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NEGOZIO STORICO

Casa del Biscotto: dopo 66 anni chiude il tempio dei dolci

Casa del Biscotto: dopo 66 anni chiude il tempio dei dolci

di Lorenzo Sartorio

24 Giugno 2024, 03:01

Più che un negozio era la fetta dolce di un mondo fiabesco fatto di caramelle, cioccolatini, bonbon vari, torroni, biscotti e chi più ne ha (di goloserie) più ne metta. Un mondo piccolo, come una fettina di torta, fatto di delicatessen ma anche impastato di tanta parmigianità. Ebbene, questa appendice di «Paese dei balocchi» calata nel cuore di Parma, la mitica Casa del Biscotto di via Goldoni, chiuderà definitamente i battenti sabato 29 giugno. Infatti il titolare, Stefano Gazzola, pramzàn dal sas äd bórogh Bartàn, «tirarà zò la saracinésca con un grand magón», confida al cronista.

Un amore antico per i dolci, quello di Stefano ambulante di dolciumi, per anni, in mercati importanti. Figlio d’arte, il padre Egidio gestiva un banco di dolci davanti al Regio dove «al spacäva i bloch äd cicoläta cól maràs», Stefano, approda in via Goldoni nel 1990 a fianco della moglie Daniela (scomparsa tre anni fa) che aveva rilevato l’esercizio nel 1982, ma che fu aperto nel 1958 in Strada Mazzini per poi trasferirsi in via Oberdan prima dell’ultima sede in via Goldoni.

Un coppia vincente sia nella vita che nel lavoro, quella composta da Stefano e Daniela, che incontrò da subito il gusto dei parmigiani mettendo a loro disposizione un negozio dove i vari clienti potevano servirsi scegliendo i dolci tipo self service. In questi giorni è stata una continua processione di clienti nell’isola dolce di via Goldoni: giovani, anziani, uomini e donne che non si capacitavano delle chiusura della mitica Casa del Biscotto ma, più che altro, che Stefano si adeguasse a fare il pensionato.

Un pensionato in piena forma, Gazzola, in quanto continuerà a dedicarsi, con quel fisico asciutto e atletico, ai suoi passatempi di sempre: palestra, camminate e bici. Ma la clientela, in quel negozio che profumava di vaniglia e cioccolato, era abituata a sentire le battute in verace «djalètt pamzàn» di uno che non poteva non esprimere la parmigianità «pu s'cètta» essendo nato nel borgo tra i più parmigiani della città, «bórogh Bartàn», per poi trasferirsi da ragazzo con la famiglia in un altro borgo simbolo della Parma vecchia, all’ombra del campanile del duomo, borgo Montassù, dove anche le antiche pietre dei palazzi parlano il nostro dialetto.

«Sono davvero dispiaciuta» ci confida Silvia, dottoressa in legge, originaria di Mantova ma ormai da tanti anni a Parma. «Qui dentro ho comprato per Santa Lucia i primi pezzi di carbone per i miei bambini, gli addobbi dolci per l’albero di Natale le calze della Befana». Il coro è unanime e nessuno fa «stecca».

Episodi curiosi in questi anni? «Tanti» confida Stefano. «Ma uno mi piace ricordarlo in particolare, perché riferito ad una vecchina che, nonostante l’età l’andäva cme 'na schèggia, e che mi portò via ben 6 colombe che avevo esposto davanti al negozio. L’ho rincorsa in via Mazzini e lei candidamente mi confessò che le aveva prese per regalare ai vicini di casa. Me le restituì pregandomi se potevo lasciargliene due. E cosi ho fatto parchè, povrètta, la m’éra simpatica».

Stefano ricorda con nostalgia i vicini di negozio di allora: il Centro Svizzero, la fiorista, il bar, la simpatica Paola Schmidt titolare di «Discoteca 33», il gelataio Manna e l’albergo Toscano. E i gusti dei parmigiani come sono in fatto di dolci? «I parmigiani - sostiene Gazzola- sono “pernigottiani”, perché amano tantissimo il torrone Amor Pernigotti a differenza dei reggiani, modenesi e piacentini che sono “sperlariani”, ossia prediligono il torrone Sperlari».

Nascoste come anziane accoccolate sulla poltrona con lo scialle sulle spalle, ci sono le caramelle retrò al rabarbaro, orzo, tamarindo e sambuco. «Le ho sempre tenute - precisa Stefano, che in questi anni si è avvalso della preziosa collaborazione della figlia Jessica - per rispetto di qualche anziano che me le richiedeva». Ricordi dal passato come la «Terra di Cattù», una sorta di pietrisco dolce alla liquirizia che ancor ora affascina ex ragazzi degli anni ‘60 e ‘70.

Fanno capolino, tra le scansie, alcuni residui di Befane, Sante Lucia, cuori rosso corrida di San Valentino, scheletrini di Halloween, mentre sono archiviati definitamente i panettoni natalizi, le colombe e le uova di cioccolato. «Mi piace ricordare - aggiunge Stefano - che il sindaco Ubaldi, tutte le vigilie di Santa Lucia, passava dal negozio per acquistare un dolce a caso. Gli ricordava l’infanzia quando con la mamma, per Natale, veniva ad acquistare il torrone». E poi ci sono i confetti di tutti i colori e di gusti per nascite, cresime, battesimi, matrimoni. «E ànca divòrsi äd colòr nigor. Són 'drescarsär!» sogghigna Stefano. Dolci e simpatia, dunque, alla Casa del Biscotto basti pensare alle parole di un ragazzo bengalese, cliente abituale. « Mi spiace tanto che chiudi» dice rivolto a Stefano. E Gazzola, stringendo l’occhio al cronista: «Scrìvva ch' a són dvintè internasjonäl».

Lorenzo Sartorio

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