Traversetolo
Il parroco non ha dubbi: «Qualora si decidesse per un funerale religioso dei due neonati trovati sepolti a Vignale, sarebbe meglio che si scegliesse di svolgere una funzione privata».
L'affermazione ripetuta nel corso dell'omelia delle tre le messe domenicali, è giunta inattesa ai più, ma don Giancarlo Reverberi si è affrettato a motivare serenamente, ma con convinzione e fermezza le sue parole.
«Una celebrazione pubblica - ha sottolineato - sarebbe soltanto l'occasione per attirare tante persone pronte a puntare il dito e a giudicare: ed è una cosa di cui, invece, non c'è assolutamente bisogno».
Il riferimento era coerente con il vangelo letto poco prima, che ricordava il miracolo della guarigione di Bartiméo, il cieco di Gerico: un uomo che aveva perso la vista e che si trovava di fronte una comunità che lo aveva additato, emarginato. Eppure, al passaggio di Gesù, Bartiméo non aveva paura di urlare la sua presenza davanti a tutti: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Lo sgridavano per farlo tacere, ma quegli insisteva e urlava più forte il suo disagio e la propria solitudine.
Solo quando Gesù si fermò e disse che lo voleva incontrare, l'atteggiamento collettivo nei confronti del cieco cambiò radicalmente. «Coraggio, alzati! Ti chiama» gli venne detto da più parti.
«Noi - ha evidenziato don Giancarlo - viviamo nel buio. Invece dobbiamo avere coraggio e alzarci. Come il cieco di Gerico».
Il concetto del «buio» contrapposto al «coraggio» è stato ripetuto più volte nel corso dell'omelia con un virtuale collegamento alle parole che il parroco aveva pronunciato alla veglia di giovedì, improntata sulla speranza. Aveva aperto la riflessione citando un brano di Sant'Agostino: «La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle».
Don Reverberi si è soffermato sull'importanza della sostanza rispetto alle apparenze, sul valore della riflessione e della preghiera.
«Ma quando giovedì sera ci siamo ritrovati alla veglia per i due bambini, la chiesa era praticamente vuota - ha affermato con amarezza -. Anche se da più parti si era proposto addirittura di organizzare una fiaccolata. Mancavano i giovani, tranne alcuni. Mancavano soprattutto le ragazze: nessuna coetanea della mamma è intervenuta. E a parte qualche frequentatore abituale, mancavano le famiglie. E pensare che alla veglia di preghiera era presente il vescovo».
Poi don Giancarlo si è tolto anche qualche sassolino dalle scarpe, dopo gli appelli e le prese di posizione pubbliche nell'imminenza dei fatti: «Soprattutto - ha concluso - era completamente assente la società civile».
p.m.a.
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