Intervista
Wagner in piazza Duomo a Parma potrebbe quasi sembrare una provocazione. Invece è un modo molto emozionante di coronare e concludere il Festival Toscanini.
Già nel pomeriggio di domani, alle 17, si terrà la tavola rotonda «Wagner e Toscanini» all’Auditorium Ape di via Farini, con la conduzione di Enrico Girardi. Il programma del concerto in piazza Duomo alle 21.30 includerà musiche tratte da «Tannhäuser», «Parsifal», «Tristan und Isolde» e «Die Walküre», oltre al ciclo dei cinque Wesendonck-Lieder con Gerhild Romberger come contralto. Sul podio salirà un direttore prestigioso e strettamente legato al compositore tedesco come lo statunitense Kent Nagano.
Wagner a Parma?
«All’inizio ho pensato a Parma e a Wagner: ho avuto dei dubbi. Poi ho riflettuto sul rapporto tra Toscanini e Parma e sulle idee progressiste che aveva riguardo alla musica di Wagner nel suo periodo, cercando di portarlo fuori dall’idea comune che si aveva di lui, provando a renderlo più universale. Con questa ottica di Toscanini, sarebbe stata una bella esperienza rivisitare Wagner, nel contesto di Parma: la musica deve essere una sfida».
Com’è il suo rapporto con Wagner?
«La mia esperienza con Wagner è iniziata negli Stati Uniti, poi ha attraversato diversi capitoli. Il primo e più importante è stato quando sono arrivato a Monaco e sono stato per diversi anni il direttore musicale generale dell’Opera di Stato della Baviera: Wagner era molto presente perché ci sono state le prime rappresentazioni di tante delle sue opere. Il rapporto tra Monaco e il Tristano è molto speciale perché si esegue quasi ogni anno dal suo debutto e per questo si percepisce una prospettiva diversa. Un altro capitolo è cominciato otto anni e mezzo fa con un ensemble che suona strumenti d’epoca, proponendo esecuzioni storicamente informate. Abbiamo deciso di guardare Wagner e fare un progetto di ricerca su di lui per cercare di capire cosa volesse comunicare. Abbiamo consultato tutte le fonti possibili, non solo quelle di Wagner, ma anche quelle dei suoi assistenti, il materiale orchestrale e le parti degli strumenti, anche a Bayreuth, per avere un’immagine più ampia. Abbiamo capito più chiaramente, così, cosa il compositore stesse cercando. Non si può parlare di interpretazione giusta o sbagliata ma è sempre importante tornate alle fonti e cercare di capire quali fossero le priorità per Wagner. È con questa idea che arrivo Parma: per quasi otto anni mi sono concentrato su Wagner, attraverso questo progetto di ricerca, per portare queste idee alle orchestre del ventunesimo secolo. Qui ho trovato una bellissima collaborazione con La Toscanini, orchestra dalla mente aperta e tecnicamente dotata, quindi, è abbastanza agevole ottenere la sonorità specifica richiesta: non una bellezza generica, ma molto fedele al testo».
La musica di Wagner è così strettamente connessa al teatro: qual è la difficoltà di eseguirla in un concerto?
«Chi può dire che la Nona di Beethoven o la Sinfonia in sol minore di Mozart non siano profondamente drammatiche? O che non lo sia la Passione di San Matteo? D’altra parte, Aida o l’ouverture di Gugliemo Tell non sono fantasticamente sinfoniche? Secondo me dobbiamo stare molto attenti a parlare di musica sinfonica o di musica teatrale perché sono strettamente connesse. In “Tannhäuser”, sicuramente è difficile dare al pubblico l’impressione dei pellegrini che si avvicinano. Non è questione di suonare piano, ma di creare una certa atmosfera. Penso che quasi tutti noi musicisti abbiamo una immaginazione molto generosa e per questo riusciamo a produrre la sonorità che serve per creare l’idea di questi diversi spazi sonori. È strano che non abbia conosciuto prima la Filarmonica Toscanini. Conosco Parma molto bene attraverso i libri, ma non c’ero mai stato. Io sono un violista e conosco molto bene Cremona, sempre attraverso i libri: avrò, così, l’occasione in questi giorni di fare anche un po’ il turista».
Giulio A. Bocchi
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