L'intervista
Pasquale Marino, ex allenatore di Parma e Udinese. Partiamo dai crociati: impressioni su questo avvio?
«Ottime. Il Parma sta dando continuità a quanto di eccellente fatto nella passata stagione, dove ha dominato il campionato. In più sono stati inseriti elementi di prospettiva come Leoni e Keita. Con la mentalità di gioco propositiva che è nelle loro corde e l'entusiasmo della matricola che si affaccia al campionato di serie A, i crociati possono stupire».
A differenza di Milan e Napoli, l'Udinese potrebbe tendere a chiudersi: se così fosse, secondo lei, il Parma rischia di fare più fatica?
«Non credo che i friulani si chiuderanno: in passato era una squadra fisica che giocava sugli avversari, ma quest'anno il club si è affidato ad un allenatore con una filosofia di gioco offensiva, che si avvicina molto a quella del Parma».
Allora dovremmo aspettarci una partita spettacolare?
«Direi una partita aperta, con entrambe le squadre pronte a vincere».
Mister, le piace Pecchia?
«Vedendo giocare il Parma si percepisce subito come dietro ci sia la mano di un allenatore importante, che sa il fatto suo. Questa impronta, ben definita, Pecchia l'aveva data in precedenza anche al Verona e alla Cremonese, con cui ha vinto il campionato di B. Restando sulla panchina del Parma ha fatto una scelta intelligente: con questo bel mix di giovani e giocatori più esperti, può divertirsi».
Bernabé, Man, Bonny sono quelli che si stanno mettendo più in luce.
«Vederli giocare insieme è un piacere: hanno voglia, tecnica, qualità importanti. Sono tutti giocatori che sanno saltare l'uomo e capaci di dare imprevedibilità alla manovra del Parma. E poi si divertono, un aspetto per niente secondario».
L'Udinese invece ha puntato su Alexis Sanchez, che lei aveva allenato durante la prima parentesi bianconera del cileno.
«Il suo talento non si discute: appena recupererà dall'infortunio, Sanchez darà il suo contributo alla causa. Ha accettato di tornare non per soldi, ma perché sente ancora il fuoco dentro. Lo ha dimostrato anche all'Inter, l'anno scorso, quando ha avuto la possibilità di giocare. Il mio Sanchez era un ragazzino, che però aveva già giocato in Argentina ed era nel giro della sua nazionale. Il primo anno fu di ambientamento, ma davanti aveva gente come Di Natale e Quagliarella. Poi è esploso».
Cosa le ha lasciato Udine?
«La più bella parentesi della mia carriera, ma anche il rimpianto più grande. Tre anni bellissimi, condivisi con la mia famiglia. Lasciare l'Udinese, con ancora due anni di contratto e la conferma del club, è stato un errore. Parliamo di una società modello, che mette a disposizione di un allenatore strutture e materiale umano. Abbiamo lanciato tanti giovani, come Asamoah e Isla, e altri giocatori si sono affermati, penso a D'Agostino e a Inler, ora tornato come dirigente. Con lui ci siamo sentiti proprio recentemente».
Anche per Parma ha un rimpianto?
«Parma è una bellissima città, mi è dispiaciuto per come sono andate le cose. Sono arrivato in un momento dove gli investimenti sulla squadra erano comunque limitati. Poteva andare meglio».
Resta una bellissima vittoria in casa della Juve.
«Vero, peccato non essere riusciti a dare continuità alle prestazioni. Sostituire Guidolin, che aveva fatto un grandissimo lavoro, non era semplice. Soprattutto nel cuore dei tifosi. Anche se in passato avevo lavorato con Leonardi, la fine del rapporto con Guidolin non era stata certo colpa mia».
Mister la rivedremo presto in panchina?
«In questo periodo il telefono non smette di squillare, ma il numero è sempre lo stesso: quello di mia moglie che mi ricorda di andare a fare la spesa (ride, ndr). Battute a parte, se c'è qualche progetto interessante sono pronto a rimettermi in pista. Gli allenatori siamo come i bambini davanti al giocattolino tanto desiderato: ci facciamo prendere dall'entusiasmo e talvolta facciamo qualche errore di valutazione. In passato la voglia di riassaporare il campo mi ha indotto a prendere in corsa squadre con una situazione complicata. E non sempre è andata bene. Questa cosa ha un po' frenato la mia carriera, ma non posso prendermela con nessuno».
Vittorio Rotolo
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