Condanna
Breve la loro relazione: un paio d'anni o poco più, senza che non fosse nemmeno mai stata avviata una stabile convivenza. Ognuno il proprio lavoro, ognuno il proprio domicilio. Concluso il loro rapporto - in modo consensuale, senza particolari tensioni né strascichi - a obbligare i due ad avere ancora contatti rimase la figlioletta nata un annetto dopo l'inizio della loro unione. La bimba fu affidata alle cure della madre, e lei per il bene della piccola si impegnò a fare in modo che il suo ex partner la vedesse senza difficoltà. Anzi, in più occasioni avrebbe anche messo a disposizione il proprio appartamento al padre della bimba affinché potesse trascorrere comodamente con lei tutto il tempo che voleva.
Per un paio d'anni parve che la situazione venisse affrontata da entrambe le parti con un discreto equilibrio. Poi, però cominciarono i problemi: e colui che fino ad allora per una parmigiana sulla trentina era stato il proprio compagno oltre il padre della figlia divenne una sorta di persecutore. Dall'ex compagno, a sua volta parmigiano, lei cominciò a ricevere critiche sempre più sgarbate oltre che pretestuose. La donna da lui veniva accusata pesantemente per la conduzione della propria vita privata, ma soprattutto finiva sulla graticola per il modo del tutto sbagliato - ovviamente a dire dell'ex - con il quale allevava e curava la figlioletta.
A un certo punto, all'uomo le parole non bastarono più: e così cominciò anche ad alzare le mani sulla madre della propria bambina. Le aggressioni si sarebbero ripetute svariate volte, ma le prime lei non le avrebbe denunciate nella speranza che si trattasse di episodi isolati e, soprattutto, per evitare che ci fossero ripercussioni sulla figlioletta.
Un'illusione, quella della donna: lui non solo si dimostrava sempre più nervoso e aggressivo, come se di lei non gli andasse più bene proprio nulla, ma - sempre secondo le accuse - era ormai arrivato ad aggiungere ai propri scatti violenti frasi di questo tenore: «Ti do fuoco. Ti faccio sparire...». L'aggravarsi della situazione alla fine avrebbe convinto la donna a chiedere aiuto alle forze dell'ordine. L'episodio per il quale la donna decise di non soprassedere avvenne in un parco nel quale lei aveva incontrato l'ex compagno per fargli incontrare la figlioletta. Lui ebbe ancora una volta da ridire su qualcosa e di nuovo non si limitò alle critiche, colpendola alle braccia. Lei a quel punto decise finalmente di presentarsi al Pronto soccorso, spiegando l'origine di quelle lesioni guaribili in tre giorni, ma ancora più dolorose perché subite sotto gli occhi impauriti della figlioletta. Il passo successivo fu la denuncia del presunto responsabile.
Ieri, la chiusura del primo atto della parte giudiziaria di questa vicenda. Imputato per minacce e lesioni, l'uomo, oggi 41enne, è stato condannato a nove mesi di reclusione dal giudice Giuseppe Monaco, dopo che il pm Rino Massari ne aveva chiesti dieci.
Roberto Longoni
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