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«I sordi si considerano sempre di più come una minoranza linguistica e culturale. La minoranza sorda è piccola, ma è visibile e il suo tentativo di un giusto riscatto è stato quello di far riconoscere la lingua e il diritto alla lingua, perché senza la lingua non si esiste. Da lì passa il diritto a essere riconosciuti nella propria esistenza e non come udenti sbagliati». Davide Astori, docente di Linguistica generale, Interlinguistica, Lingua romena e Sign Language Linguistics dell’Università di Parma, quando deve descrivere la sordità lo fa nell’unico modo possibile: parlando di lingua, di mediazione e di cultura, esattamente come accade con tutte le lingue «altre».
Astori è docente incaricato per l’istituzione del corso di laurea a orientamento professionalizzante in «Interprete in lingua dei segni italiana (Lis) e Lingua dei segni italiana tattile (List, acronimo inList», presente nell’offerta formativa dell’Ateneo cittadino dall’anno accademico 2023/2024, che dal prossimo autunno si accinge ad accogliere altri 15 studenti.
Le iscrizioni, infatti, a numero chiuso, si sono aperte l’8 luglio e chiuderanno alle 12 del 2 agosto. «Questi corsi sono nati a seguito del riconoscimento della lingua, due anni fa - spiega il docente, ricordando che, al momento, le università in cui è possibile accedere a questo corso di laurea, oltre a quella di Parma, sono La Sapienza di Roma, la Bicocca e la Statale di Milano -. L’anno scorso abbiamo ricevuto 53 domande per 15 posti, numero che abbiamo scelto appositamente per seguire al meglio le persone e per rispetto della formazione e della professione. I 53 che abbiamo conosciuto l’anno scorso hanno dimostrato competenza e di ognuno di loro andrebbe raccontata la storia (sorride, ndr)».
Come confermato da Astori, per il colloquio non è richiesto alcun requisito particolare, perché la finalità è quella di valutare chi sarà in grado di «riversare» nella società il meglio di quanto appreso, restituendo il senso (anche etico) che si porta dietro un corso di questo tipo.
«Il nostro corso si appoggia sulla L2, mediazione linguistica: con i sordi noi facciamo la stessa cosa, proponendo corsi in cui si parla la lingua e si fa cultura - ha continuato il professore -. Abbiamo pensato a una formazione che veda l’interprete imparare la lingua e la cultura di un popolo, perché loro si riconoscono come tale. In inglese, c’è una parola particolare che definisce la sordità, che è la deafhood, in cui c’è l’identità e la comunità e noi abbiamo deciso che il nostro impianto di corso dovesse essere questo. L’interprete ha a che fare anche con delle difficoltà, per questo deve essere un mediatore».
Il sogno, che già lentamente si può osservare, per il docente, è quello di contaminare i mondi attraverso le lingue, creando buone pratiche e liberando lo studio della Lis da stereotipi lontanissimi dal quotidiano di chi quella lingua la parla abitualmente. «Questo corso deve creare dei professionisti che lavorino per dare servizi migliori - ha chiarito Astori, sottolineando, per esempio, come non ci siano ancora interpreti Lis nei principali servizi pubblici o come siano in netta minoranza le aziende e le realtà in grado di proporre sportelli ai sordi che, invece, devono adattarsi al mondo udente -. Dall’anno scorso (cioè dall’avvio del corso, ndr) abbiamo fatto attività di terza missione aperte al pubblico, eventi per la cittadinanza ed è diventata ormai un’abitudine vedere dei colleghi che, nei corridoi dell’ateneo, segnano. Questo è un buon modo per cercare di sensibilizzare. Si tratta di corsi impegnativi, ma che portano davvero cultura dell’inclusione, riflessione sull’alterità e sulla qualità della società (che poi si misura in qualità della vita)».
La triennale offrirà un importante pacchetto di tirocini, perché, per Astori, fondamentale è mandare, da subito, gli studenti «a lavorare in luoghi a contatto con la sordità».
«Cerchiamo di portare nel mondo il miglior interprete possibile e credo che questo percorso, iniziato l’anno scorso e che prosegue quest’anno, sia fondamentale e necessario - ha concluso Astori -. Ricordo che un sordo non è muto, ma è una persona doppiamente parlante».
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