L'intervista
È finito, per lui, uno dei periodi di lavoro più complessi dell'anno, anche se il mercato, nel calcio di oggi, praticamente non finisce mai. Ma per il direttore sportivo del Parma Mauro Pederzoli ora è il momento di verificare se le scelte sono state quelle giuste. L'esame del campo, l'unico in grado di dare il vero giudizio al valore di un giocatore, ha già dato i primi riscontri, ma, sottolinea subito il diesse crociato, «siamo solo all'inizio».
Quindi niente voti alle prime tre partite del Parma?
«No, no, i voti li danno i professori e i giornalisti. Abbiamo affrontato tre grandi squadre, era un inizio molto difficile, eppure i ragazzi hanno interpretato bene queste gare facendo anche vedere un bel calcio. Abbiamo dimostrato di avere le capacità per competere a questi livelli e questa penso sia la cosa più importante. Le archiviamo insomma con una certa soddisfazione. Ma ora sono già alle spalle: nel calcio il passato non esiste, c'è solo il presente e il futuro».
Emozionato comunque per questo debutto?
«In questo lavoro sei costantemente su un otto volante emotivo. Quindi tantissime emozioni, bellissime come la vittoria sul Milan e bruttissime per la sconfitta di Napoli. Però al di là del singolo aspetto emotivo c'è, alla base, una “tranquilla soddisfazione” nel vedere di avere una squadra che è uscita sempre a testa alta dal campo».
La rabbia per lo stop di Napoli quanto c'è ancora?
«Per me è stato quasi un dolore fisico. Tu vedi sfumare un risultato che era lì, ad un passo da te... Già l'anno scorso abbiamo vissuto situazioni così, a rovescio: quando non te l'aspetti più devi buttar giù una grande amarezza. Ma noi lo dobbiamo fare sempre con dignità e con la consapevolezza che c'è tanto di buono che va conservato di questa partita. Sarà benzina per le prossime partite. E poi Pecchia ha definito bene questo match: “C'è mancato solo solo il portiere”».
Fra le certezze di questo avvio di campionato Man che continua a segnare e Bonny là davanti...
«È ancora presto per fare bilanci ma se sono qui con noi è perché c'è la convinzione che fossero pronti per affrontare queste sfide. Lo abbiamo detto tante volte: siamo una squadra che sta facendo un percorso. Questo è un gruppo che, nella sua maggioranza, ha iniziato assieme un cammino di crescita tre anni fa e ci hanno convinto che sono pronti per misurarsi con la serie A. I nomi che hai detto, ma anche gli altri, hanno dimostrato di meritare questa fiducia già nelle prime tre partite. Ora bisogna avere la forza e la capacità di confermarsi, ogni giorno».
Visto l'avvio di campionato è un peccato che ci sia la sosta?
«Non direi, è una buona opportunità per lavorare e crescere. Noi comunque abbiamo tanti giocatori, ben otto, che devono rispondere alle chiamate delle nazionali. E fa sicuramente molto piacere. Si diceva prima dei voti, ecco questo alla fine è un giudizio al tuo lavoro, perché avere tanti giocatori impegnati in gare internazionali è il segnale che stiamo lavorando bene».
Con una squadra che è la più giovane della serie A. La filosofia non cambia, anzi...
«La nostra linea è chiara da tempo. Non è una cosa che nasce adesso, è una filosofia profonda di questo club ed è un input che arriva direttamente dalla proprietà. Questo è quello che noi vogliamo essere. Sia chiaro, non siamo degli incoscienti, sappiamo bene pregi e difetti di questa scelta, ma questa è la strada nella quale crediamo: un gruppo giovane e di valore allenato da un tecnico, Pecchia, che ha mille qualità, fra cui quella di saper lavorare con un gruppo giovane con tante nazionalità diverse, rappresentanti di tante culture, di tanti pensieri. Fabio in questo ha dimostrato, e te lo posso dire visto che vivo tutti i giorni con lui, delle qualità fuori dal comune».
Ma qualche giocatore di esperienza in più non poteva servire?
«Ognuno può avere le proprie idee. E va bene così, questa è la grandezza del calcio. Però non è tanto il discorso di un giocatore di esperienza in più, ma di una filosofia che abbiamo intrapreso e che portiamo avanti anche quando facciamo mercato».
A proposito del mercato, raggiunti tutti gli obiettivi?
«Come in tutte le cose il risultato completo non c'è mai. Nessuno di noi ha la bacchetta magica, i superpoteri. Come è impossibile vincere tutte le partite, così è impossibile fare un mercato che ti soddisfi completamente. Direi però che avendo alla base un'idea chiara abbiamo operato con razionalità e quindi posso dirmi contento. E se abbiamo raggiunto questi traguardi voglio ringraziare, prima di tutto la proprietà, perché comunque è una proprietà che ci permette, dentro le linee guida che detta, di muoverci veramente con libertà e con forza. E poi un grande ringraziamento alle persone che questo mercato l'hanno fatto con me, Alessandro Pettinà, Mathieu Lacome e Mamo Notari, un gruppo veramente valido e competente».
Nella filosofia del Parma rientra così a pieno Leoni.
«È ancora più giovane degli altri, è un 2006, ma la sua storia calcistica dice che è più avanti degli altri, ha delle qualità importanti. C'è stata la possibilità di prenderlo e lo abbiamo fatto, anche se non è stato facile perché il mercato è diventato difficilissimo. Io è dal 2000 che faccio il direttore sportivo, ma un mercato così complicato e lento come quest'anno non l'avevo proprio mai vissuto».
