Mappa dei senzatetto
In via Martiri delle Foibe, il giorno dopo, non è rimasto quasi nulla.
Sotto i cespugli in cui Miloud Mouloud, il 64enne trovato senza vita nella tarda mattinata di sabato, ha trascorso le sue ultime ore qualcuno ha portato via vestiti e suppellettili e ha rimosso i quattro stracci con cui il marocchino aveva cercato di difendersi dal gelo. Restano ancora però, sparse in giro, bottiglie vuote e avanzi di cibo e, soprattutto, chiazze di terra dove altri disperati, prima di Miloud, si erano inventati le proprie tane, simili alle troppe altre che si trovano in giro per la città.
Se la morte del 64enne ha infatti provocato una comprensibile ondata di emozione resta il fatto che questa è una storia già troppe volte raccontata. Poi ogni volta dimenticata. E che di baracche di stracci e disperazione se ne trovano ovunque.
Le più numerose, ben visibili e quasi sfacciate, sono quelle che affollano il ponte Nord: lungo tutta la campata tende e ammassi di rottami sono la casa, si fa per dire, dei tanti che vanno e vengono ad ogni ora: basta avvicinarsi per incespicare nel tanfo che prende alla gola mentre il cartone di un panettone abbandonato ricorda che il Natale è appena passato per tutti. Anche se, visto da qui, sembra molto difficile crederlo.
Poco lontano, alle spalle del monolito di vetro e acciaio dell'Efsa su viale Piacenza, si ritrova la vecchia piscina Caduti di Brema. Lo scorso mese di settembre è stata sgomberata e gli stranieri che la occupavano, si è detto, allontanati. Non per molto, è evidente: la porta di ingresso è stata sigillata ma ora si entra da una finestra sfondata: due gradini di fortuna diventano scala e anche se la zona della vasca è stata ripulita la parte anteriore, quella degli spogliatoi, è sempre affollata. Colpisce su una grata una scritta in tre lingue: «Vietato l'ingresso, disinfestazione in corso». Per tenere lontano chi non ha nulla per vivere, e da perdere, è chiaro che non basta.
Delle stalle di Maria Luigia, su strada Cornocchio, parla anche il Ministero della Cultura nel suo sito: «Il complesso architettonico presenta più corpi edilizi con carattere architettonico di evidente interesse», sancisce forbito. Peccato che l'ultima volta in cui qualcuno se ne sia interessato è stato lo scorso 16 aprile quando qui è stato trovato un 40enne ghanese, morto con la testa spaccata. «L'edificio verrà messo in sicurezza a breve», si era detto allora. Invece, ieri mattina, la porta che si voleva sigillata era ancora aperta e, di fianco, si notavano le bici di chi è accampato li dentro e le loro scarpe: sembra incredibile ma anche chi sopravvive nel degrado lascia le scarpe fuori dalla porta.
Pochi metri più avanti, all'incrocio con via dei Mercati, c'è la carcassa di quello che fu un distributore di benzina. A lungo qui dentro si sono infrattati i tossici in cerca di un posto per sballare in pace e poi, dopo l'ennesima protesta dei residenti, lo spiazzo è stato bonificato. Almeno per un po'. Ora il casotto del distributore, al posto della porta, ha una colorata coperta di lana rimboccata per arginare il freddo e ci sono segni evidenti della presenza di inquilini. Colpisce ci sia anche un mocho lavapavimenti.
Anche intorno al ciclopico ecomostro che doveva essere un parcheggio multipiano, tra via Colorno e via Forlanini, di segni di vita se ne vedono tanti: il più evidente è il tubo della stufa che spunta da una porta al piano terra mentre mucchi di materassi luridi si ammassano negli spazi a fianco. Dice chi abita intorno che quando viene buio i fuochi accesi intorno e dentro la struttura sono visibili anche in distanza.
Così come visibili sono i senzatetto che, verso sera, occupano gli angoli di via Verdi, sotto gli archi della Pilotta o quelli che si sdraiano sui cartoni lungo le scale che portano al piano interrato della Ghiaia. «Spesso i turisti che vanno verso il ponte romano si fermano qui a fare delle foto», allargano le braccia i commercianti della piazza. Anche se probabilmente nulla eguaglia il vecchio scalo merci, a due passi dal centro e a pochi metri dalla Casa della salute per il bambino. Tutti i piccoli di Parma che si devono vaccinare passano di qui.
«E' una ferita aperta nel cuore della città», si ripete da tempo. E' vero: una ferita infetta, Che sanguina. Già arrivando si notano le siringhe buttate a terra mentre le recinzioni sono piegate ad altezza uomo, per permettere il passaggio di chi lo abita. Le porte dei vecchi edifici sono stati murate ma sfruttando quelle pareti sono nate nuove baracche. Chi lavora alla Casa della salute è esasperato, gli altri, che gravitano qui intorno, rassegnati. «Da tempo dicono che dovranno ripristinare tutto e che i lavori inizieranno a breve», è la conclusione poco convinta. Intanto si vede un'ombra che striscia tra le baracche. Ha una coperta addosso. Ma col freddo che fa di certo non può bastare.
Luca Pelagatti
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