Reportage sul New York Times
Due articoli e Parma è già la capitale del «genio» e del buon vivere. All’inizio di marzo, il New York Times Magazine – inserto domenicale dello storico quotidiano statunitense – aveva dedicato due pagine a Giambattista Bodoni e al Museo Bodoniano di Parma.
Una «vetrina» che, pur focalizzata su uno dei personaggi più illustri legati alla città (seppur «inquadrato» ai lettori come il creatore del font usato da Bruce Springsteen e Lady Gaga per le copertine di due dischi), era risultata inaspettata e preziosa. Oggi, a quasi un mese di distanza, a rivelare cosa ha portato la giornalista Molly Young a scrivere dello «scrigno» custodito nel Palazzo della Pilotta è stata Hilde Soliani, icona parmigiana del mondo della profumeria di nicchia, nota per gli abbinamenti tra profumo e cibo e reale motivo della trasferta transoceanica della Young.
Una visita-intervista che si è tradotta in un reportage di ben otto pagine pubblicato sulla rivista uscita domenica 24 marzo e che, oltre a «svelare» ai lettori tante sfaccettature dell’artista dei profumi, ha scandagliato la parmigianità attraverso modi e mode dei suoi abitanti visti attraverso il «filtro magico» della Soliani. E dei suoi amici. Sì perché l’occasione dell’articolo è stata anche una rilassante «reunion» di eccellenze creative attorno ad una tavola imbandita.
«Poco dopo le feste natalizie – ricorda Giancarlo Tavani della Trattoria Ai Due Platani di Coloreto -, Hilde mi telefona e mi dice: “dobbiamo trovarci con una giornalista del New York Times con Mauro (Uliassi, ndr) e l’idea è quella di fare un percorso culturale attraverso la gastronomia. Ci è venuto in mente di venire da voi”. Ovviamente abbiamo accettato con entusiasmo: avere un tre stelle Michelin nella nostra cucina è un onore, non solo un piacere. Quella che si è creata quel giorno è una situazione che vorrei avere sempre in trattoria: la cucina e la tavola diventano un mezzo per comunicare, e il buon cibo è il “completamento” di una situazione in cui si sta bene».
E oltre alle pietanze «tristellate», abbinate ai profumi della Soliani, sul New York Times finiscono anche i tortelli e il gelato, «punte di diamante» della cucina dei Due Platani. «La cosa che mi ha colpito di più è stato il controllo successivo alla stesura del pezzo. Dagli Stati Uniti siamo stati chiamati più volte per verificare la correttezza di quanto era stato scritto. Per alcune preparazioni abbiamo mandato dei video per spiegare di cosa si trattava». Sì perché di un tortello diventa complicato raccontare la consistenza del ripieno o l’effetto dello spessore della pasta. Quasi come cercare di spiegare gli aspetti evocativi di un profumo della Soliani, ovvero la sfida che ha portato la Young fino a Parma.
«Da oltre 15 anni, il mio primo mercato è quello del Nord America - premette la Soliani -. Quando la giornalista è rimasta incinta, ha iniziato a non sentire più i profumi. Un suo amico l’ha portata in profumeria per farle provare qualcosa di particolare: il primo profumo che hanno testato è stato Miss Tranchant, legato a doppio filo alla cucina di Uliassi, e quando le hanno detto “senti questo burro e ostrica” lei è rimasta allibita. Poi si è accorta che era un profumo molto innovativo e di classe. Anche se sono originali, particolari ed estroversi, i miei profumi hanno una caratteristica: devono essere raffinati».
Innamorata del profumo, Molly Young ha voluto conoscere la sua creatrice e, studiato il progetto con l’editore, si è messa alla ricerca di un contatto. «Per tanti anni ho vissuto a New York, nel Village, e per me è un’altra casa - aggiunge la Soliani -. Là ho tanti amici e una di loro è stata il “gancio”». La giornalista la contatta tre giorni prima di Natale dicendo che sarebbe stata in Italia a fine gennaio e chiedendole di essere portata nei luoghi che sono d’ispirazione per la creazione dei suoi profumi. Un percorso che porta nelle profumerie di nicchia, nel caseificio di Gennari, nella sartoria del Teatro Regio, nella cucina di casa e nella saletta dei Due Platani, dove l’amicizia è l’ingrediente che aggiunge valore. «Il primo incontro con Giancarlo era stato al ristorante: ero venuta a pranzo con mia mamma e gli avevo detto che il salame sapeva troppo di maiale. Anni dopo l’ho incontrato di nuovo alla cena della Michelin in Pilotta. Eravamo in una strettoia e gli ho chiesto: chi passa prima? E lui mi ha risposto “passi prima lei che se no dopo si lamenta” prima di ricordarmi l’aneddoto del salame. E da lì è nata una bella amicizia».
Schietta, diretta, ma anche complessa come i suoi profumi, e sorprendentemente paziente mentre fotografi, parrucchieri e truccatori l’assistono nei continui cambiamenti di scenari, oggetti e pose funzionali al servizio fotografico realizzato ieri in Trattoria. «Io sono molto “pazza”, però sul lavoro sono molto precisa - conferma la Soliani -. Quando ho deciso di creare i profumi a livello professionale ho bussato alla porta di 10 maestri: otto mi hanno detto che a 40 anni era meglio che continuassi a fare quello facevo prima; due hanno creduto in me e mi hanno aiutato. Se sono arrivata anche a certi livelli è grazie a loro, che mi hanno detto di non perdere tempo con certe materie prime, mi hanno indicato le quantità giuste per arrivare ad un accordo armonico, suggerito i migliori fornitori». E, un passo alla volta, con caparbietà, costanza e genio - e senza scendere a compromessi con se stessa - ha saputo creare profumi emozionali, creare connessioni inaspettate e convincere il mondo con il suo talento.
Chiara De Carli
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