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Intervista esclusiva

Charpentier: «Vivo per il gol, voglio segnare di più»

Charpentier: «Vivo per il gol, voglio segnare di più»

di Marco Bernardini

18 Novembre 2024, 03:01

Si chiama Gabriel André Joseph Charpentier ma per tutti è semplicemente «le general». Oppure la «pantera» come lo hanno ribattezzato sui social i compagni di squadra. Il suo marchio di fabbrica il saluto militare portando la mano destra alla fronte dopo ogni rete, un omaggio all’illustre collega Karim Benzema che esultava in quella maniera. L’ultima volta è capitato lo scorso 27 ottobre al Tardini contro l’Empoli per festeggiare il primo gol in serie A, il punto più alto di una carriera che, seppur perseguitata dagli infortuni, si é snodata tra Nantes, Lettonia e tanta Italia da Avellino fino a Parma con le tappe intermedie di Genoa, Reggina, Ascoli e Frosinone.

Nato a Pointe-Noire in Congo, dove il padre André si era trasferito per motivi di lavoro, ha fatto i bagagli con la famiglia e trascorso l’infanzia in Francia nella banlieue de L’Hay-les-Roses, a pochi chilometri da Parigi, alternando il calcio in strada a judo, boxe e pianoforte, gli altri suoi grandi amori. Il Parma lo acquistò dal Genoa nell’estate 2022 per poco più di 1,5 milioni di euro e lo ha aspettato tanto, soprattutto, in una prima stagione da incubo caratterizzata da appena otto presenze, zero marcature e tanti guai fisici. Poi è iniziata l’escalation: il ritorno alla gioia personale nell’ottobre 2023 contro il Como dopo oltre un anno e mezzo d'astinenza (un’eternità per chi di mestiere fa l’attaccante) e, il 10 dicembre di un anno fa, quel colpo di testa al 95’ valso un insperato 3-3 in rimonta col Palermo al Tardini. Anche all’esordio in A, si è rivelato decisivo ancora da subentrante (cinque sigilli su cinque in maglia crociata quando è partito dalla panchina) dimostrando di poter giocare anche in coppia con Bonny, al quale è accomunato dalle stesse origini transalpine.

«Un’infanzia tranquilla, normale -racconta Charpentier, classe ‘99, che finora ha giocato otto partite, nessuna da titolare, per un totale di 211’- sono nato in Congo poi, assieme alla mia famiglia, ci siamo trasferiti in Francia appena fuori Parigi. Ho iniziato tardi a giocare a calcio all’età di 12-13 anni, stavo con i miei amici poi ho firmato per il Nantes quando avevo 17 anni. Da lì è partito il mio percorso tra Lettonia, Avellino, Genoa, Reggina, Ascoli, Frosinone e, infine, Parma».

In quale contesto è cresciuto?
«Abitavamo in un grande palazzo al nono piano, tutti i miei compagni di scuola vivevano nello stesso edificio. All’inizio si giocava a pallone in strada, i miei amici mi hanno convinto ad andare nel club della città, L’Hay-les-Roses».

Aveva provato anche altri sport?

«Prima del calcio ho fatto cinque anni di judo e anche un po’ di boxe».

Come nasce l’altra grande passione per il pianoforte?

«Mi piace ascoltare la musica, non ho un genere preferito. Ce l’ho nella mia casa a Parma anche se ho poco tempo per esercitarmi».

Chi erano i suoi idoli calcistici?

«Non ne ho uno in particolare, mi ispiro a tanti giocatori. Dico Karim Benzema per l’esultanza, mi ricordo che, quando ero bambino, gli amici mi consigliarono di festeggiare i miei gol come faceva lui».

Da dove deriva il soprannome di «general»?

«Non saprei, è nato un po’ per caso. Quando giocavo alla playstation facevo l’esultanza alla Benzema e da lì hanno cominciato a chiamarmi in quel modo».

Preferisce essere chiamato «general» o «pantera»?

«Sono più affezionato a «general» che mi accompagna da sempre».

Com’è stata l’esperienza allo Spartaks Jurmala in Lettonia?

«Era una scelta che avevamo preso insieme con il mio procuratore e la famiglia, cercavo più fiducia. Rimasi lì circa sei mesi, fu una bella esperienza che mi ha fatto crescere anche come persona».

E in che maniera ha accolto la proposta dell’Avellino?

«Mi sono detto “che bello, andiamo in Italia”. Se ne era occupato il mio agente, per me rappresentava una grande opportunità».

Le è mai capitato di parlare del club irpino con Pecchia?

«Ogni tanto ci siamo confrontati, Avellino è una piccola città un po’ “esplosiva”».

Che giudizio ha di Parma?

«È una bella città, mi trovo molto bene. Ma non esco tanto, mi piace stare in casa a riposarmi e guardare qualche serie tv».

Come giudica il progetto del Parma?

