Intervista
La consolidata rassegna estiva «Musica in Castello» accoglierà la super-ospite Malika Ayane nella tappa fontanellatese di giovedì: in vista della speciale serata «Musica e Parole» abbiamo avuto il piacere di dialogare con la cantante milanese e chiederle qualche curiosità.
La prima domanda di rito è presa a prestito dal celeberrimo film del 1982 «Non ci resta che piangere»: chi siete? Da dove venite?
«Mai come oggi sono Malika Ayane ed è una cosa straordinaria perché vengo dalla somma di tutte le mie sfumature. L’essere stata Malika o solo l’Ayane o la Mali: tutte le personalità che mi hanno attraversata, la loro somma mi porta finalmente a stare perfettamente nei miei panni».
E per quei pochissimi che non la conoscono ancora, quale sarebbe il suo biglietto da visita in questo esatto momento?
«Questa domanda dialoga con quello di cui abbiamo parlato poco fa: è un’immensa fortuna trovarmi sempre in ambienti molto diversi tra loro e avere un elemento che possa rendermi riconoscibile in ogni contesto. Ci sono dei giorni in cui risulta interessante, si ricordi che ho studiato al conservatorio di Milano oppure altri quando è molto più importante sia andata a fare dei viaggi umanitari. Mi piace avere un biglietto da visita dove posso scrivere “me stessa”: è una storia abbastanza lunga e ci sono state dentro tre vite, per cui non penso ce ne sia una sola in particolare a identificarmi».
Parlando di attività umanitarie, lei ha contribuito a innumerevoli progetti eppure non racconta spesso questo suo importantissimo impegno.
«Io penso che la rivoluzione sia opera della società civile: l’ho sempre pensato e sempre lo penserò. Se stare in giro dieci giorni da “famosa” nelle zone più remote del Marocco può servire alla Ong con cui ho collaborato, è comunque vero che i fondi sono versati dalle persone comuni perché la società civile muove i cambiamenti. È importante sia un’associazione o una onlus a servirsi di quello che io posso fare per loro, non serve a me per farmi dire se sono brava e chiunque lo faccia per guadagnare in profilo secondo me è una brutta persona».
Delle tante sue sfaccettature, non si può non citare la rilevanza in quanto icona Lgbt italiana: come vive il rapporto col mondo queer di cui è madrina?
«Ironicamente dico sempre che se dipendesse dagli uomini etero sarei probabilmente disoccupata, ma aldilà delle battute mi sono sempre sentita vicina a certe sensibilità. Ci sono ancora delle disparità e tante cose che non funzionano: mi viene spontaneo avvicinarmi alle persone che si trovano svantaggiate nella scala dei diritti. Inoltre il fatto di essere in teatro da quando ero piccola o comunque in ambienti dello spettacolo mi ha avvicinato più spesso a rappresentanti della comunità rispetto ad altre persone con percorsi diversi. La vedo in un senso estremamente politico: ho scelto spesso di partecipare negli anni a pride piccoli dove magari c’era maggiore bisogno e auspico il momento in cui non sarà necessario rivendicare la diversità».
Giovedì porterà a Fontanellato la sua ultima fatica musicale: com’è nato il singolo «Sottosopra»?
«Non l’ho mai detto a nessuno: questo brano è nato nel maggio del 2022 mentre ero in una fase di totale trasformazione. Ero uscita dalla mia etichetta storica e avevo interrotto una lunghissima relazione sentimentale che coinvolgeva anche la mia professione. Possiamo chiamarla una fase di rinascita ma in realtà sarebbe una cavolata perché non si muore mai: noi siamo sempre in costante evoluzione nel rotolare attraverso la vita. Quel momento in primavera a Parigi indossando gonne a fiori era quello di una persona che si trova totalmente senza reti. Stavo finalmente capendo che la libertà è possibile se si fanno rispettare i propri confini che hanno un valore preziosissimo. A volte serve correre con la testa sotto l’acqua e stare lì ad aspettare che passi la fase in cui non si può respirare in autonomia».
L'appuntamento è a Fontanellato in piazza Garibaldi. Malika Ayane sarà accompagnata da un trio acustico. L’evento, in collaborazione con Avis Fontanellato. Ore 21.30 ingresso libero.
Alessandro Frontoni
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