IL MAGO DEGLI ASSEGNI
Una passione e una «specialità» che coltivava ormai da tempo. Vini e birre, i suoi alcolici preferiti, anche se per la verità non necessariamente di alta qualità. Più orientato alla quantità, anche se alla fine non sborsava nemmeno un centesimo, perché gli assegni con cui pagava erano solo carta straccia. Tra novembre 2019 e giugno 2020 era riuscito a farsi consegnare - gratis - 600 bottiglie di vino e 1200 bottigliette di birra (quelle da 33 cl) «pagando» in totale poco più di 4.500 euro con due assegni contraffatti. Originario della provincia di Piacenza, 64 anni, ieri è stato condannato dal giudice Paola Artusi (pm Antonella Destefano) a 1 anno e 3 mesi, oltre a 150 euro di multa, per truffa e sostituzione di persona. Nel febbraio del 2020 si era fatto recapitare a casa anche un'altra grande quantità di birre, rifilando alla ditta un assegno scoperto da 1.933 euro, ma in questo caso il giudice ha dichiarato il «non luogo a procedere» perché la querela non era stata presentata correttamente.
Una lunga esperienza, oltre che un curriculum con altre condanne per lo stesso reato, tanto da avere sulle spalle una recidiva specifica negli ultimi cinque anni. Eppure, ancora in azione, almeno fino al 2020.
La tecnica? Identica, almeno per quanto riguarda i blitz di quel periodo finiti al centro del processo. Si presentava ai titolari delle ditte parmigiane con un falso nome, dicendo che era interessato all'acquisto di quantità importanti di vini o birre, fingendo anche di dovere spesso gestire grandi smerci di alcolici. E negli anni aveva affinato le capacità di persuasione nei confronti dei suoi interlocutori. Che mai si erano mostrati perplessi per il fatto che ogni volta volesse pagare con assegni, anche perché le quantità ordinate erano significative. A prima vista, inoltre, quei pezzi di carta erano perfetti. Nessun dubbio aveva sfiorato i rivenditori: solo portando gli assegni all'incasso, avevano scoperto che erano contraffatti.
Poi non hanno potuto fare altro che denunciare la beffa subita. E per gli investigatori non è stato difficile risalire al nome dell'(arcinoto) truffatore. Che, comunque, non ha sborsato nemmeno un euro per saldare almeno una parte del suo debito.
G.Az.
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