportunità, nuove attività e un nuovo modo di pensare lo sport - dell'allenatore: «Ho intrapreso questa carriera di allenatore nell'ambito calcistico per ritornare alla vita di sempre, ricominciare a fare le solite cose - racconta -. Posso dire di essere stato in quasi tutte le diverse squadre del settore giovanile e non solo. Ho cominciato dal quartiere Montanara, alla Ducale 61, per poi andare a Felino, in cui sono rimasto dal 1996 fino al 2019. Adesso sono alla Langhiranese ad allenare la prima categoria, ma quando posso cerco di aiutare anche i portieri del settore giovanile. Un settore che in questa squadra è davvero una realtà importante e ricca di talenti, in tutte le annate».
Una nuova sfida, però, si è messa tra lui e il «suo» sport. Negli anni della pandemia, Gianni ha ancora attraversato uno dei «momenti più bui» della sua vita. Risultato positivo al Covid, i giorni successivi si trasformano in un incubo: ricoverato in ospedale, febbre alta, il respiro che si fa sempre più corto. Solo. Solo in un letto di ospedale. Immagini che abbiamo, purtroppo, ben impresse ancora oggi nella memoria collettiva. Ed è lì, ancora una volta lottando per tornare alla sua vita, che si fa portatore di un altro miracolo quotidiano. Quando la situazione del suo vicino di letto inizia a precipitare, tra urla e tentativi di togliersi il casco per respirare, Gianni non sa cosa fare per aiutarlo. Tra lo stordimento lasciato dal Covid e le poche energie decide di pregare insieme il suo «compagno». Una Padre nostro, forse anche un'Ave Maria tenendogli la mano per «non lasciarlo andare da solo». E anche in questa occasione, in questa nuova prova di sofferenza, Gianni Mazza è riuscito a rinascere. Ora lo vediamo, lì nella foto, con il - solito, luminoso - sorriso stampato in volto e il pallone fra le mani.
Perchè per lui, il calcio è proprio una missione: è «trasmettere valori che vanno al di là del campo da calcio - spiega Mazza -. Dal rispetto per l'avversario, all'aiutare chi è in difficoltà, il rispetto per le figure adulte e l'importanza di credere sempre nelle proprie capacità». Consigli che non si trasformano nel tempo, nonostante le generazioni e i loro bisogni sembrino rincorrere il cambiamento: «Il calcio è cambiato, sia sul campo che fuori dal campo. Ci sono, però, dei valori che rimangono sempre validi, come il rispetto - racconta Gianni -. è importante fare capire a questi ragazzi che il calcio è passione, ma anche sacrificio e impregno. loro e delle loro famiglie che li supportano. Bisogna fare capire loro il valore di ciò che fanno». Sarà per questo che, ancora oggi, i suoi ex allievi, diventati adulti, lo chiamano ancora per essere allenati da lui o per chiedergli qualche consiglio: «Alcuni mi chiamano ancora oggi per rendermi partecipe dei loro progressi e mi chiedono consigli su come allenarsi o come allenare i loro allievi - commenta Mazza -: questo per me è un grande regalo ed è la cosa, alla fine, che per me conta di più: il loro affetto e la loro totale fiducia. Così vera - conclude l'allenatore - da resistere anche al tempo che passa». Oggi, come trent'anni fa.
Anna Pinazzi
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