elezioni
In Emilia-Romagna Michele de Pascale vince con il 56,77%, Ugolini 40,07%, Serra 1,94%, Teodori 1,22%.
Parma città, i dati definitivi delle 204 sezioni scrutinate: Michele de Pascale ottiene il 55,99% con 36.828 voti; Elena Ugolini ha il 41,06% (27.012 voti), Serra 2,07% (1.360 voti), Teodori 0,88% (580).
In provincia di Parma, con 470 sezioni scrutinate su 470 Michele de Pascale ha il 51,24% (77.303 voti), la Ugolini 45,88% (69.211 voti), Serra 1,90% (2.863), Teodori 0,98% (1.491).
Boom del Partito Democratico in Emilia-Romagna
E’ stato il Partito Democratico a trainare la vittoria di Michele de Pascale in Emilia-Romagna, con una percentuale (a scrutinio ancora in corso) superiore al 42%. E’ cresciuto di otto punti percentuali rispetto alle regionali del gennaio 2020, ma di sei punti anche rispetto alle Europee di cinque mesi fa.
Alleanza Verdi sinistra si conferma come la seconda forza della coalizione (attorno al 5), mentre il Movimento 5 Stelle è al 3%, superato anche dalla lista Civica di de Pascale che tiene dentro anche i candidati di Italia Viva.
Analisi - Il Pd è il king maker del campo larghissimo
Il campo larghissimo ha trionfato in Emilia-Romagna con il traino del Pd. Il partito principale della coalizione è andato a valanga cannibalizzando la coalizione e prendendo il 43%, più di tutto il centrodestra messo insieme. Un risultato che si farà sentire nei futuri equilibri politici della Regione, visto anche il fatto che Avs non è esplosa (5%) e il M5s è rimasto poco sopra il 3%.
Una vittoria netta, quella del sindaco di Ravenna Michele de Pascale che da domani sarà al piano più alto della torre della Regione Emilia-Romagna occupato negli ultimi dieci anni da Stefano Bonaccini, con le percentuali finali che si aggireranno, per de Pascale, non lontano dal 57%, con Elena Ugolini ferma al 40%
A livello di coalizioni sia il centrosinistra in versione extralarge, sia il centrodestra hanno sostanzialmente tenuto le posizioni delle europee di giugno, con il margine che si è leggermente allargato in favore del Pd e dei suoi alleati: alla fine il distacco di 17 punti racconta una partita che non c'è mai stata, di una roccaforte rossa che non è mai stata realmente contendibile.
Michele de Pascale ha vinto in tutte le province ad eccezione di Piacenza. Con un divario particolarmente marcato nei grandi centri: a Bologna, città che è stata al centro delle polemiche per gli scontri delle settimane scorse, il centrosinistra ha più che doppiato il centrodestra, che negli ultimi giorni aveva invitato gli elettori a votare contro il sindaco Matteo Lepore. Ancora più netto il risultato di Modena, dove de Pascale ha vinto addirittura con il 66% contro il 31% di Ugolini. Ravenna, la città che de Pascale ha governato come sindaco negli ultimi otto anni lo ha premiato con il 58%.
Anche l’effetto alluvione auspicato dal centrodestra, con le critiche per la mancanza di pianificazione e di manutenzione dell’era Bonaccini non c'è stato: nelle due province più colpite nei mesi scorsi dal maltempo, come il bolognese e il ravennate, il centrosinistra vince senza problemi. In particolare a Bagnacavallo e a Faenza, nel Ravennate, colpite anche dall’alluvione del maggio 2023, così come a Pianoro, nel Bolognese ha raggiunto quota 60%. Ugolini ha invece vinto a Traversara, nel Comune di Bagnacavallo, uno dei luoghi simbolo dell’alluvione, perché colpita più volte.
Il centrodestra non va oltre il 40%, aumentando un pò il suo consenso nei centri più piccoli. E in una dinamica speculare a quella del centrosinistra, anche qui è Fratelli d’Italia che egemonizza la coalizione, con il 24%, lasciando al 5% i due alleati, Lega e Forza Italia.
Michele de Pascale è stato eletto da meno di un emiliano-romagnolo su due: l’affluenza alle urne, alla fine, è stata del 46,42%, ben al di sotto della soglia psicologica del 50%, in calo di 21 punti rispetto alle regionali del gennaio 2020, che ebbero però una campagna elettorale che mobilitò per mesi l’attenzione della politica nazionale. Non è il dato peggiore della storia delle regionali emiliano-romagnole (nel 2014 si toccò il 37%) ma è comunque un dato che darà da riflettere alle forze politiche.
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