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Processo

Sofia Bernkopf, il pm chiede 18 anni per i sette imputati

Sofia Bernkopf, il pm chiede 18 anni per i sette imputati

di Roberto Longoni

01 Ottobre 2024, 03:01

Sei ore è durata la requisitoria di Salvatore Giannino, analitica e puntuale, struggente: sei ore che potrebbero valere in tutto 18 anni di reclusione per i sette imputati a vario titolo per la morte della dodicenne parmigiana Sofia Bernkopf. A tanto ammontano le richieste del pm, alle quali si è associato Stefano Grolla, l'avvocato dei genitori costituiti parte civile. Il legale ha inoltre chiesto il risarcimento del danno, dopo aver ricordato i cinque anni di durata del processo e «l'agonia e il dolore che accompagnano i familiari di Sofia in questo lungo percorso giudiziario, quando la verità su come sia morta la piccola non è emersa in dibattimento, ma già in modo chiaro e netto durante le indagini preliminari». Tradotto: si sarebbe potuto puntare sul patteggiamento, risparmiando tempo e ulteriori strazi. E invece sarà difficile arrivare alla sentenza entro la fine dell'anno. Il 23 ottobre cominceranno le arringhe delle sette difese.

Era il giorno dell'accusa al tribunale di Lucca, ma ad aprirlo sono state parole di perdono. A pronunciarle, Edoardo Bernkopf, il padre della piccola, condannato dal destino al «fine pena mai» con la moglie Vanna Broia il 13 luglio 2019. Era un sabato di sole a Marina di Pietrasanta: la loro ultimogenita entrò nella vasca idromassaggio dei bagni Texas e ne fu estratta a forza, esanime, annegata in 80 centimetri d'acqua, dopo che i lunghi capelli biondi erano stati risucchiati e intrappolati dalla bocchetta del ricircolo. Per lei non si poté fare nulla: sarebbe morta dopo quattro giorni d'agonia all'Opa di Massa.

A sorpresa, il padre della bimba ha chiesto e ottenuto dal giudice Gianluca Massaro di rilasciare spontanee dichiarazioni. E da parte civile si è trasformato in una sorta di difensore di Thomas Bianchi: a lui - allora 19enne, apprendista bagnino - oltre ad altri compiti, era affidata la sicurezza della vasca. «Mi dispiace di averlo come controparte - ha detto Bernkopf -. È l'unico degli imputati ad avere dimostrato sincera partecipazione al nostro dolore. Nel corso del processo, ci è apparso chiaro che le condizioni di lavoro nelle quali i responsabili della Finanziaria Dante, proprietaria del bagno Texas, lo facevano operare gli rendevano difficile, se non impossibile, assolvere adeguatamente i compiti e le responsabilità che il suo lavoro comporta in tema di sicurezza. Però, nonostante la sua autorevolissima difesa, rischia di fare da capro espiatorio per altri. Il processo farà il suo corso, ma desidero si sappia fin d'ora che per la quota di responsabilità che dovesse essergli ascritta, la famiglia di Sofia lo ha perdonato».

In sintonia con Bernkopf il pm, che per Bianchi ha proposto la condanna meno pesante: un anno, con pena sospesa. A carico delle sorelle Simonetta ed Elisabetta Cafissi, il pm ha invece richiesto rispettivamente tre anni di reclusione e due anni e 3 mesi, mentre per i loro mariti Giampiero Livi tre anni e 2 mesi e due anni e 10 mesi per Mario Assuero Marchi; due anni e 9 mesi per Emanuele Fulceri, il bagnino senior, e tre anni per Enrico Lenzi, il tecnico installatore dell'idromassaggio della tragedia. Il fuoco di fila di Giannino non si è limitato agli imputati: il pm ha criticato - evidenziando anche profili di falsa testimonianza - la ricostruzione tecnica elaborata in istruttoria dibattimentale dall'ingegner Carnevale. Le certificazioni dell'impianto incriminato date per scontate dal consulente di parte della famiglia Cafissi non sono mai state prodotte: per l'accusa non esisterebbero proprio e l'intera piscina sarebbe stata fuori norma, mancando pure il collaudo. In particolare, l'impianto non sarebbe stato in regola con la cosiddetta «prova di intrappolamento» (per i consulenti dell'accusa, il risucchio esercitato dalla bocchetta era di potenza dieci volte superiore al limite di legge). E proprio l'intrappolamento della lunga chioma avrebbe costretto Sofia sott'acqua per almeno cinque minuti, provocandone l'anossia.

Giannino, inoltre, ha sottolineato come la dinamica dell'annegamento sia stata provata in modo scientifico dal consulente della Procura Pierotti e dal collega della parte civile Di Paolo. Anche i due medici legali evidenziarono come la folta chioma fosse stata aspirata e bloccata dalla bocchetta (per liberarla dalla piscina alla bimba fu perfino strappato un lembo di cuoio capelluto). Per i due specialisti, l'emorragia dei bulbi piliferi e gli ematomi riscontrati sulla testa raccontano come Sofia prima di perdere i sensi per la mancanza di ossigeno abbia cercato di liberarsi. Lo svenimento, in quelle condizioni di agitazione e paura, avviene «improvvisamente e repentinamente» avevano concluso i periti.

«E questa è forse la nostra unica consolazione - ha commentato Vanna Broia -. Che la sofferenza della nostra Sofia sia durata solo pochi istanti». Quella di chi resta assomiglia a un ergastolo senza appello. Sono bastati pochi minuti, perché il pomeriggio di gioia che si voleva regalare a Sofia e al gemello Tommaso, portandoli nel bagno Texas, a detta di tutti molto bello e sicuro, si trasformasse in tragedia. «La vasca idromassaggio della struttura - ha sottolineato l'avvocato Grolla - è diventata la bara della piccola Sofia». E la cella per i suoi genitori. Le parole che possono uscirne sono di perdono e al tempo stesso di accusa ancora più pesante per chi non ne è destinatario.

Roberto Longoni

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