Tribunale
Difficile che le loro 35 vittime li abbiano dimenticati, ma tanto, troppo tempo è trascorso dai mesi di febbrile attività dei truffatori dei tabaccai. Il nome tradisce la specializzazione, ma non racconta tutti i passaggi tra gli articoli del Codice penale: tra i 13 indagati rinviati a giudizio nell'aprile del 2019 c'era chi doveva rispondere anche di altre accuse: di frode in e-commerce, di ricettazione e sostituzione di persona, di usura. Tutto prescritto, tranne le ipotesi di reato che hanno portato alla condanna di tre imputati da parte del collegio presieduto dal giudice Maurizio Boselli (giudici a latere Francesca Anghileri e Francesca Merli).
Diciannove le tabaccherie prese di mira dalla banda (tra le accuse c'era anche l'associazione a delinquere, a sua volta prescritta) tra la fascia pedemontana, la città e la Bassa, con puntate al di là del Po. E non si può esclude che i titolari di altre rivendite abbiano evitato di denunciare. Semplice quanto efficace il canovaccio. Bei modi di fare, vestiti eleganti, i truffatori chiedevano al commerciante di fare una ricarica su Poste Pay, in genere sui 900 euro. Mostravano anche codici fiscali e documenti falsi. Spesso però erano falsi o comunque scaduti o associati a conti chiusi da tempo anche i bancomat con i quali fingevano di voler saldare. Altrimenti, erano i contanti in tasca a mancare. Così, i truffatori se ne uscivano con un «vado a ritirare e torno». Per non farsi più vedere.
Una sorta di «prendi i soldi e scappa» durato dalla metà del 2013 all'inizio del 2014. Non paghi di questa attività, alcuni degli imputati - secondo le accuse - si sarebbero dedicati anche alle frodi online, incassando denaro per telefoni e Ipad mai inviati all'acquirente. Oppure, avrebbero simulato incidenti, per spillare soldi ad anziani. Tutto prescritto, tranne le accuse di estorsione e di violenza privata che hanno portato alla condanna a quattro anni e tre mesi di due parmigiani, il 38enne Massimo Zanlari, difeso dall'avvocato Claudia Pezzoni, e il 34enne Nigel David Bocchi, assistito dall'avvocato Matteo Angelotti. I due avrebbero costretto un allora trentenne reggiano ad aprire un conto corrente a Parma e a sottoscrivere un intero carnet di assegni. Pochi giorni dopo, minacciando di morte lui e i suoi cari, avrebbero costretto il giovane a versare loro 2.500 euro e quindi altri 2.000. Ai due imputati sono state riconosciute le attenuanti generiche ed è stata esclusa la contestata recidiva.
Condannato per estorsione anche Sghair Fadi Ibrahim Alarabi, 32enne libico residente a Parma e difeso dall'avvocato Laura Santoro. Il nordafricano, sempre stando alle accuse, avrebbe minacciato un giovane parmigiano per farsi consegnare 260 euro. Il 32enne, al quale sono state riconosciute le attenuanti generiche, è stato condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione e al pagamento di 700 euro di multa. Non luogo a procedere, infine, per il 57enne Salvatore Pucci difeso dall'avvocato Adriano Coruzzi. L'accusa di usura della quale doveva rispondere è stata derubricata in truffa ed è a sua volta estinta per la prescrizione.
rob.lon.
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