Dopo il suicidio in carcere
Da qualche giorno era stato trasferito nel reparto di massima attenzione. Non c'è rimasto a lungo: l'altra sera ha fatto un nodo e si è lasciato cadere. Quando è stato trovato era troppo tardi.
Era nato a Palermo e aveva appena 25 anni l'ultimo detenuto che si è tolto la vita nel carcere di via Burla. Trasformare la morte in statistica è crudele: ma stiamo parlando del secondo caso nel 2024 e del quarto in un anno.
Un dato che lascia sgomenti - probabilmente si tratta dell'incidenza più alta tra gli istituti di pena nazionali - e che ricorda, se ce ne fosse bisogno, che le carceri stanno esplodendo e che i reclusi vivono un malessere ormai esplosivo. E non si tratta di una esasperazione: i casi di risse, aggressioni, furti e autolesionismo aumentano. Così come le morti.
Anche il giovane suicida, pochi giorni prima, era stato responsabile di una aggressione ai danni di un agente della polizia penitenziaria e per questo era stato collocato in una sezione per detenuti con problematiche di sicurezza. Evidentemente non è bastato.
Quello della nostra città, d'altra parte, è un carcere che vive da molto tempo una situazione tesa: diventato un istituto destinato, in particolare, ai reclusi livelli di sicurezza elevata - qui c'è il 41bis e il il 66% degli ergastolani della regione si trova a Parma - ha visto ridurre progressivamente la capienza per coloro che sono invece inseriti nel circuito di media sicurezza. Che però restano tantissimi così come molti sono coloro che vengono trasferiti qui vista la presenza di un servizio di assistenza sanitaria intensificata e di una sezione minorati fisici.
«La situazione può essere compresa analizzando i dati - spiega Roberto Cavalieri, garante regionale delle persone sottoposte a misure limitative o restrittive della libertà personale.- In Emilia Romagna la presenza media dei detenuti è di 3.466 persone, con un tasso di sovraffollamento in media del 114%. Ma i numeri, per quanto eloquenti non dicono tutto: perché stiamo parlando di persone. I detenuti di oggi sono molto diversi da quelli del passato: sono molto più fragili. Ecco perché occorre agire per intercettare le debolezze di questi reclusi dando loro una prospettiva per il futuro. Per farlo non basta l'amministrazione carceraria e sanitaria ma servono azioni anche da parte dei Comuni per migliorare, ad esempio, il reinserimento».
In assenza di questo impegno continueremo ad aggiornare le statistiche. E ad aggiungere nomi alla lista di chi si è tolto la vita.
Luca Pelagatti
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