EDITORIALE
Le vertenze giudiziarie in merito ai prodotti finanziari stipulati dalla finanza come i derivati, gli otc (over the counter), e tutti gli altri che costituiscono l'arsenale di una finanza troppo spesso da rapina, sono una bolla enorme che sembra ci possa soffocare e che ha riempito i portafogli delle banche, delle imprese e dei privati. Le figure professionali che promuovevano queste verità sconosciute anche da loro sono assimilabili agli «sciamani».
Ma ora stanno emergendo, anche, le vere responsabilità delle banche d'affari sulle quali per troppo tempo si è lasciato correre; i dati erano noti da tempo, ma ora all'improvviso sembra che la punta dell'iceberg cominci ad apparire. Negli anni il Dipartimento di Giustizia Usa ha condannato a risarcimenti record le principali banche d'affari americane per comportamenti fraudolenti nella gestione dei sub-prime che avevano causato la crisi da cui le stesse banche erano state salvate, mettendo in carico al debito pubblico il costo dell'operazione (ma se è così perché allora erano state salvate?)
Il tema dei derivati, dopo i sub-prime è ancora più devastante perché sono stati i primi prodotti «innovativi e sicuri» ad inondare i mercati con una crescita esponenziale
Nel 1989, prima della finanziarizzazione dell'economia reale erano 1/20 del Pil mondiale, nel 1999, due anni dopo i Nobel a Merton e Scholes proprio sui derivati (1997), sono diventati il doppio del Pil mondiale ed a quel punto, pur di fronte al rischio potenziale di devastazione finanziaria, Greenspan li ha deregolamentati totalmente ed in 10 anni sono arrivati ad essere 20 volte il Pil mondiale con una concentrazione altissima. Infatti il 95% delle transazioni mondiali sono in mano a 5 banche d'affari Usa . Per gli altri, come gli Otc emessi sul mercato senza controllo, si parla di un volume in essere di oltre 5 milioni di miliardi .
Gli Usa hanno dettato una exit-strategy dalla crisi finanziaria basata sull'inondazione di liquidità, l'unico modello culturale che conoscono, insomma hanno curato un tossicomane aumentando le dosi ed adesso si trovano con una massa monetaria incalcolabile senza vere contropartite reali. La finanza sconosciuta ai più ha sempre promesso guadagni facili come se fosse un gioco senza penalità, così si è ingigantito il debito che tocca negli Usa i 35.000 miliardi ed hanno dato il via ad un fenomeno inflattivo non facilmente governabile come dimostra la Fed di Powell con un indebolimento del dollaro che vede diminuite le transazioni globali fatte con la sua moneta sotto l'attacco aggressivo dei Brics.
Ma se crolla il dollaro, con un'economia costruita sulla delocalizzazione e quindi sull'importazione, una sua svalutazione farebbe crollare i consumi interni. Di chi è la colpa di questo disastro culturale? Le responsabilità sono da addossarsi solo all'incapacità di dette amministrazioni, nel caso italiano, o in generale anche al contesto culturale che nel tempo ha contribuito a fare diventare tali strumenti una sorta di verità incontrovertibile?
Per ora, anche di fronte alla difficoltà da parte della Giustizia di condannare i creatori di illusioni come i bitcoin, sembra più facile attribuire le responsabilità del disastro creato dalla finanza opaca ai singoli soggetti che si sono illusi o meglio sono stati illusi da campagne pubblicitarie senza controllo.
In questo modo si continua ad evitare di mettere in mora un contesto culturale che ha contribuito a rendere gli operatori, le banche d'affari e gli studiosi dell'Accademia una sorta di «sciamani della finanza», cioè guaritori imperscrutabili e magici dotati di un potere vitale da non mettere in discussione. Proviamo, dunque, a chiarire il perimetro vero delle responsabilità.
