IL CASO GIUDIZIARIO
All'inizio si parlava solo di musica, di opere, di teatro, poi è arrivato il momento di fare i conti con la giustizia - un momento durato 12 anni - e ora tocca alla politica intervenire nella lunga vicenda che ha visto contrapposte l'Orchestra del Teatro Regio alla Fondazione Teatro Regio.
I riflettori sull'annosa vicenda li ha riaccesi la Cassazione, che con un'ordinanza ha ribaltato la sentenza della Corte d'appello del 2020 accogliendo quindi - contrariamente a quanto stabilito nei primi due gradi di giudizio - la richiesta di risarcimento danni indirizzata alla Fondazione e avanzata da Enrico Maghenzani, prima amministratore delegato e poi liquidatore dell'Orchestra. Una richiesta di risarcimento presentata dopo che nel 2012, proprio la Fondazione, annullò la convenzione in essere con l'Orchestra. Federico Pizzarotti, ex sindaco ed ex presidente della Fondazione Teatro Regio all'epoca dei fatti, interpellato dalla «Gazzetta» non aveva rilasciato dichiarazioni. Non commenta la decisione della Cassazione nemmeno l'attuale presidente della Fondazione, il sindaco Michele Guerra, mentre ad intervenire, e a chiedere «adesso chi pagherà il risarcimento?», è Pietro Vignali, capogruppo in consiglio comunale della lista Vignali sindaco e già presidente della Fondazione quando era primo cittadino. Un intervento all'indomani dell'«Elisir d'amore» andato in scena al Regio con la partecipazione dell'orchestra del Teatro comunale di Bologna, un dettaglio che scatena ulteriori polemiche.
«La suprema Corte ha decretato che il “licenziamento” dell’Orchestra parmigiana in presenza di regolari contratti è risultato atto illegittimo causando un danno economico di quasi 4 milioni di euro al complesso orchestrale», fa notare Vignali, sottolineando l'aspetto economico prima di passare a quello di carattere artistico.
Già, perché ora il risarcimento milionario andrà pagato, dato che la Cassazione ha ordinato di quantificare l'importo da versare a chi ha presentato il ricorso.
«Il mancato ed immotivato utilizzo del complesso orchestrale – peraltro di buona o ottima qualità testimoniata dalle innumerevoli collaborazioni di illustri maestri direttori, tournée e registrazioni – causò notevoli difficoltà economiche ed occupazionali a tutti coloro che avevano creduto in questa straordinaria impresa artistica che dotava il massimo teatro cittadino di un complesso orchestrale semi-stabile con indubbi vantaggi e possibilità di migliorare il prodotto artistico. Complesso orchestrale che, nonostante le pressioni politiche che avevo ricevuto dalla Regione, da sindaco ho sempre difeso e tutelato e la cui estromissione ha rappresentato una delle pagine più brutte delle storia culturale recente della nostra città».
Parole forti: da sindaco Vignali avrebbe resistito alle «pressioni politiche» di Bologna. «Ora la Cassazione rimette al Consiglio di Stato la quantificazione definitiva del danno, perché accanto al valore nominale dei contratti andrà definito anche l’ammontare degli interessi maturati in ben 12 anni di mancato pagamento oltre probabilmente a spese legali». Chi pagherà? Vignali su questo punto pretende chiarezza. «Sorgono ora spontanee ed immediate alcune fondamentali domande in merito a chi sarà chiamato a rispondere e con quali risorse a questa immotivata decisione di 12 anni fa. Concludendo possiamo solo affermare che aver “aperto le porte del Regio” ai complessi artistici di Bologna, sia coro che orchestra, certamente non ha migliorato la qualità delle produzioni musicali del Regio, ma certamente ha prodotto importanti guai di natura occupazionale ed economica a Parma ed alle sue massime istituzioni. Sarebbe ora necessario fare un serio esame di quali possono essere le migliori eccellenze musicali cittadine a far tempo da un rinnovato rapporto con i musicisti parmigiani e del locale conservatorio di musica “Boito”, che certamente non è secondo a nessuno».
r.c.
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