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Borgotaro

Giuliana Anelli, la «prof» che ha scelto la Valtaro (ed è diventata cittadina onoraria)

Giuliana Anelli, la «prof» che ha scelto la Valtaro (ed è diventata cittadina onoraria)

di Aldo Boraschi

13 Agosto 2024, 03:01

«La casa non è un posto, è un sentimento», parola di Cecelia Ahem, scrittrice irlandese. C’è chi ha fatto di questa frase una regola di vita. È il caso di Giuliana Anelli, docente di Italiano e latino. Ha preferito i tramonti appenninici al caleidoscopio di colori cittadini, le pappardelle ai funghi mangiate in osteria alla ricerca culinaria di Parizzi. Ha scelto Borgotaro, pur essendo residente a Fornovo, rifiutando il capoluogo ducale.

«Borgotaro mi ha preso da subito: la gente, i colori, i sentimenti». E il paese ha ricambiato. Non passa persona che non la saluti; per tutti ha un sorriso, una parola, un cenno gentile. Non è un caso che l’amministrazione comunale abbia deciso di conferirle la cittadinanza onoraria. «È una onorificenza che mi riempie di soddisfazione. Una medaglia per oltre trent’anni di lavoro nel Liceo di Borgotaro».

Ci sediamo in un bar. Il viso alonato da una rete di rughe, debole di maschera di una antica bellezza; dita lunghe e affusolate che svolazzano in aria per rafforzare i concetti, sdrammatizzare, schivare argomenti. Occhi scuri, che scavano, che ti frugano l’anima. «Perché ho rifiutato incarichi più prestigiosi per rimanere a Borgotaro (al Marconi di Parma, quando correva l’anno 1991, ndr)? Il fatto di essere stata subito accettata e integrata nel tessuto sociale del paese. Questo in prima battuta. Poi…».

Svolazzo di mani, gesto circolare delle dita: «Poi un filo conduttore fatto di riconoscenza che tutti i miei alunni hanno dimostrato nei miei confronti. Ancora oggi, ex studenti che hanno fatto carriera anche all’estero, vengono a farmi visita in aula per parlarmi, chiedermi consigli, attestare con un sorriso il buon lavoro fatto. Fanno pure orientamento alle quinte».

Gesto del braccio come a togliere la polvere nei ricordi e ridarmeli nuovi di zecca. «Ma non ho fatto tutto da sola. Ho avuto i miei maestri: in primis Bruno Manzotti e Angelo Angella, due grandi signori. Anche con il nuovo dirigente, Ignazio Raineri, sto lavorando bene. Perché io non mollo, eh... il prossimo anno sarò ancora al mio posto».

Il cameriere porta l’aperitivo, lei si concede una sigaretta e il discorso si incanala sulla letteratura. Mi parla di Leopardi, Cervantes, Borges. Si dilunga sulla maestria di Marguerite Yourcenar, l’attualità del Sommo Dante, la poesia sporca di Izzo. Bacchetta le mie scelte letterarie («Però Baricco è un po’ gigione, eh…»). Ripongo la penna. Poi ci ripenso e mi rendo conto che la peculiarità di questa professoressa sta proprio qui: nella seduzione culturale che ha messo in atto in tante generazioni di giovani valtaresi.

Allora riempio il taccuino di frasi e concetti che magari non servono per la redazione dell’articolo, ma sono una lezione di vita. Il tempo passa, mi lancia frasi che raccolgo al volo.

«Scrivi anche che ho una passione smodata per la musica, se vuoi. Canto in una corale di Fornovo, facciamo gospel. Adoro la Divina Callas, l’incanto di una voce imperfetta».

Il tempo stringe, ci alziamo, ci salutiamo. Me ne vado, con un retrogusto amaro in bocca; quello di un appuntamento mancato con il destino. Quello di non aver avuto, in passato, il patrimonio delle parole di questa Maestra, che di professione fa la docente e insegna la vita.

Aldo Boraschi

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