OMICIDIO DI GAIONE
Preciso e profondo quell'unico colpo al petto. Vitalie Sofroni era morto pochissimi minuti dopo sull'asfalto del parcheggio di via Fontanini, il 5 luglio 2022. Era l'amico che l'aveva aiutato appena arrivato a Parma dalla Moldavia, trovandogli anche un lavoro come corriere, ma per Constantin Gorgan tutto ciò non era più che un ricordo lontano. Vitalie - 39 anni, moldavo come lui - era diventato il rivale, l'uomo che lo aveva allontanato dalla compagna Mariana e dalla figlia, 9 mesi appena. Amici e conoscenti, tutti hanno negato che ci fosse una relazione tra la donna e Sofroni, eppure Gorgan ne era convinto. Lo odiava e lo «riteneva l'amante della compagna», e così prima l'ha minacciato e poi l'ha ucciso «non per difendersi ma per vendicarsi», sottolinea la Corte d'assise, presieduta da Alessandro Conti, che il 5 febbraio l'ha condannato a 27 anni.
Mariana era fuggita di casa con la figlia trovando rifugio a casa di Sofroni il 3 luglio, dopo un nuovo scontro con Gorgan. Era stanca dei suoi toni duri e imperativi, dei suoi schiaffi, soprattutto quando beveva: l'aveva raccontato anche ai carabinieri, quando l'avevano raggiunta a casa di Sofroni. Ma due giorni dopo Gorgan era andata a riprendersela, arrampicandosi su un albero nel giardino del condominio di via Montanara ed entrando dal balcone. Coltello in mano, aveva trascinato la compagna e la figlia fino al parcheggio di via Fontanini, dove Sofroni, avvertito dai vicini di casa, li aveva raggiunti insieme a un amico. «Non risulta credibile che l'imputato - come da lui raccontato - si sia sostanzialmente limitato a reagire all'aggressione compiuta in suo danno da Sofroni e Zghibarta (l'amico, ndr). Trattasi di circostanza contrastante con quanto riferito da tutti gli altri testi oculari», si legge nelle motivazioni della sentenza depositate nei giorni scorsi.
Un omicidio nato dalla gelosia, «peraltro immotivata», scrivono i giudici, tanto da poter ritenere sussistenti i «futili motivi», ma il pm non l'aveva contestata come aggravante. Mariana era una «cosa propria», tanto che aveva deciso «di andarsela a riprendere a casa del Sofroni utilizzando un coltello appena affilato». Eppure, per la Corte non fu un delitto premeditato, nonostante Gorgan pare avesse reso ancora più tagliente la lama con un'affilatrice poi trovata sul tavolo della cucina, ma soprattutto avesse già fatto un sopralluogo sotto casa di Sofroni due giorni prima, vedendo Mariana sul balcone. Tutti elementi «significativi», secondo i giudici, così come le telefonate che Gorgan, 28 anni, fece ai carabinieri sia il giorno dell'omicidio che quello precedente («visto che non avete fatto nulla, l'ho trovata io», aveva urlato). Tuttavia dopo essere entrato in casa di Sofroni, se ne era con la compagna e la figlia. «Invece di attendere il rientro per ucciderlo, ha costretto la Jaman (la compagna, ndr) ad allontanarsi percorrendo una strada secondaria, probabilmente proprio nel tentativo di evitare di essere intercettato da Sofroni e da altri - fanno notare i giudici -. Inoltre, anche nel momento in cui è stato trovato da Sofroni, il Gorgan non si è lanciato contro di lui per ucciderlo, ma lo ha accoltellato solo dopo che gli si era avvicinato per bloccarlo».
Non ha retto l'aggravante della premeditazione, ma per la Corte non ci sono dubbi sul fatto che l'omicidio sia stato compiuto in occasione dei maltrattamenti, assolutamente provati, perché il racconto di Mariana è credibile. «Quanto stava facendo Gorgan nel momento in cui è intervenuto Sofroni ed è stato poi ucciso (costringere la compagna, minacciandola con un coltello, a fare ritorno nell'abitazione familiare, dopo che la stessa era fuggita a seguito dell'ennesima aggressione) rappresentava - si legge nella sentenza - l'ennesima condotta minacciosa, violenta e padronale posta in essere nei confronti della Jaman».
Omicidio «in occasione dei maltrattamenti»: un'aggravante che da sola significherebbe ergastolo. Così come sono provati gli altri reati di porto del coltello, violazione di domicilio e minacce aggravate nei confronti dell'amico di Sofroni. Ma a Gorgan, come peraltro richiesto dal pm Ignazio Vallario, sono state concesse le attenuanti generiche equivalenti, e la pena è scesa a 27 anni. I giudici gli hanno riconosciuto il fatto di aver confessato subito dopo l'omicidio, chiamando le forze dell'ordine, e di averlo ribadito durante l'udienza preliminare «manifestando di aver compreso, perlomeno in parte, la gravità delle condotte tenute», aggiunge la Corte. L'avvocato Gaetano Sacco, inoltre, ha detto sì all'acquisizione di gran parte degli atti d'indagine semplificando il processo.
Ma ora la difesa guarda all'appello. Primo obiettivo: tentare di smontare l'accusa di maltrattamenti. Ammesso che la procura non decida di fare ricorso tornando all'attacco con la premeditazione.
© Riproduzione riservata
Contenuto sponsorizzato da Media Marketing Italia
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata