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Intervista

Maria Federica Maestri: «Al Lenz “Apocalissi Gnostiche” tra passato e futuro»

Maria Federica Maestri: «Al Lenz “Apocalissi Gnostiche” tra passato e futuro»

di Claudia Olimpia Rossi

22 Ottobre 2024, 03:01

«Apocalissi Gnostiche» di Lenz Fondazione dà corpo scenico ai Codici di Nag Hammadi, antico tesoro testuale: creazione di Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, debutta in prima nazionale domani a Teatro Lenz e vi replica i giorni 24, 25, 26, 29, 30 e 31 (sempre alle ore 21, mentre sabato 26 alle ore 17 con a seguire «Apocalissi Incoative»). Giunge così a compimento, nell’ambito ventottesima edizione del Festival Natura Dèi Teatri, curato da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, il progetto quadriennale di Lenz sulle Sacre Scritture, dopo «La Creazione» (2021), «Numeri» (2022) e «Apocalisse» (2023).

Composizione installativa, performativa e visuale, vede il ritorno (dopo «Numeri») del poeta e performer Marcello Sambati, insieme all’ensemble formato da Sandra Soncini, C.L. Grugher, Carlotta Spaggiari, Tiziana Cappella. Abbiamo incontrato Maria Federica Maestri.

Come ha recentemente ricordato in una sua lectio, la vostra storia artistica, fin dal “primo Lenz” del 1986, è stata sempre attraversata da visioni apocalittiche poi declinate in vari passaggi, fino ad arrivare al progetto sulle Sacre Scritture. Cosa rivelano i Codici di Nag Hammadi, risalenti al I e II secolo dopo Cristo e scoperti in Egitto nel 1945?

«Materiali sconosciuti ai più e di difficile decriptazione, sono da studiare, rielaborare con visioni credo nuove per tutto il mondo della cultura. Ci ha colpito moltissimo l’idea della sapienza gnostica, della personificazione del sapere sensibile. A questi attraversamenti abbiamo cercato di rendere corpo, immagine e suono in quest’ultimo lavoro. Non abbiamo deciso raccontare, anche perché impossibile, i frammenti delle Apocalissi Gnostiche, ma di portarli a noi per capire come possiamo scoprire un possibile ri-inizio».

Una ricerca che scruta il futuro scavando a ritroso. In che modo il vostro teatro scocca la freccia, dall’antico all’orizzonte?

«I pochi frammenti di queste Apocalissi Gnostiche sono come una sorgente nascosta. Rispetto alla dottrina in cui poi si è sviluppato il Cristianesimo, mettono in luce un’alterità inquietante, criptica, misteriosa, dove la cosa più forte è un Cristo che sulla croce sorride, poi ride, perché solo la sua parte umana sta soffrendo. Mettono in discussione i dogmi. Il nostro teatro lega il lontanissimo e l’istante in cui viviamo, per capire una lingua del futuro. Credo sia proprio un dovere etico metterci al servizio, senza hybris, di questo nascosto».

Qual è la nuova conoscenza cui tende «Apocalissi Gnostiche»?

«Avviene attraverso una maggior sensibilità alla forma ma anche ai sentimenti dell’altro, alla sua superficie come all’interiorità. Solo in questo caso è rappresentata, tradotta, dalla figura della Maddalena, che non è una Maria di Magdala penitente, ex peccaminosa, ma dialogante a tu per tu con il Cristo: ne è sposa e riflesso, lo interpreta. La figurazione femminile, dunque, è in grado di comprendere e raccontare ad altri il mistero dell’umanità».

Constatare la centralità della figura femminile è il coronamento dell’intero progetto?

«Assolutamente sì. Tant’è vero che, per dare maggiori sfaccettature a questa personificazione, l’abbiamo tripartita in sensibilità straordinarie che l’incarnano. La nostra meravigliosa attrice storica Sandra Soncini. La più giovane Carlotta Spaggiari, sensibile sul sensibile, arrivata al suo decimo anno di carriera professionale con noi a livello altissimo. Antonio Sambati, il maschio che si riflette, non solo assorbito, ma che assorbe la sensibilità femminile. Creando una nuova figura ibrida, forse ci può proiettare in un futuro umano di pluralità. Quello che mi spaventa è l’io, invece in questa Maria di Magdala c’è un noi diverso che si compromette nell’affettuosità del proprio essere in relazione. E’ veramente una Maddalena, quella di Antonio, Carlotta e Sandra, di meravigliosa pienezza».

Dove ci conducono le colonne esfiltrate dalla facciata della chiesa veneziana della Maddalena e sospese orizzontalmente sulla scenografia?

«Suggeriscono l’uscita da un’idea di civiltà in cui ci dobbiamo inginocchiare e guardare al cielo per trovare la nostra dimensione morale, spirituale, religiosa. Ci portano verso uno scorrimento orizzontale, senza alto e basso, servo e padrone: solo corpi che galleggiano nella sfera celeste».

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