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Nuovo Tardini: la partita finale è sulla concessione

Nuovo Tardini: la partita finale è sulla concessione

di Giuseppe Milano

05 Aprile 2024, 03:01

45, 60 o 90 anni. Sono questi i numeri attorno a cui ruota l'ultima partita ancora da giocare per il nuovo stadio Tardini. Dopo l'ok definitivo della Conferenza dei servizi è questo il nodo finale da sciogliere con le parti, al momento, ancora distanti. La scelta spetta alla seduta del Consiglio comunale in programma il prossimo mese di maggio. All'ordine del giorno, in quella data, ci sarà la variante urbanistica e proprio il diritto di superficie. La prima delibera sarà fondamentale per permettere al progetto di Kyle Krause di contenere gli spazi commerciali (circa 20mila metri quadri, comunque ridotti nell'ultimo progetto presentato a febbraio), la seconda indicherà invece per quanti anni l'impianto sarà gestito dal club crociato con il Tardini che, di fatto, diventerà uno stadio privato come quelli già esistenti in Italia a Torino, Bergamo, Udine o Reggio Emilia.

La richiesta del Parma

Il club crociato non ha mai fatto segreto di puntare ad una concessione di 90 anni. La richiesta nasce anche dai precedenti, sia italiani che europei. Le amministrazioni comunali che hanno chiuso l'accordo per la cessione dello stadio ad un privato hanno infatti quasi sempre concesso il massimo possibile di anni, ovvero 99. Lo ha fatto per primo il comune di Torino con la Juventus e, a ruota, Udine e Cremona con Udinese e Cremonese. Unica eccezione a Frosinone dove il «Benito Stirpe» è stato dato in concessione al club di casa solo per 45 anni, ma qui ha pesato il costo ridotto dell'opera (20 milioni) oltre ad un finanziamento bancario del 40% dell'importo totale del cantiere. A Parma, lo ricordiamo, l'intero progetto sarà a carico del gruppo Krause senza alcun tipo di contributo pubblico e da qui anche la necessità di tempi più lunghi per ammortizzare l'investimento previsto.

La volontà del Comune

L'amministrazione Guerra penserebbe invece ad un tempo decisamente più breve. È scritto, nero su bianco, nella mozione di maggioranza votata in consiglio nel marzo del 2023. In quel documento Pd, Effetto Parma, Lista Guerra e Sinistra Coraggiosa ribadirono la necessità di «una consistente e sostanziale riduzione della durata della concessione». Indiscrezioni parlano di 60, 65 anni anche se parte della maggioranza avrebbe preferito scendere a 45.

Dialogo aperto

Le due parti comunque si sarebbero già confrontate su questo tema, insomma un accordo è possibile e non andrebbe ad inficiare il rapporto di collaborazione che ha permesso a Comune (amministrazioni Pizzarotti e Guerra) e Parma calcio di portare a termine l'iter progettuale in tempi quasi record, visto anche quanto sta succedendo in altre realtà italiane. Un'intesa «cristallizzata» lo scorso primo aprile anche dalla Conferenza dei servizi che ha chiuso i lavori senza presentare nuove osservazioni. Dalla Conferenza solo molte prescrizioni di tipo tecnico sul cantiere: dalla sicurezza alla movimentazione dei materiali, dai servizi di controllo alle modifiche viabilistiche. Ma nulla di più. Il nuovo Tardini insomma non sarà più cambiato e ieri, a testimonianza della bontà del progetto, è arrivato da Roma anche l'ok del Coni.

L'ottavo stadio «privato»

Parma si prepara quindi ad essere l'ottavo impianto sportivo italiano gestito da un ente privato. A fare da apripista (in netto ritardo rispetto alle altre esperienze europee) è stata la Juventus che nel 2010 ha ottenuto l'area dal comune per 25 milioni di euro andando poi a costruire il suo stadio con una spesa complessiva di 100 milioni. Il club bianconero introita dallo stadio 66 milioni all'anno pari al 13% del proprio fatturato. Numeri decisamente più bassi, ma comunque ugualmente importanti, anche per Udinese e Atalanta. La società friulana, grazie ai circa 10 milioni di entrate dal Dacia Arena, è ritornata in attivo; a Bergamo invece si punta a sfondare il tetto del 15% dei ricavi dallo stadio sul fatturato complessivo del club. Numeri incoraggianti ma ancora lontani da quello che succede in Europa dove uno stadio di proprietà può fruttare anche il 25, 30% dei propri introiti. A questo guarda il Parma che punta ad avere uno stadio aperto sette giorni su sette con grandi spazi pubblici, nuove attività commerciali ma con importanti entrate soprattutto da pubblicità e aree hospitality, il vero business di uno stadio moderno. Oltre ad un auspicato aumento degli abbonati.

Giuseppe Milano

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