Leoni gran prospetto, ma un difensore centrale di esperienza non lo avete mai cercato?
«Ma noi in difesa non abbiamo dei ragazzini! Osorio, ad esempio, è un leader della nazionale venezuelana, selezione in questo momento sulla cresta dell'onda che probabilmente otterrà una storica qualificazione ai prossimi mondiali; Delprato è un giovane a cui tutti riconoscete esperienza e grande maturità e gli altri vengono comunque da campionati con tante presenze e convocazioni in nazionale. Certo, se guardiamo solo all'anagrafe non abbiamo un difensore di 35 anni, ma non siamo sicuramente una banda di debuttanti allo sbaraglio».
Un altro obiettivo del mercato è stato Suzuki e lo avete conquistato. E su di lui in queste prime gare i giudizi si sono divisi. Lei che dice?
«È un portiere di grandi qualità, riconosciute da tutti. Anche lui è un giovane giocatore, ha 22 anni, e quindi di può esprimere sicuramente meglio. Ha poi alle spalle una storia diversa, viene dal Giappone, giocava in Belgio, ma io penso abbia già messo in luce delle qualità importanti».
Perché Keita?
«Dal punto di vista tecnico e tattico incarna tutte le caratteristiche che noi cercavamo. È un giocatore giovane, ma è maturo e già pronto vista la sua grande esperienza alle spalle: vanta più di 70 partite nella serie A belga, ha giocato in Champions League e ha fatto pure il suo esordio in Nazionale. Un giocatore ancora giovane ma già maturo e pronto».
Ogni volta che si apre il mercato si parla per il Parma dell'attaccante d'area, quello che dovrebbe segnare tanti gol. Ci avete pensato questa volta oppure non è mai stato un obiettivo?
Ho sempre detto che mi piace parlare di reparto offensivo, ma non per capriccio ma perché noi lavoriamo in questo modo. Noi abbiamo uno stile di gioco, meglio Fabio ha uno stile di gioco, che ci porta a fare delle scelte e questa non era contemplata. Abbiamo un pacchetto offensivo formato da tanti bravi giocatori, tra l'altro tutti polivalenti, che possono coprire più posizioni nel nostro fronte offensivo e abbiamo un allenatore che esalta proprio questa caratteristica».
Mai come quest'anno si sono levate critiche sulla data di chiusura del mercato, arrivata a campionato già ampiamente in corso. Il suo giudizio?
«Per fortuna non è stato sempre così perché chiuderlo addirittura dopo tre giornate è davvero troppo. Anch'io ritengo che che non sia semplice gestire un mercato fatto in questo modo, a campionato in corso. Auspico che si arrivi ad un cambiamento».
Anche perché sarebbe stato più semplice gestire anche la vicenda Cyprien. Perché è fuori rosa?
«Perché è un giocatore che è stato al centro di molte trattative di mercato e lo è tuttora. Ci sono ancora tanti mercati aperti, anche in paesi molto importanti come quelli del Golfo, Qatar piuttosto che Emirati. Questa è la ragione della nostra scelta. Poi vedremo».
Si torna a parlare anche della sentenza Bosman. Si chiede da più parti una revisione, anche se è difficile visto il pronunciamento della Corte europea, per limitare il potere di giocatori e procuratori. Un giudizio anche su questo?
«Questo è un argomento delicato, richiederebbe molto tempo perché si inserisce in un discorso molto più ampio legato alla “mitica” parola riforma. Se ne parla sempre ma ora ci sarebbe davvero bisogno di prendere in mano tutta una serie di situazioni che non vanno: dal mercato lungo alla ripartizione dei poteri tra calciatori, club e agenti. C'è bisogno di rispondere in modo moderno alle nuove esigenze del calcio».
Torniamo al campionato. Ora in programma ci sono le sfide con Udinese, Lecce, Cagliari. Inizia ora il vero campionato del Parma?
«No, no, teniamoci strette le prime tre partite! Sono tutte gare di eguale importanza e daremo sempre il massimo».
Non chiedo tabelle ma che risultati si aspetta?
«Il risultato spesso non lo decide fino in fondo una squadra, quindi io ora mi aspetto solo tre grandi prestazioni perché questo è quello che dipende da noi. Vogliamo vedere in campo una squadra sbarazzina, coraggiosa che ha voglia di competere con tutti perché ha una mentalità vincente. Poi alla fine della partita guarderemo il tabellone e leggeremo il risultato».
Abbiamo ricordato più volte la filosofia che sta dietro al progetto Parma di Krause. La città, secondo lei, lo ha capito fino in fondo?
«Credo proprio di sì. Ne abbiamo avuto una prova evidente durante l'ultimo “Andiamo al Parma” con tante famiglie, tanti ragazzi e bambini innamorati del Parma. Siamo confortati da tutto questo entusiasmo, da questa vicinanza. Ma ora dobbiamo continuare a lavorare per convincere anche chi continua ad avere dei dubbi».
Ma quale è il vero obiettivo di questa stagione? La salvezza?
«Noi vogliamo vincere più partite possibili».
Da ex giornalista come è, mi faccia il titolo di questa intervista...
«Non parliamo del passato, io faccio solo il direttore sportivo. Se proprio devo allora mettiamoci un bel “Forza Parma”. È sempre azzeccato come titolo».
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