La tragedia
Umar è morto. Il 35enne pakistano che portava la «Gazzetta di Parma» nelle case degli abbonati della città non ce l'ha fatta: è spirato ieri pomeriggio nel letto della Rianimazione del Maggiore. Troppo gravi le ferite riportate su tutto il corpo per colpa di quell'incidente in via Mantova.
Come ogni notte, Umar Sufiyan, pedalava dalla sede della «Gazzetta» verso la città con il carico di giornali, ma alle 3,40 tra venerdì e sabato è stato travolto da un'auto, alla cui guida c'era un 50enne, che non lo ha neppure soccorso. L'auto, un'utilitaria, ha continuato la sua corsa e solo grazie ad alcuni passanti, l'ambulanza e l'automedica sono arrivate sul posto, insieme alla polizia stradale, che sta seguendo le indagini. Traumi al torace, agli arti inferiori e alla testa. Subito il trasporto alla Rianimazione, ma la lotta per la vita di questo bravo ragazzo è finita dopo poco più di due giorni. L'automobilista 50enne e non originario di Parma però ha trovato il coraggio di costituirsi e si è presentato in questura dopo alcune ore dall'incidente.
Un tragico incidente. Che ha spento tutti i sogni di Umar Sufiyan: il 35enne arrivato dal Pakistan in Italia per aiutare la sua povera famiglia e per dare una casa alla sua giovane sposa. Ma i progetti sono svaniti in pochi secondi, nel rumore assordante di un urto violento, mentre stava spingendo la sua bici sul cavalcavia di via Mantova. Ed è una morte assurda e una storia molto triste, perché Umar non voleva salvare il mondo, ma dare dignità al suo papà invalido e magari ai figli che sarebbero nati dal suo recente matrimonio. E con la forza che aveva, ce l'avrebbe fatta.
Nato nella provincia di Gujrat in Pakistan l'11 luglio 1989, dopo la scuola media aveva lavorato nella stalla del padre e prima di arrivare in Italia nel 2012 era stato in Grecia, dove aveva continuato a lavorare nei campi e a fare il giardiniere. Quel sogno non lo avrebbe mai mollato. Per cui era ripartito per raggiungere gli amici a Parma: «Voleva guadagnare un po' di soldi per mantenere il papà, il fratello e la sorella - spiega il collega Tahir -. E un anno e mezzo fa si era sposato con una ragazza che amava dai tempi della scuola. E il suo pensiero fisso era quello di costruire una casa tutta per loro: un progetto che era già stato avviato».
Da dieci anni lavorava per la cooperativa «Leonida» e consegnava la Gazzetta di Parma agli abbonati tutte le mattine, dalle 2 di notte alle 10 della mattina. E tanti lettori affezionati del giornale lo conoscevano bene, proprio per la sua gentilezza e puntualità. Lo aspettavano addirittura sulla porta, anche solo per un saluto.
A Parma viveva con degli amici in via XXIV Maggio, in una stanza. «Un uomo dedito al lavoro - continua Tahir -. Non usciva mai e nel giorno di riposo puliva la casa. Anche perché non voleva spendere nulla perché doveva risparmiare per la sua povera famiglia: il papà è cieco e malato. E purtroppo in Pakistan non si prende l'invalidità come invece accade in Italia».
Una persona molto stimata dai suoi conterranei ma anche da tanti parmigiani. E quei tanti piangono ora la sua morte: «Un ragazzo molto buono, onesto e che voleva bene a tutti, con tanto rispetto per gli altri - dice commosso il collega -. E sul lavoro era molto affidabile: non è mai andato in malattia, non è mai stato a casa, nemmeno quando nevicava. Diceva sempre: "Io devo portare i giornali se no la gente cosa legge?". Arrivava nella sede della Gazzetta in via Mantova alle due di notte e sistemava tutti i giornali poi verso le tre e mezza partiva con la sua bicicletta per consegnare le copie. E faceva numerosi giri avanti e indietro, perché tutto il pacco dei giornali non ci stava in una sola volta. E non era mai stanco: un lavoro che voleva mantenere, troppo prezioso per lui. Gli piaceva Parma, diceva che fin che viveva voleva stare qua. Per essere più veloce nel lavoro aveva fatto un investimento: si era comprato a rate una bici elettrica. Ed era così soddisfatto dell'acquisto. Ma il giorno prima dell'incidente qualcuno l'ha rubata e così la notte dopo aveva dovuto riprendere a pedalare».
Il funerale verrà fatto a Parma, ma la salma volerà in Pakistan: la famiglia e la moglie vogliono che Umar riposi nella sua terra natale.
«Il dispiacere è enorme - conclude l'amico Ali -. Umar era una persona unica, umile, che non si lamentava mai di nulla. Di poche parole, ma una persona sulla quale potevi contare. Più che un amico, per me era un fratello».
Mara Varoli
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