Lutto
Quattro ingredienti in croce. Chiunque avrebbe alzato le mani di fronte al frigo pieno di tanta desolazione. Lui no. Accesi l'idea e i fornelli, con un'improvvisata ricetta ancora una volta Marco Lorenzini avrebbe deliziato gli amici. Fossero già stati i tempi di «Master Chef», avrebbe stravinto (se qualcuno appena più concreto di lui lo avesse iscritto). O forse no, perché con i rivali sarebbe subito entrato in sintonia, magari aiutandoli a battere sé stesso. Per un amico in più, questo e altro. L'empatia e la condivisione erano tutto per lui, che nel crescere e nel venire a patti con la realtà vedeva forse un tradimento della propria vera essenza e dell'epoca felice nella quale le famiglie sono ancora i porti sicuri dai quali inventarsi sortite e non le case della responsabilità, oltre che degli affetti. Da eterno ragazzo ha vissuto e così se n'è andato. Leggero, come le sedie che dipingeva, eteree e sospese: più adatte a volare che a sostenere pesi umani.
Giovedì alle 14,30 nella chiesa di San Benedetto saranno celebrati i funerali di Lorenzini, morto a 67 anni. O forse a 17, con uno strascico di 50 calendari di troppo. È stato soprattutto il cuore a risentire di questo peso: il cuore mai risparmiato. Genio e sregolatezza. «Simpaticissimo, fuori dagli schemi - ricorda Francesco Monaco, ex caporedattore della Gazzetta, suo amico dopo essere stato suo compagno di classe -. A noi venne spontaneo chiamarlo “Lòrenzo”, soprannome che lo avrebbe accompagnato per sempre». Memorabili, le sue irruzioni nelle aule, con gli slalom inventati davanti agli esterrefatti professori, su sci invisibili e con due scope per bastoncini. Troppo allegro, per non essere perdonato.
Sembrava uscito da un film di Pupi Avati, “Lòrenzo”, e nessuno dei compagni si sarebbe stupito, se avesse proposto una bocciatura generale alla maturità, per stare un altro anno ancora insieme. E forse proprio per non tagliare l'ultimo traguardo prima della vita adulta non aveva mai sostenuto l'esame di Statistica, pur avendo preparato la tesi (anche apprezzata dal docente): niente laurea in Agraria. Mago ai fornelli, impacciato albatros baudelairiano nella gestione di un'attività. Un ristorante, l'avrebbe anche aperto, in via Garibaldi, ma la parte burocratica e organizzativa era troppo per lui. L'esperienza durò poco.
E allora si era concentrato sulla pittura (fin da bambino, con il disegno di un tramonto tanto bello da essere incorniciato, s'era mostrato portato), esponendo anche in una collettiva a Parigi, nel 2011. Per dipingere, spesso si isolava a Loiano, nel Bolognese, nella casa di famiglia in mezzo al bosco, con il crepitio della stufa a fargli compagnia. Da quelle colline proveniva, fedele per sempre ai colori rossoblù. A Parma era arrivato a quattro anni, dopo che il padre Pietro, medico (al quale era stata affidata la cattedra di Terapia fisica all'Università) era diventato direttore sanitario delle Terme di Salso. Poi, il padre avrebbe aperto il centro Mfr, di Medicina fisica e riabilitativa a Parma, dove ora lavorano Giovanna, sorella di Marco, e il nipote Pietro, figlio del compianto fratello Paolo (tra i fondatori della Combi Salso) e a sua volta calciatore di classe nei campionati dilettanteschi.
«Anche Marco aveva un bel piede - ricorda Giulio Belletti, gallerista, compagno a scuola e amico di “Lòrenzo” per il resto della vita -. Da numero 10, ma che gioca da fermo». Anche in questo, fuori dal tempo o almeno dal calcio attuale. «Ma soprattutto - aggiunge Belletti - era un vero appassionato d'arte. Suonava la chitarra, lo ha fatto anche alle ultime cene di classe, e dipingeva su qualsiasi base gli passasse per le mani: un cartone, un bordo di giornale, tutto accendeva la sua fantasia». Come per i fanciulli. «Un entusiasta, che con la pittura trasmetteva spontaneità. Si è fatto ben volere da tutti».
Prova ne sono i messaggi di cordoglio ricevuti dalle sorelle. «Ho perso il conto - dice Sandra -. Anche alla Casa della salute sono rimasti tutti malissimo, nel sentirmi dire che le medicine per lui non sarebbero più servite». Altri anni non si aggiungeranno ai 67 di un eterno ragazzo dai capelli bianchi. Troppo pochi, anche se a lui a volte devono essere parsi troppi.
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