«Lo vedo bene, stiamo lavorando per fare una bella stagione. Sono contento, andiamo avanti step by step».

Quanto è importante aver sentito la fiducia di società e dirigenza?

«Li ringrazio, all’inizio è stata dura per via degli infortuni ma loro hanno creduto in me e io faccio il possibile per ripagare la fiducia che nutrono nei miei confronti».

Ha mai pensato di lasciare Parma in estate?

«Avevo tante offerte, non mi ricordo nemmeno quali perché io sono sempre rimasto concentrato sul campo. Loro hanno fiducia in me e io devo essere «loyal» (leale ndr). Non ho mai avuto dubbi sulla mia permanenza a Parma».

Come sta vivendo la sua prima stagione in serie A?

«Bene, sappiamo che abbiamo le caratteristiche e le qualità per giocare in serie A».

Qual è stato il ruolo di Pecchia?

«Pecchia mi ha fatto crescere sia a livello calcistico che umano, è stato importante perché mi ha dato fiducia. Parlo tanto con lui».

Che bilancio si può stilare dopo dodici giornate?

«Sono contento per la squadra, siamo giovani e dobbiamo crescere ancora. Sono contento anche per me ma posso migliorare e fare ancora più gol».

Come vi state preparando alla ripresa del campionato?

«Ci aspettano partite contro buone squadre però non mi preoccupano. Bisogna ragionare sempre step by step e di partita in partita. Ho fiducia».

Quali sono state le sensazioni dopo il primo gol in A all’Empoli?

«Una bella emozione il primo gol in serie A in casa davanti ai nostri tifosi. In tribuna a vedermi c’erano la mia ragazza Wendy e gli amici».

Come mai riesce a essere spesso decisivo da subentrante?

«Sono concentrato sulla partita e ho voglia di giocare, quando entro do tutto per fare gol e aiutare i miei compagni. Non esistono segreti, solo tanta determinazione».

Se si ritrovasse di fronte Di Gregorio allo Stadium quale giocata farebbe?

«L’ho pensata e riguardata tante volte, se mi dovesse ricapitare, probabilmente, tenterei il pallonetto o il dribbling. Lui, però, ha fatto una grande parata di piede».

Con chi ha legato maggiormente?

«Woyo Coulibaly. Ogni tanto ci ritroviamo fuori dal campo anche con gli altri ragazzi francesi, siamo un bel gruppo».

Qual è il suo rapporto con Bonny?

«Abbiamo un buon rapporto, siamo tutti e due francesi e anche vicini di casa».

Gli sta dando dei consigli?

«Ogni tanto in allenamento ci parliamo, se posso dargli una mano lo faccio volentieri. Sono felice per la convocazione e l’esordio in Under 21, se lo meritava».

Si trova meglio a una o due punte?

«Dipende anche dalla partita e da chi abbiamo di fronte, io ho giocato sempre a una punta ma anche con due non avrei problemi. Io e «Angelo» ci capiamo immediatamente, parliamo la stessa lingua».

Quali sono le sue qualità principali?

«Andare in profondità, attaccare la porta e vivo per il gol».

Quanto è stato difficile due anni fa non dare il proprio contributo a causa degli infortuni?

«È stata dura, era la mia prima stagione al Parma in un nuovo club ma avvertivo la fiducia di società, famiglia e procuratore. Quindi ero tranquillo».

Cos’ha significato la prima rete al Como nell’ottobre 2023?

«L’ho vissuta come una liberazione perché era da tanto che non segnavo. Sapevo che sarei tornato al gol, aspettavo solo il mio momento».

E se le dico Palermo cosa le viene in mente?

«Ogni tanto riguardo il video, mi ha fatto piacere il boato e l’esultanza di tutto lo stadio. Avevamo bisogno di quel punto per avvicinarci al nostro obiettivo. Nei giorni successivi ho ricevuto tanti messaggi di complimenti e sostegno».

C’è un altro Palermo all’orizzonte quest’anno?

«Lo spero, finché la partita non è finita io so che posso fare gol. Se ho l’occasione fino all’ultimo minuto voglio segnare contro qualsiasi squadra, non mi interessa l’avversario».

Quali sono gli ingredienti per raggiungere la salvezza?

«Ci dobbiamo credere tutti insieme e bisogna avanzare uniti, siamo giovani ma vittorie come quelle di Venezia prima della sosta ci servono per acquisire ancora più speranza e fiducia».

Punta a tornare in Nazionale?

«É sempre nei miei pensieri, il Congo è il mio Paese: sono nato là e se dovessero convocarmi di nuovo andrei subito. Sono pronto alla chiamata».

Ha un sogno nel cassetto?

«Per adesso realizzare tanti gol, ottenere la salvezza e vediamo a fine stagione dove sarò. Vorrei segnare più gol possibili, non mi pongo limiti».

© Riproduzione riservata

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