Intervista
Quella di Flaco Biondini è una vera anima latina e nel corso di mezzo secolo ha saputo integrarsi perfettamente sia con la canzone italiana che con la musica jazz.
Domani alle 21.30 suonerà nella Reggia di Colorno, in una serata organizzata da Colorno Photo Life e Antea, accompagnato da Giacomo Marzi al basso e Paolo Mozzoni alla batteria. Il titolo dello spettacolo, «Latineando», svela quali territori musicali saranno percorsi dal trio: «Parto dall’Argentina, la terra da cui provengo – dice Flaco – poi spazio per tutta l’America Latina perché è un grande territorio, una fonte di folclore interessantissima con tante culture diverse e una grande varietà di tradizioni da cui pescare».
Sarà come fare un viaggio attraverso le culture musicali dei paesi dell’America Latina?
«Sì, ed è anche divertente perché dedichiamo una parte all’improvvisazione, che appartiene più al jazz, così il concerto diventa una commistione di più generi ed esperienze nel quale subentra anche il gusto personale dei musicisti. Si crea la parte più divertente e creativa che è l’interplay, cioè comunicare attraverso gli strumenti. Diversamente, sarebbe noioso sia per noi che per il pubblico».
C’è una canzone o un genere particolarmente apprezzato dal pubblico italiano?
«Cerco sempre canzoni che non siano molto conosciute. Ad esempio c’è “Delicado” di Waldir Azevedo, pezzo strumentale brasiliano degli anni ‘50, quando ero un bambino. Lo sentivo ovunque ed è stato un successo mondiale ed è bellissimo ancora oggi. Ha sempre effetto sul pubblico e piace tantissimo. Cerco sempre di proporre cose nuove e, quando presentiamo cose che la gente conosce, evitiamo i cosiddetti standard, già sentiti tante volte. Inoltre, quando facciamo qualcosa di conosciuto, lo facciamo in modo latin, qualche bossa come aveva fatto Miles Davis, qualche tango argentino, qualche canzone della “nueva trova” cubana, qualche pezzo mio. Facciamo in modo che la serata sia ben articolata e per tutti i gusti».
Nella sua carriera c’è stato Guccini, ma anche quasi tutti i più grandi artisti italiani; c’è ora qualche giovane cantante col quale vorrebbe suonare?
«Non lo so perché io non seguo gli artisti più giovani, anche se mi capita a volte di vedere qualcuno in televisione. Per esempio, qualche sera fa stavamo andando a suonare a Biella e ascoltavo Radio 3. C’era un ragazzo napoletano che cantava un pezzo bellissimo ma alla fine della canzone è partita la voce del navigatore e non ho potuto sapere chi era… Sono convinto però che sia pieno di giovani di talento, che scrivono cose bellissime ma che non hanno molte occasioni di farsi sentire».
A proposito di Guccini, lei e alcuni suoi musicisti continuate a suonare le sue canzoni; la gente è ancora molto affezionata a questi brani?
«Tantissimo. Guccini, De André, De Gregori sono i capostipiti della canzone d’autore, che resterà per l’eternità perché alla musica si aggiunge il valore della poesia. Nelle canzoni si parla quasi sempre d’amore, mentre i cantautori hanno saputo azzardare argomenti completamente diversi facendoli. Sono stati capaci di raccontare storie e hanno avuto la capacità di dire quello che noi avremmo voluto dire».
Informazioni e biglietti su www.reggiadicolorno.it.
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