Personaggio
«Questo libro è nato prima di tutto a uso personale». Ci sono infiniti motivi per scrivere un libro, ed elaborare un lutto è senza dubbio uno di questi. È stato così per Stefano Bianchi, giornalista e critico musicale: «Poco prima che morisse - spiega -, tra noi fan circolava la voce che David Bowie stesse poco bene, ma quando è uscita la notizia della morte ho pensato che fosse una fake news: aveva compiuto gli anni tre giorni prima, sembrava incredibile».
Invece era vero. «Ma del resto una persona come lui non poteva che uscire di scena così». Ed è così che ha preso forma il desiderio che ha portato a «My David Bowie», un libro «il cui titolo dice tutto: non ho voluto fare la classica biografia di Bowie, ma raccontare il mio Bowie, quello che ho avuto la fortuna di conoscere e intervistare diverse volte». Così, in un caleidoscopio di interviste e recensioni scritte in circa 15 anni, si costituisce una vera e propria «guida all’ascolto», spiega Bianchi, oltre che al personaggio di Bowie. Intorno a questo libro - presentato alla Galleria Centro Steccata, nell’occasione della chiusura della mostra dell’artista Patrick Moya - è nato un ricco dialogo tra l’autore e l’artista, cantautore e pittore Ivan Cattaneo, con al centro la figura immortale di Bowie. Un artista che, con le parole di Cattaneo, «è stato il primo a “vestire” la musica, a dare un’immagine al suono. Anche prima ci sono state le grandi band con un loro stile, ma era qualcosa di accidentale, Bowie è stato il primo a studiarlo, e ha dato il via a un fenomeno che ha riguardato alcuni dei più grandi artisti degli ultimi decenni».
E se nel libro si può vedere questo lato di Bowie - quello che lo ha reso una leggenda -si può scoprire l’artista anche più a fondo, con la possibilità di dare uno sguardo nella sua persona. Il che lo rende, come spiega Bianchi: «un libro per chi non conosce Bowie, ma anche per chi lo conosce, che permette di coglierne sfumature più difficili da percepire, e che ho avuto modo di esplorare conoscendo Bowie col tempo». Come quella volta in cui «gli regalai un libro su Boccioni, di cui Bowie era un grande fan. Avevo pochi minuti per l’intervista, e David li passò quasi tutti a saltare di gioia per il mio regalo, non iniziavamo più e il tempo passava. Per fortuna David disse al proprio Press Office di avere pazienza e riuscimmo a fare l’intervista, questo fa capire che tipo di persona fosse». Una persona che, si percepisce, è entrata nel cuore di Stefano Bianchi: «Avrò ascoltato l’ultimo album di David due volte, è troppo difficile ascoltare quei testi».
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