Certamente una classe politica inidonea, moralmente e culturalmente, al ruolo di conservazione del bene comune, ma più propensa alla raccolta del consenso a breve ed alla massimizzazione del proprio bene si è messa nella situazione di «incapace» oggetto di circonvenzione, che però rimane un reato. Quindi le responsabilità cominciano da loro, ma è stato steso davanti a loro un magico tappeto da percorrere che garantiva il basso livello di rischio.
Il contesto culturale in cui ci si è mossi, però, sembrava in grado di garantire un rapporto rischi-benefici assolutamente profittevole. A partire dal premio Nobel alla finanza 1990 a Markovitz, si è cominciato ad attribuire alla stessa una sorta di alone di verità incontrovertibile; l'economia che nasce come strumento per la «polis» (l'economia politica) assume, sempre più, una sua dimensione autoreferenziale e diventa sovraordinata alla «polis» le cui istanze vengono ignorate.
L'economia e la finanza vengono studiate con l'abito mentale delle scienze positive e quindi solo con l'uso determinante delle scienze esatte in una scienza che nasce e rimane, invece, una scienza sociale e morale; la natura dell'uomo è determinante nelle sue scelte ma viene ignorata. Gli studi assumono sempre più una connotazione scientifica in cui l'asimmetria informativa diventa uno strumento di potere in mano agli addetti ai lavori e crea una posizione di sudditanza culturale nei confronti dei terzi. Il tema della simmetria informativa era il fondamento che «definiva» la razionalità dei mercati (Lucas, Nobel nel 1995) perché gli operatori a parità di informazioni decidono allo stesso modo: falso! Il decidere allo stesso modo presuppone che gli operatori non siano condizionati dal contesto socioculturale in cui operano .
La parità informativa, poi, sta per simmetria informativa che si verifica nella condizione mitologica della concorrenza perfetta, ma nella realtà il contesto finanziario è oligopolistico quindi opposto alla simmetria informativa che non esiste; ma se anche si volesse provare a crearla il fine della massimizzazione del profitto non può consentire tale via e la deve escludere.
Un simile contesto di asimmetria informativa ha caratterizzato una drammatica situazione alla fine degli anni '50 quando venne messa sul mercato la «Talidomide», un farmaco per le donne in gravidanza con un ottimo rapporto rischi-benefici rispetto ai barbiturici in uso. Il farmaco, però, era stato sperimentato solo su cavie non gravide, contrariamente alle finalità applicative ed i risultati furono drammatici perché le donne incolpevoli che lo avevano assunto partorivano neonati amelici e focomelici. Di chi era la colpa? Delle donne che avevano assunto il farmaco, dei medici che li avevano prescritti o dei creatori del farmaco che l'avevano patentato come verità? In presenza di simmetrie informative il parere accademico diventa determinate per dare verità all'oggetto e contribuire a creare la fiducia delle pazienti.
La ditta tedesca produttrice del farmaco ha costruito, lo scorso anno, un edificio come memoriale e scusa alle vittime dopo 40 anni, speriamo di non dovere aspettare tanto tempo anche per altri simili problemi perché, come diceva il grande J.M. Keynes, nel lungo tempo siamo tutti morti.
Sul tema della finanza e dei suoi prodotti le responsabilità ricadono anche su coloro che, involontariamente o no, hanno contribuito a creare una falsa verità. La politica, la finanza e l'accademia devono cominciare a rispondere delle loro responsabilità. E' necessario riflettere bene sugli errori passati ed evitarne la ripetizione soprattutto quando l'evidenza di quella dinamica in uso sembra avere solo peggiorato i problemi. Il dissesto a cui siamo di fronte è stato causato da uomini e non da eventi naturali ed imprevedibili e questi uomini, spesso si sono laureati nella migliori università. Che valori morali si insegnavano in quelle università? Che responsabilità hanno questi uomini ed i loro maestri che hanno contribuito a metterci in questa drammatica situazione? Sarà bene cominciare a pensarci perché sbagliare è umano ma perseverare è diabolico e, oggi, a maggior ragione non è accettabile.
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