Calcio
Se le partite durassero 45', il Parma sarebbe in testa da solo a punteggio pieno dopo le prime tre giornate di serie A. Avendo già affrontato, tra l'altro, in un calendario, sulla carta, non morbidissimo, avversarie di prima fascia del calibro di Fiorentina, Milan e Napoli, tutte surclassate fino all'intervallo sul piano di gioco, ritmo, intensità e occasioni create. Tanto che i tre striminziti 1-0 a favore maturati a metà gara non hanno mai reso giustizia completamente alla qualità della manovra offensiva di Man e compagni, che con un pizzico di concretezza e cattiveria in più sottoporta avrebbero potuto archiviare, in largo anticipo, le contese.
Peccato poi, e qui iniziano le note dolenti, che ci siano da giocare anche i secondi tempi in cui, tra cali fisici, cambi affrettati, errori dei singoli (ma gettare la croce addosso a Suzuki è oltremodo ingeneroso) e discutibili decisioni arbitrali, la squadra di Pecchia non è riuscita finora a confermarsi a livelli simili e dall'ipotetico primo posto si ritrova nel gruppone di centro classifica. Detto che è fisiologicamente impossibile mantenere quella brillantezza e rapidità, di gambe e di testa, per gli interi novanta minuti (o, nel caso del Maradona, anche 106 in considerazione del maxi recupero concesso sabato da Tremolada) però fa rabbia ricevere gli applausi e i complimenti degli addetti ai lavori e portare a casa molto meno rispetto a quanto meritato sul campo. Si potrebbe pensare a un dosaggio più oculato delle energie, ma l'esuberanza e la vivacità dei giovani che non si risparmiano è uno dei segreti di questo Parma, o più semplicemente sperare in un apporto maggiore da chi subentra dalla panchina che spesso non si sta rivelando all'altezza dei titolari. E, infatti, l'unica vittoria sul Milan è arrivata sull'asse dei neoacquisti Almqvist e Cancellieri, inseriti in corso d'opera con riscontri più in chiaroscuro di fronte a Fiorentina e Napoli, che hanno riequilibrato e ribaltato lo svantaggio iniziale.
In entrambe le circostanze, la mira imprecisa di Cyprien e il miracolo di Meret sulla conclusione ravvicinata di Almqvist hanno impedito di raccogliere i risultati che sarebbero valsi la vetta del campionato insieme a Inter, Juventus, Torino, Udinese, attesa alla ripresa al Tardini, e forse non si starebbe a recriminare sulla duplice versione di dottor Jekyll e mister Hyde.
Se si analizza la ripresa di Napoli, l'undici crociato, sotto la spinta propulsiva degli azzurri, si è abbassato troppo e faticava a ripartire in contropiede come se, tutto d'un colpo, si fosse accesa la spia della riserva e il palleggio, la personalità e la sfrontatezza del primo tempo fossero rimasti negli spogliatoi. Niente allarmismi perché in fondo quota 4 in tre gare non facili da neopromossa non era affatto scontata, ma la presa di coscienza che in A conta essere continui nell'arco di tutto l'incontro e la partenza a mille all'ora, con schemi collaudati, fraseggi in velocità e verticalizzazioni improvvise, non può essere automaticamente sinonimo di punti assicurati.
Bello, giovane e leggero: se poi, al netto di fattori esterni difficilmente calcolabili (ogni riferimento a Tremolada non è puramente casuale ma non deve nemmeno costituire un alibi pericoloso), resistesse tutti i 90' e non solo 45', allora sì che l'idea di salvarsi senza grossi affanni e puntare alla parte sinistra della classifica potrebbe diventare un obiettivo realistico e ampiamente alla portata.
Marco Bernardini
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